Circolare sacchetti: Fida-Confcommercio non ci sta
Circolare sacchetti: Fida-Confcommercio non ci sta
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La nuova circolare del Ministero della Salute, emanata il 30 aprile, sulla possibilità di portare i sacchetti ortofrutta da casa, che in larga parte ricalca il parere del Consiglio di Stato del 29 marzo, ha fatto infuriare, per prima, Fida-Confcommercio, la federazione che raccoglie oltre 60.
00 dettaglianti alimentari italiani, compresa una larga parte della distribuzione organizzata.
Fida non ha alcuna intenzione di rimanere passiva, ha dichiarato la presidente, e vicepresidente di Confcommercio, Donatella Prampolini Manzini: “La soluzione prospettata è totalmente avulsa dalla realtà e non tiene minimamente conto delle dinamiche che avvengono all’interno di un esercizio commerciale”.
“Siccome chi ha scritto la circolare evidentemente non ha la minima idea di quello a cui ci riferiamo, vogliamo scriverlo in maniera semplice e chiara, con esempi concreti per rappresentare l’assurdità della proposta. Primo: i sacchetti biocompostabili utilizzati dagli esercizi commerciali sono ceduti ai consumatori sottocosto nella quasi totalità dei casi. Non si capisce quindi dove sarebbe la convenienza dei consumatori, visto che la circolare stessa impone le medesime caratteristiche ai sacchetti portati da casa.
“Secondo: la stragrande maggioranza dei negozi della media e grande distribuzione ha reparti ortofrutta self-service; pertanto non c’è un operatore che potrebbe farsi carico di verificare l’idoneità dei sacchetti.
“Terzo: anche nel caso in cui i sacchetti fossero idonei, bisognerebbe contraddistinguerli con un simbolo o un’etichetta; diversamente i cassieri, che mai sono le stesse persone che operano nel reparto ortofrutta, non saprebbero come fare a riconoscere i sacchetti portati da casa.
“Quarto: nelle bilance è stato preimpostato il costo del sacchetto, per cui occorrerebbe stornare manualmente in cassa ogni sacchetto, sempre che si sia risolto il problema di riconoscerli. Quinto: c’è il problema della tara, che è rinviato ad un altro Ministero (il Mise, ndr.), ma che non è risolvibile, perché, come detto prima, i reparti sono ormai quasi tutti a libero servizio, pertanto è improponibile dover mettere un addetto per assolvere a questo compito”.
“Riteniamo -conclude Manzini- di aver spiegato chiaramente i motivi per cui questa volta diciamo NO! Noi non accettiamo questa risoluzione. Siamo disponibili ad un confronto immediato per trovare assieme una soluzione, che sia percorribile e che metta fine a questa continua agonia dei sacchetti, che ogni volta in cui si placa, viene rinfocolata da soluzioni che hanno il solo effetto di creare confusione. Restiamo quindi in attesa di convocazione a brevissimo giro, ribadendo che daremo indicazione ai nostri iscritti di non dare seguito alla circolare”.
In effetti il documento del dicastero suscita molte perplessità specialmente quando recita: “Ciascun esercizio commerciale sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla verifica dell’idoneità e della conformità a legge dei predetti sacchetti utilizzati dal consumatore, siano essi messi a disposizione dell’esercizio commerciale stesso, siano essi introdotti nei locali autonomamente dal consumatore. A tal fine, si suggerisce di predisporre un vademecum informativo per i consumatori, anche a cura delle associazioni di categoria, al fine di garantire uniformità di comportamenti sull’intero territorio nazionale, da rendere visibile all’interno dell’esercizio commerciale con apposito avviso alla clientela”.
E, subito dopo, il Ministero rincara la dose: “In conformità all’avviso espresso dal Consiglio di Stato, si ribadisce, che il necessario e imprescindibile rispetto della normativa in tema di igiene e sicurezza alimentare comporta che l’esercizio commerciale, in quanto soggetto che deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, possa vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore qualora trattasi di sacchetti non conformi alle caratteristiche sopra riportate”.
Alla fine è la circolare stessa a porre dubbi sulla fattibilità: “Non si può sottacere la presenza di possibili criticità connesse alla diversità di peso dei “contenitori alternativi” alle buste in plastica acquistati dal consumatore, che impedirebbe un’esatta pesatura del prodotto alimentare. Infatti, le bilance in uso negli esercizi commerciali sono tarate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara del sacchetto messo a disposizione del cliente (4-6 gr. circa). L’uso dei “contenitori alternativi” acquistati al di fuori degli esercizi commerciali impedirebbe il calcolo corretto della tara. Su tali possibili criticità si reputa opportuno acquisire l’avviso del Ministero dello sviluppo economico, le cui valutazioni sono da considerarsi rilevanti ai fini dell’operatività dei chiarimenti forniti con la presente circolare”.
La saga continua…
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