Sono 5 le richieste chiave che Adm, Associazione distribuzione moderna, presenta ai politici: concorrenza, legalità e certezza del diritto, rilancio dei consumi, politiche volte a favorire gli investimenti e la competitività, semplificazione del quadro normativo.

Un pacchetto di concetti che poggia sullo studio ‘Valore Esteso’ realizzato da Adm stessa, in collaborazione con EY, finalizzato proprio a dare una misura quantitativa del vero ruolo che la Dmo svolge all’interno del nostro quadro economico, prendendo in considerazione tre variabili fondamentali: la ricaduta occupazionale, il valore aggiunto generato e il contributo fiscale per lo Stato.

I numeri evidenziati nella ricerca sono rilevanti: il settore sostiene 2 milioni di lavoratori (9% dell’occupazione complessiva), genera 101 miliardi di euro di valore aggiunto (il 7% del totale nazionale), crea 30 miliardi di euro di contributi fiscali.

Ma i dati non si fermano qui: 60 milioni di persone acquistano ogni settimana nei punti vendita della distribuzione moderna organizzata, l’81% degli acquisti della Dmo è realizzato in Italia, il 91,5% dei fornitori di prodotti a marca del distributore nel settore del largo consumo confezionato è formato da imprese italiane e tra queste il 78% sono Pmi, il 91% degli occupati della Dmo ha un contratto a tempo indeterminato, il 72% del valore aggiunto è redistribuito in remunerazione del personale.

“La Dmo – fa presente l’associazione - si configura come un importante soggetto economico e sociale del sistema Italia, in grado di sostenere la ripresa e spingere la nazione verso un nuovo sviluppo: operando sempre all’interno di un regime di massima concorrenza (che ha garantito un risparmio alle famiglie di oltre 40 miliardi in 5 anni nel solo largo consumo confezionato), la distribuzione non delocalizza e la maggior parte della sua attività si realizza all’interno dei nostri confini, creando un forte indotto attraverso la sua azione quotidiana e i suoi investimenti. La sua capacità di incidere sulla società e sull’economia dell’Italia è quindi molto alta e superiore rispetto a quanto testimoniato dai numeri con i quali solitamente viene inquadrata, generando un elevato moltiplicatore positivo sul sistema Paese”.