Ortofrutta in Gdo: alto-acquirenti trainano il mercato dello sfuso
Ortofrutta in Gdo: alto-acquirenti trainano il mercato dello sfuso
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Il 70,8% degli acquisti degli alto-acquirenti di frutta e verdura fresca è riconducibile a ortofrutta sfusa.
Infatti, i responsabili del recente e lieve calo del comparto ortofrutticolo non confezionato (-5,5% 2018 vs. 2017) sono i 12 milioni di basso-acquirenti, che acquistano meno prodotti vegetali indipendentemente dal fatto che si tratti di prodotti confezionati o sfusi. I basso-acquirenti, diversamente, solo nel 39,9% dei casi acquistano frutta non confezionata.
È quanto emerge dalla nuova ricerca Nielsen sul comparto ortofrutticolo, che indaga le motivazioni e i comportamenti d’acquisto dei consumatori nei confronti dei prodotti sfusi rispetto a quelli preconfezionati (ortofrutta a peso variabile vs. a peso imposto).
I numeri del comparto alimentare nel corso del 2018 sono stabili rispetto al 2017, facendo registrare una variazione del +0,4% anno su anno a Totale Italia (Iper+Super+Liberi Servizi+Discount). A fronte dell’andamento del settore fresco e nello specifico dell’ortofrutta, il cui giro d’affari equivale a più di 10 miliardi di euro (-0,7%, fonte: Nielsen Trade*MIS, totale negozio, 2018 vs. 2017), Nielsen ha indagato le abitudini di acquisto degli italiani, che oggi sono circa 24,2 milioni di famiglie, stabili rispetto all’anno scorso, in fatto di frutta e verdura, La spesa media annua per l’ortofrutta nella Gdo per nucleo famigliare si aggira intorno ai 315 euro, ripartita in circa 60 atti d’acquisto nei 365 giorni.
La preferibilità e l’abitudinarietà di uno o dell’altro acquisto sono tendenzialmente determinate dal riconoscimento di specifiche proprietà distintive, quali ad esempio la freschezza del prodotto sfuso, oppure l’igienicità e la comodità del prodotto confezionato. Emerge, inoltre, che chi sceglie il peso variabile (lo sfuso) lo fa per risparmiare e per avere un ridotto impatto ambientale, mentre chi sceglie il peso imposto cerca praticità e comodità (46% del campione). Per il 38% degli intervistati i prodotti confezionati sono igienicamente più sicuri.
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