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Osservatorio Innovazione Digitale: Pmi al bivio dell’innovazione

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Osservatorio Innovazione Digitale: Pmi al bivio dell’innovazione

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Redazione

Nonostante la coda lunga della pandemia e lo scoppio di nuove crisi internazionali, le Pmi italiane confermano di aver saputo reagire alle crisi esterne.

Solo il 14% ha dichiarato di non essere stato in grado di introdurre azioni per affrontare le difficoltà riscontrate in seguito all’aumento dei costi dell’energia, e solo il 10% non ha avuto strumenti per rispondere alle difficoltà di fornitura. Nel corso del 2022, il 26% delle Pmi italiane ha aumentato gli investimenti in digitale rispetto all’anno precedente ma rimane un forte divario culturale, con il 35% delle realtà che stenta a riconoscere alla digitalizzazione un ruolo centrale all’interno del settore economico di riferimento.

Questi alcuni dei dati presentati oggi dall'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del convegno “Le PMI verso la maturità digitale: la bussola è nell’ecosistema”.

Con il duplice scopo di quantificare il peso delle Pmi nelle filiere produttive e di indagare il ruolo del digitale nelle relazioni di filiera, l’osservatorio, nell’ambito di una collaborazione con InfoCamere, ha individuato e mappato quest’anno altre tre filiere particolarmente rilevanti per il made in Italy: AEC (Architecture, Engineering and Construction), meccanica e meccatronica, veicoli a motore su gomma e servizi connessi.

Le Pmi di meccanica e meccatronica, rappresentano più della metà (59%) dei ricavi di filiera, così come degli addetti (62%) attraverso 12mila Pmi attive (ovvero il 19% del totale). La filiera dei veicoli a motore su gomma e servizi connessi è composta da 5.500 Pmi attive (5% del totale) che rappresentano 29% degli addetti, generando il 36% di ricavi. Segue, infine, l’AEC, con oltre 26mila imprese attive (3% dell’intero settore) e il 33% sia di ricavi che di addetti impiegati.

Sul fronte della cultura, il 43% di Pmi dichiara oggi di essere “avanti nel processo di digitalizzazione” o di “puntare sempre di più sul digitale”, mentre il 35% stenta a riconoscere alla digitalizzazione un ruolo centrale all’interno del loro settore economico di riferimento, segno di una mancata consapevolezza delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Mancata consapevolezza che deriva anche da un ridotto investimento in cultura digitale: ancora troppe imprese (51%) non svolgono attività in azienda per sviluppare e potenziare le competenze digitali; ancora più allarmante che solo l’8% punti a integrare nell’organico figure con precise competenze digitali (Stem – Science, technology, engineering, mathematics e/o alta formazione). Il divario che si riscontra sul fronte della cultura digitale ha ripercussioni dirette sulla digitalizzazione dei processi: attività che spesso, seppur avviata, viene portata avanti con strumenti non avanzati.

Per quanto riguarda la digitalizzazione dei processi, la raccolta e l’analisi dei dati in fabbrica e nel magazzino, per quanto largamente diffuse, si appoggiano a strumenti poco evoluti.

A livello di integrazione dei processi e delle funzioni aziendali si osserva che il 40% delle imprese ha introdotto o punta a introdurre nel breve periodo un software Erp (Enterprise resource planning), anche se rimane ancora elevato il numero di imprese che non conoscono questa tecnologia o non sono interessate a introdurla.

A livello di processi direzionali, l’imprenditore e il vertice strategico sono i principali promotori della digitalizzazione. Le scelte di business però nel 25% delle Pmi non sono guidate da una valutazione di performance attraverso dati raccolti in azienda. L’uso dei dati per analizzare le prestazioni si focalizza maggiormente su una analisi interna – il 39% misura andamento aziendale – piuttosto che sull’analisi esterna.

Sul fronte delle tecnologie trasversali c’è attenzione verso la cybersecurity, pur emergendo chiaramente il divario tra imprese che adottano solo soluzioni di base (96%) o anche soluzioni avanzate (28%).

Rispetto alla collaborazione con attori esterni, una Pmi su 4 collabora con hub territoriali di innovazione, segno che, da una parte, tali strutture si dimostrano efficaci nel supportare la trasformazione digitale mentre, dall’altra, hanno ancora possibilità di espansione nell’efficacia e nella portata della loro attività.

Dall’analisi sulle iniziative realizzate nel nostro Paese a favore della digitalizzazione delle imprese emerge un’assenza di focalizzazione esclusiva verso le Pmi, soprattutto a livello nazionale. Solo 2 progetti su 10 sono esclusivamente indirizzati alle Pmi e di questi 2 iniziative su 3, sempre a livello nazionale, sono rivolte indiscriminatamente a tutte le imprese, senza considerarne il settore o la filiera come fattore discriminante. A livello regionale, invece, le misure dedicate in maniera mirata e/o a specifici settori o distretti risultano più frequenti.

Per quanto riguarda la ricerca di risorse finanziarie, in generale le Pmi italiane faticano a intercettare tempestivamente i bandi ai quali potrebbero aderire, e qualora siano in grado di accedervi, hanno difficoltà a impostare una programmazione di medio-lungo termine a causa dell’incognita sulla disponibilità di quello stesso incentivo anche in futuro. Quest’ultima criticità enfatizza un problema frequente nella trasformazione digitale delle piccole e medie imprese italiane: l’assenza di una strategia digitale, a favore di un approccio estemporaneo dettato dalle contingenze esterne e dalla disponibilità di fondi.


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