Assobibe: perché il beverage potrebbe perdersi la ripartenza
Assobibe: perché il beverage potrebbe perdersi la ripartenza
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“Ci aspettiamo molto dai prossimi mesi, complici la stagione estiva e gli effetti della campagna vaccinale che porteranno a un ritorno, seppur graduale e cauto, alla normalità.
Sono ancora troppe, però, le variabili che pesano sul futuro, in uno scenario macroeconomico incerto e sul quale incombe il rischio di un calo della propensione alla spesa nel caso si andasse verso un aumento della fiscalità e della tassazione”: a dirlo è il presidente di Assobibe (bevande analcoliche), Giangiacomo Pierini che, durante l’assemblea dell’associazione, ha riassunto i problemi del settore, a cominciare dalle incognite della sugar tax e della plastic tax.
L’evento è stato anche l’occasione per un confronto con altri organismi di categoria coinvolti nel sistema del beverage, come Assobirra, Fipe, Mineracqua e Italgrob (grossisti).
“A oggi, grazie al fondamentale supporto della filiera e dei sindacati, siamo riusciti a scongiurare un pericolo che costerà alle imprese 320 milioni all’anno, secondo le stime del Ministero dell’economia e delle finanze – aggiunge Pierini –. Le aziende che costituiscono il comparto del beverage hanno bisogno di misure che espandano il mercato, non di nuove tasse, che le penalizzino. Chiediamo alla politica certezze, di metterci in condizione di poter immaginare e progettare un futuro. Vogliamo lavorare a strategie condivise per la ripartenza: se ci vengono tolte le risorse per poterlo fare ci viene tolto l’ossigeno”.
Tanto più che il 2020 non è stato certo facile. Secondo una ricerca commissionata da Assobibe a Nomisma i consumi sono complessivamente calati dell’8,4% (-8,4% le bevande analcoliche e -8,3% quelle alcoliche), con ripercussioni importanti su un settore che conta 3.300 aziende.
Numeri che si spiegano, in larga parte, con la contrazione del fuori casa, che nel 2020 ha fatto segnare un -35% rispetto all’anno precedente: il settore Horeca, come è noto, ha perso 34,4 mld di euro, e il saldo fra imprese nate e cessate è stato di -13.060.
A rendere il quadro ancora più complesso hanno contribuito la drastica riduzione dei flussi turistici in Italia - che l’anno passato sono diminuiti del 52%, soprattutto alla voce turismo straniero (-70%) - e il diffondersi di modalità di studio e lavoro da remoto.
Nel 2020 la crescita potenziale di italiani coinvolti in percorsi di studio e formazione a distanza ha riguardato 11 milioni di persone, mentre sono stati 7 milioni i lavoratori in smart working durante il lockdown, con ripercussioni evidenti su pubblici esercizi e ristoranti.
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