Gli shopper in plastica non smettono di fare parlare di sé e, a un anno dalla norma che ne bloccava l’utilizzo, sembrano tornati legali. Il fatto è che la nuova versione del Decreto Milleproroghe non ne fa menzione e dunque sembra implicitamente autorizzare un ritorno al passato.

Ma il Ministero dell’Ambiente chiarisce che la lacuna normativa non implica affatto la rimessa in commercio dei vecchi sacchetti, indistruttibili e inquinanti.

Rimane il fatto che il non avere chiarito, come avrebbe dovuto essere fatto, il concetto e i parametri di biodegradabilità è una cosa abbastanza grave, che lascia questo controverso capitolo ancora incompiuto anche nei confronti del corpus giuridico comunitario.

A condire il tutto con note polemiche si è inserita la diatriba tra Fareambiente e Legambiente. Secondo la prima associazione gli shopper ecologici sarebbero quasi un raggiro: sottraendo all’alimentazione umana e animale enormi quantitativi di mais, usato come materia prima, finirebbero per arrecare più danni che vantaggi. E del resto, sottolinea Vincenzo Pepe, presidente di Fareambiente “la verità è che non sono solo i sacchi a base di mais a essere biodegradabili; esistono anche appositi additivi certificati che aggiunti alla normale lavorazione degli shopper classici danno gli stessi risultati”.

Ma Pepe si spinge anche oltre, quando accusa Legambiente di un atteggiamento tutto sommato da parata. Legambiente, è ovvio, risponde per le rime, ribadendo che l’Italia è stata il primo Paese a varare una norma tanto coraggiosa, norma che una “manina” ha però fatto sparire dal Milleproroghe. Del resto sostenere che per fare sacchetti si depauperi l’umanità di una preziosa risorsa alimentare è un assurdo, in quanto si possono impiegare benissimo grandi quantitativi di scarti vegetali, inutili all’uomo e agli animali.