Nonostante i molti problemi congiunturali, il Grana padano Dop si conferma, per dimensioni, il re delle denominazioni. E le vendite – considerando il mercato interno e l’export – si apprestano a concludere il 2022 con un segnale del +2,4 per cento, nonostante una crescita dei prezzi che, nei primi 9 mesi, si è attestata su una media di 30 punti.

Questo, ricordiamo, in presenza di prezzi del latte crudo in ebollizione: secondo le valutazioni dell'Osservatorio europeo del mercato del latte (Commissione Ue) il dato medio dei 27 Paesi era, in settembre, ancora in salita di 42 punti.

I trend di settore sono emersi, il 16 dicembre, in occasione dell’assemblea consortile, che ha attestato l’importanza del comparto, il quale prevede di chiudere l’anno con più di 5,2 milioni di forme lavorate e un export pari al 45% della produzione.

In sostanza le cifre chiave evidenziano una stabilità ancora orientata alla crescita, con i flussi destinati ai mercati esteri che guadagnano un punto rispetto al 44% dell’intero 2021, quando erano state prodotte, per essere matematici, 5.234.443 forme e quando il mercato faceva segnare, nel complesso un +2,8 per cento.

Le questioni ancora aperte sono parecchie, come ha sottolineato il presidente del Consorzio di tutela Grana padano Dop, Renato Zaghini, a partire dalla riforma delle indicazioni geografiche tipiche in corso nell’Unione Europea. «Le produzioni Dop hanno una rilevanza che va oltre il, pur importante, made in Italy . Ogni materia prima viene dal territorio di produzione e quindi è un tutt’uno con il prodotto, offrendo garanzie assolute che un bene più semplicemente prodotto in Italia non offre».

Connessa strettamente è la necessità di accentuare le azioni e i provvedimenti contro chi usurpa ed evoca i prodotti delle Ig, anche favorendo accordi bilaterali tra l’Unione e altri Paesi, sul modello di quelli stretti con Canada, Cina e Giappone.

Ci sono questioni da risolvere anche a livello nazionale: «Nei nostri progetti non è lontano il giorno in cui esporteremo più Grana padano Dop di quanto ne sarà consumato in Italia – ha detto Zaghini –, una data tanto più vicina quanto più potremo essere competitivi. Non dipende infatti solo da noi, ma anche dalla semplificazione delle procedure burocratiche, che crediamo si possa ottenere se le nostre rappresentanze saranno, in modo adeguato, coinvolte negli orientamenti della pubblica amministrazione».

In proposito Zaghini ha citato l’obbligo di riportare sulle confezioni la dicitura “certificato da Organismo di Controllo autorizzato dal...”. «Il cambio di acronimo del Ministero - Mipaf, Mipaaf, Mipaaft, Masaf (Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) costa al sistema milioni di euro. Ed è scritto talmente in piccolo, visto l’obbligo in etichetta di riportare molte altre indicazioni, che, come risulta da nostre verifiche sul packaging, sfugge al consumatore».

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