Finora la globalizzazione ha avuto tre stadi. Negli anni 80 la filosofia del business globale era molto semplice: per vendere i propri prodotti in tutto il mondo era sufficiente presentarli ai consumatori di tutto il mondo. Negli anni 90, sull’onda del “Pensa globalmente, agisci localmente”, la strategia si è modificata e c’è stato lo sforzo di adattare i prodotti ai mercati locali. Nel ventunesimo secolo si sono aperte le porte al dialogo: il consumatore viene visto come singolo individuo e la forte concorrenza locale è sì qualcosa con cui competere, ma anche con cui collaborare.

I consumatori globali oggi sono caratterizzati dalla mobilità. Mobilità sociale (voglia di fare carriera e innalzarsi di livello), fisica (viaggi e trasferimenti lontano da casa), culturale (apertura verso i cambiamenti) e virtuale (uso della tecnologia). Quest’ultimo aspetto è sicuramente tra i più rilevanti oggi. Da un sondaggio Roper Reports Worldwide 2006 emerge che il 63% delle persone portano con sé il cellulare quando si muovono da casa. Ancora più rilevante il fatto che il telefonino si trovi al terzo posto, subito dopo il portafoglio e il documento di identità e prima della carta di credito.

Il 71% dei consumatori globali fa uso del cellulare, una percentuale doppia rispetto al 2000. Il 7%, inoltre, accede a internet attraverso i cellulari o la connessione wireless.

E’ davvero così importante essere sempre raggiungibili? Il 66% dei consumatori risponde sì. La percentuale varia di paese in paese, con un’incidenza sensibilmente maggiore nei paesi in via di sviluppo rispetto a quelli sviluppati.

Secondo la Cellular Telecommunications & Internet Association (CTIA) e la Mobile Marketing Association (MMA) nel mondo oggi vengono usati 1,9 miliardi di cellulari, una cifra superiore alla somma di apparecchi televisivi e personal computer.

Paradossalmente, alla crescita di apparecchi tecnologici pro capite corrisponde un calo nell’entusiasmo verso questi oggetti. Diventa sempre più difficile per le aziende catturare l’attenzione dei consumatori.

Questo perché i consumatori sono sempre più complessi: attribuiscono valore sia alla tradizione che al divertimento, sia allo status sociale che all’uguaglianza, sia alla tradizionale divisione dei ruoli che all’individualità.

Il marketing attuale non deve solo tenere conto di tali paradossi, ma li deve sottolineare, per valorizzare l’individualità e la facoltà di scelta del consumatore. Il sondaggio Roper Reports Worldwide 2006 evidenzia infatti come per il 47% dei consumatori il controllo sulla propria vita sia fondamentale per la qualità della vita stessa.

Il consumatore vuole decidere per sé e non si fida più della pubblicità tradizionale. Rilevante il dato secondo cui il 70% dei consumatori nomini come fonte fidata di consigli per i propri acquisti proprio le persone. Solo il 59% nomina la pubblicità. Interessante anche notare come il primo gruppo si concentri nell’emisfero settentrionale (con l’aggiunta dell’Oceania), mentre chi predilige la pubblicità appartiene alle zone centro-meridionali del globo (con l’eccezione dell’Italia).

Sempre più campagne pubblicitarie si stanno adattando alla voglia del consumatore di scegliere per sé e portano avanti il messaggio: “Usa i nostri prodotti. Quando vuoi tu”. Sempre più aziende e industrie si adoperano per adattare i propri prodotti ai bisogni individuali dei singoli consumatori. Due esempi: combinando le varie scelte, Starbucks è in grado di offrire migliaia di tipologie diverse di bevanda calda; la Nike (con Nike ID-Individually Designed) permette – attraverso il sito internet – di partire da un particolare modello di scarpa e personalizzarlo a proprio piacimento.

Il risultato di questa attenzione da parte delle aziende è un rinnovato interesse dei consumatori verso le marche globali, che vengono più acquistate, più consigliate e più gradite oggi rispetto al 2004.

Tra le 15 marche globali leader, 8 sono americane. Le marche non americane sono soprattutto marche tecnologiche, con la sola eccezione di Nestlè.