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Il vino guida l'export agroalimentare europeo

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Redazione

L’export di vino europeo, che nel 2018 ha superato i 12,2 miliardi di euro, rappresenta il 9% (insieme al sidro e all’aceto) in valore di tutto l’export agroalimentare del nostro continente.

Oltre a essere il primo settore per contributo alle vendite oltre confine del comparto, presenta una bilancia commerciale in attivo di quasi 9 miliardi di euro, con un incremento continuo e importante negli ultimi 10 anni (+275% rispetto al 2007).

È questo uno dei dati presentati da Luca Rigotti, presidente di Mezzacorona e nuovo coordinatore del settore vitivinicolo di Alleanza cooperative agroalimentari, al workshop ‘The future of viticolture’ organizzato a Bruxelles da Copa-Cogeca, la sigla che raggruppa le organizzazioni degli agricoltori e delle cooperative d’Europa.

“Oggi per chi produce vino - ha spiegato Rigotti - i mercati esteri sono fondamentali. L’export non è più una scelta, ma una necessità: esportare è quanto mai indispensabile per la competitività delle imprese e diventa fondamentale anche come contributo all’economia in generale nei nostri Paesi. In questo senso le risorse comunitarie per la promozione nell’ambito della Ocm vino ci hanno aiutato molto e molto ancora potranno aiutarci, specie in un contesto geopolitico di forte instabilità”.

I dati del commercio mondiale elaborati dall’Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) evidenziano che, se nel 2000 il 27% di tutto il vino consumato nel mondo era importato, nel 2018 questa quota ha raggiunto il 44 per cento.

Gli scambi mondiali sono in crescita e le nazioni in cui si registrano incrementi di consumo sono per lo più i Paesi terzi. Si sta creando pertanto una “nuova geografia dei consumi”, ma per intercettare questa opportunità, ammonisce Rigotti “occorrono risorse umane e finanziarie importanti e non si può quindi prescindere dalla dimensione aziendale: in tal senso la cooperazione gioca un ruolo di primo piano perché è quel modello di impresa che consente a tanti piccoli e piccolissimi produttori di diventare, unendosi in un patto associativo forte, soggetti imprenditoriali significativi anche nelle dimensioni e di beneficiare al meglio delle economie di scala ottenute”.

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