Con l'inflazione che, ad aprile 2022, corre al 6,2% su base annua, secondo gli ultimi dati Istat, quali saranno gli impatti sugli acquisti alimentari dei prossimi mesi e quali le rinunce e strategie che i nostri connazionali adotteranno?

Dalla recentissima indagine di Ismea -Impatto dell'inflazione sui consumi degli italiani - condotta su 3mila famiglie, con il supporto di Nielsen, emerge un dato confortante, almeno per la Gdo: solo il 2% è disponibile a intaccare il carrello della spesa.

Le strategie delle famiglie

Lo studio è partito dalle attese sull’erosione del potere di acquisto: emerge che oltre il 60% del campione ha un concetto realistico della congiuntura e ritiene che, nei prossimi tre mesi, l’inflazione crescerà molto (fra il 3 e il 10%). Il resto si divide tra i pessimisti - soprattutto giovanissimi, con limitate possibilità economiche e residenti nel Meridione - che ritengono che, entro l’estate, i prezzi potrebbero salire di più di 10 punti e gli ottimisti che, forse sperando in una rapida risoluzione nel conflitto russo-ucraino, si attendono un contenimento, del +3 per cento circa.

Sul tema delle rinunce un italiano su cinque si dice pronto a sacrificare i viaggi, il 16% a tagliare il proprio budget per vestiti e accessori e il 12% a ridurre le spese per l’intrattenimento e il fuori casa.

A porre i ristoranti in cima alla lista sono soprattutto persone tra i 55 e i 64 anni (24%) e le coppie con bambini piccoli (30%), mentre i giovani si dicono disposti a rinunciare più che altro a scarpe, vestiti (24%) e viaggi (21%).

In generale, per quasi la totalità dei soggetti emerge però l’intenzione di mettere in salvo la spesa alimentare domestica.

Le strategie adottate per fronteggiare il caro vita e proteggere il potere di acquisto variano ma, in alcune categorie, la marca conserva il proprio appeal: parliamo soprattutto di pasta (29%), surgelati (27), passate (24) e latte (20).

Diversamente in altri panieri - carne, frutta, verdura, uova, olio Evo – il primo driver di scelta è l’origine delle materie prime per una percentuale di consumatori compresa fra il 66 e il 58 per cento.

“Anche la garanzia di sostenibilità dei prodotti – scrive Ismea - sta diventando sempre di più un elemento guida, soprattutto nel caso delle uova (14%), del pane fresco (10) e della carne bianca e rossa (entrambe al 9 per cento)”.

Se si parla di qualità organolettiche in pole position si piazza, ancora, il pane con il 44%, seguito dal vino con il 37%, dai formaggi, con il 37%, e dalla frutta di stagione con il 31 per cento.

Gusto e il sapore, in proporzione, contano meno nei segmenti dell’olio Evo (20%), della carne bianca (18%) e delle uova (12%).

Ipermercati alla riscossa

Quanto alle scelte del punto vendita quello che emerge – si legge - è un’ulteriore mobilità tra format e insegne, alla ricerca di promozioni e prezzi più convenienti accanto al (sorprendente) rilancio dell’ipermercato, che, secondo l’indagine, potrebbe aumentare la propria quota dopo la crisi del 2020 e l’accenno di ripresa del 2021. “Sette famiglie su 10 – scrive Ismea - identificano l’iper come il formato in cui è possibile trovare la migliore combinazione tra assortimento e offerte speciali”.

Il 58% prevede di cambiare punto vendita, o insegna, alla ricerca di maggiori sconti, il 57% di indirizzarsi verso il discount e il 35% verso i mercati rionali.

La ricerca della convenienza coinvolgerà anche il web, con il 13% delle famiglie che dichiara di volersi affidare anche all’ e-commerce per fare la spesa.

Per quanto riguarda la strategia di acquisto, archiviata la fase quasi compulsiva che ha caratterizzato il lockdown, le parole chiave sono oggi razionalizzazione, pianificazione degli acquisti, utilizzo delle promo e downgrading dei marchi.

Aumenta l’attitudine verso una spesa attenta e oculata, con 7 famiglie su 10 che eviteranno gli sprechi di cibo e quasi la metà del campione che ridurrà gli acquisti superflui, prestando maggiore attenzione al rapporto qualità/prezzo e al rapporto prezzo/peso.

L’acquisto, specie se poco frequente, si programmerà sempre di più con la lista, onde evitare esborsi inutili (38% degli intervistati) e si farà a meno dei prodotti premium (27%), mentre l’acquisto delle marche avverrà solo se in promozione (22%). Invece la clientela si orienterà sui marchi dei distributori (14%) e il 9% degli intervistati ridurrà le quantità a favore della qualità.

Sono le famiglie di 3 componenti e con responsabili di acquisto sotto i 54 anni quelle che dichiarano di voler adottare più spesso strategie diversificate di risparmio. Questa propensione, in ogni caso, non intaccherà, ancora una volta, l’attenzione degli italiani verso la qualità di ciò che si porta in tavola: il 70% non rinuncerebbe mai al prodotto 100% nazionale, mentre quasi uno su due non farebbe a meno di Dop /Igp, o di alimenti sostenibili e biologici.