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L'estate fredda gela anche i saldi

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L'estate fredda gela anche i saldi

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Redazione
Confesercenti e Swg tirano un bilancio delle prime due settimane di saldi estivi, iniziati sabato 4 luglio. Intanto l’avvio dell’estate, insolitamente freddo, condiziona l’affluenza e determina un andamento più lento rispetto alle edizioni precedenti: il 67% degli italiani ha detto di voler partecipare alle vendite di fine stagione di quest’anno, ma solo il 29% lo ha già fatto nelle prime due settimane, mentre il 38% ha detto di voler sfruttare l’occasione nei prossimi giorni. E i commercianti sperano in una ripresa, aiutati dallo ristabilirsi delle condizioni meteo.

Il 52% di chi ha acquistato ha dichiarato di aver speso come o di più dello scorso anno, mentre il restante 48% ha ridotto la spesa. In particolare, la maggior parte dei consumatori sembra essersi orientata su acquisti di fascia ‘media’: il 67% ha evidenziato di aver investito in accessori tra i 50 e i 200 euro, per una spesa media di 105,5 euro. Ma appaiono in crescita gli acquisti low-cost: quasi 1 italiano su 4, per ora, ha infatti investito circa 50 euro nei saldi. La maggioranza dei consumatori ha fatto la maggior parte degli acquisti nei weekend: il 34% nel primo fine settimana, il 36% nel secondo, mentre solo il 30% negli altri giorni.

“Dall’indagine – spiega Roberto Manzoni, presidente di Fismo Confesercenti – emerge che i negozi hanno ancora un’ampia gamma di offerta. La speranza è che, con l’arrivo del caldo si possa finalmente iniziare a recuperare. I commercianti si stanno attrezzando: uno su quattro offrirà sconti del 50%, e alcuni imprenditori stanno pensando a sconti speciali per stimolare gli acquisti infrasettimanali e riportare i clienti nei centri urbani.

“Ma il 56% degli operatori – conclude Manzoni - attende dalla politica un intervento per il rilancio dei consumi. E’ infatti prioritario spezzare l’attuale circolo vizioso: i clienti non hanno risorse, e aumentano gli operatori del commercio in sofferenza, soprattutto tra i negozi dei centri urbani. Il risultato è il rischio concreto di vedere accelerare l’emorragia di negozi moda, con la conseguente perdita del saper fare italiano che da sempre contraddistingue il nostro fashion”.
       
       

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