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Nestlé per i giovani. E lo Stato?

Nestlé per i giovani. E lo Stato?
Nestlé per i giovani. E lo Stato?

Nestlé per i giovani. E lo Stato?

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Redazione
Il dato è di un paio di giorni fa e rappresenta un record non invidiabile: a fine ottobre, secondo l’Istat, la disoccupazione giovanile, fino a 24 anni, ha toccato il 41,2 per cento. /strong> Come dire che i giovani e giovanissimi che escono dalle scuole hanno meno di 6 possibilità su 10 di trovare un lavoro. Mentre il dato si avvicina paurosamente al 50%, non si può non osservare come il mondo del largo consumo abbia continuato a essere, in questi anni, uno dei migliori datori di lavoro, dalla distribuzione all’industria, nonostante le numerosissime chiusure di impianti e delocalizzazioni, da un lato, e la cancellazione di punti di vendita dall’altro.

Ci sono casi che fanno notizia e bisogna aggiungere purtroppo, perché è risaputo che il negativo desta più attenzione del positivo. Ma in questo caso una delle vecchie regole della divulgazione si è paurosamente ribaltata. Lidl che mette sul piatto 500 milioni di euro di investimenti nel Bel Paese per aprire un nuovo negozio ogni 2 settimane nei prossimi 5 anni impressiona, tanto che l’argomento è riproposto di continuo da mezzi di informazioni grandi e piccoli, compreso il nostro.

Come impressiona il caso che abbiamo scelto di esaminare questa settimana, ossia l’articolato progetto intereuropeo di Nestlé. Si tratta, sia per il discounter tedesco, sia per il gruppo elvetico, di due multinazionali. Perché, più in basso nella scala di fatturato, si soffre, quasi sicuramente, troppo per fare qualcosa.

Con il progetto “Nestlé needs YOUth”, presentato ad Atene, il gruppo alimentare si è impegnato a creare 20.000 nuove posizioni professionali per giovani di tutta Europa nei prossimi 3 anni. Diecimila sono opportunità di apprendistato e stage e 10.000 professionali, tutte per i giovani al di sotto dei 30 anni, provenienti da tutti i Paesi europei, entro il 2016.

“Oggi, in Europa, un giovane su 4 (quasi uno su due nella nostra Italia, ndr) è senza un impiego - conferma Laurent Freixe, executive vice-president di Nestlé e zone director per l’Europa -. Pensate a quale sarebbe l’impatto sulla nostra società se abbandonassimo questi giovani ai margini, lasciandoli senza una fonte di reddito, senza futuro, senza speranza.”

“Mentre continuiamo a crescere e a investire in Europa - ha aggiunto Freixe - intendiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per rafforzare e sviluppare le competenze di questi ragazzi, rendendoli più interessanti per le aziende, a prescindere dal loro livello di formazione. Il progetto - il primo nel suo genere sviluppato su così vasta scala - nasce dall’impegno assunto dalla società di continuare a investire in Europa anche durante la crisi economica”.

Tutti i Paesi contribuiranno al raggiungimento dell’obiettivo. A titolo di esempio, nei prossimi tre anni, Nestlé creerà nuove posizioni professionali per circa 3.000 giovani in Francia, 2.420 in Germania, 1.250 in Spagna e oltre 1.000 in Italia nel triennio 2014-2016 sia attraverso assunzioni dirette, sia con posizioni di stage e tirocinio.

“Nonostante il periodo di difficoltà che sta attraversando la Penisola, dove la ripresa dell’occupazione giovanile rappresenta una priorità urgentissima, anche noi vogliamo dare il nostro contributo al progetto europeo. L’impegno di Nestlé in Italia, a partire dal 2014, è di offrire ai giovani sotto i 30 anni oltre 1.000 opportunità in 3 anni, equamente divise fra apprenticeship (tirocini/stage) e contratti a tempo determinato e indeterminato – assicura Leo Wencel, capo mercato per il nostro Paese -. Crediamo sia dovere di una grande azienda assumersi impegni e sfide per contribuire alla soluzione di un problema che riguarda la società che la ospita e che non può essere demandato solo alle Istituzioni”, ha concluso Wencel.

“Il piano presentato - aggiunge Giacomo Piantoni, direttore risorse umane della multinazionale - ha quale scopo prioritario quello di rafforzare le competenze dei giovani per facilitare il loro ingresso nel mondo del lavoro. L'agenda infatti è molto articolata e ci vedrà impegnati in moltissime attività in tutte le fasi di quel percorso che parte dall’orientamento, alla employability, all’offerta di tirocini, stage e apprendistato, fino a un inserimento in azienda, compatibilmente con le opportunità che si creeranno nei nostri diversi business.”

In più, per avvicinare la scuola al mondo del lavoro, sarà previsto un programma di preparazione al lavoro (Readiness for Work), che includerà orientamento professionale, workshop dedicati alla stesura del CV e preparazione al colloquio di lavoro presso scuole, istituti di formazione e strutture Nestlé.

La multinazionale elvetica incoraggerà anche i suoi 63.000 fornitori europei a prendere parte al piano, offrendo ulteriori opportunità di lavoro, tirocinio e stage, in seno alla più allargata Alliance for Youth.

“Nestlé ha successo a livello globale anche grazie al successo che ottiene in Europa - ha concluso Freixe -. Questo progetto punta a valorizzare il dinamismo di questi giovani, così che possano guardare con fiducia a un futuro migliore".  Un fatto etico, ma anche molto pratico, visto che il giovane di oggi è, se non altro, anche il decisore di acquisto di domani.

Sono senza dubbio iniziative da applaudire, in quanto è giusto che chi può faccia qualcosa. Il dubbio che viene è che uno dei maggiori datori di lavoro, lo Stato, almeno in Italia sia anche il principale colpevole di una situazione che preoccupa e indigna. La punta dell'iceberg - ma giusto una puntina, una specie di parafulmine della rabbia - sono gli stipendi di certe categorie e non pensiamo solo ai vitalizi e alle prebende di parlamentari & C. ma anche dei dirigenti pubblici. Qualche settimana fa, su Blitz Quotidiano, ma anche su altre testate, si leggeva questo allarmante monito: “Un risultato clamoroso arriva da Palazzo Chigi: altro che politici, i superstipendi pubblici li incassano i funzionari, i dirigenti e non i tanto bistrattati eletti. I circa cento dirigenti di prima fascia guadagnano in media 188.000 euro l’anno. I parlamentari appena 135 mila. La politica, in fondo, non conviene poi così tanto”.

Ma questa è un’altra storia. Oppure no?
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