di Emanuele Scarci

Lavazza sempre più francese e multichannel. Il gigante torinese del caffè ha presentato un’offerta per acquisire la totalità del capitale della società transalpina MaxiCoffee che conta un fatturato di 227 milioni di euro e 1.500 addetti. Questa, attraverso la piattaforma e-commerce e una rete di 60 pdv, offre una varietà di 8 mila prodotti con 350 marchi differenti di caffè e una gamma di macchine da caffè espresso e accessori.

Non è noto il valore dell’offerta presentato dalla società torinese. Il capitale di controllo di MaxiCoffee è detenuto dal fondo di private equity 21 Invest dei Benetton, poi dal fondatore Christophe Brancato e da altri azionisti di minoranza.

A seguito dell’acquisizione, Lavazza diventerà azionista di maggioranza e Brancato reinvestirà nel capitale di MaxiCoffee, ottenendo una quota di minoritaria e mantenendo la carica di presidente. L'operazione è soggetta all’approvazione dell’Antitrust, ma non dovrebbero esserci problemi di concentrazione: in Francia, Lavazza controlla il big Carte Noire, una torrefazione, e alcune società di distributori automatici. I volumi della Francia sono consistenti, tanto da essere il secondo mercato.

Crescere o morire

Per l’ad Antonio Baravalle, “l’acquisizione di MaxiCoffee consentirà di rafforzare la presenza nell’e-commerce accrescendo il presidio nel mercato consumer. L’operazione si inserisce perfettamente nella strategia di sviluppo internazionale. MaxiCoffee manterrà il suo profilo di piattaforma e-commerce multibrand e resterà indipendente. Lavazza favorirà la crescita grazie all’attivazione dei nostri piani di sviluppo internazionale”.

Da anni Lavazza persegue una strategia a tutto campo per raggiungere una taglia aziendale in grado di reggere il confronto con i big mondiali, come Jab Keurig, Nestlé, Starbucks e Coca-Cola (tra l’altro, detiene il 49% di Caffè Vergnano). La strategia di Torino è multiprodotto, multicanale e orientata anche verso il segmento professional. Si articolata su 3 livelli: rafforzarsi nell’offerta di vari segmenti di caffè, aumentare la presenza nel segmento professional, quelli dei distributori automatici, e crescere nel commercio digitale.

Passo di carica
Lavazza, presente in 140 mercati, con 9 stabilimenti, è una delle poche italiane del caffè a dare segnali di forte ripresa nel dopo covid. Nel 2021 ha realizzato un fatturato di 2,5 miliardi di euro (+11%), l’utile netto è stato di 105 milioni, +44%. Il dividendo erogato agli azionisti 42,7 milioni.
L’anno scorso nella galassia Lavazza, 17 società hanno realizzato utili e 11 hanno accusato perdite, per lo più legate agli effetti della pandemia nell’area professional (macchine distributrici negli ambienti di lavoro). Le galline dalle uova sono la francese Carte Noire (9,9 milioni di utili su 260 di ricavi), Lavazza Germania (7 milioni su 159), la canadese Kicking Horse (6,9 milioni) e l’italiana Nims (4,9 milioni su 37).

Anche sotto il profilo finanziario, Lavazza è una corazzata: allo scorso dicembre aveva un patrimonio netto di 2,4 miliardi, disponibilità liquide per 707 milioni che superano i 629 milioni di debiti verso banche. La Posizione finanziaria netta è positiva per 283 milioni. La forte generazione di cassa (200 milioni l’anno) ne fa un potenziale acquirente di asset.

Lo scorso 1° giugno la finanziaria della famiglia Lavazza, la FinLav, ha arrotondato dal 17,7% al 20,56% la quota acquisita due anni prima in Ivs Group, leader italiano e secondo in Europa nei distributori per bevande e snack. Secondo stime, la partecipazione ha richiesto non meno di 80 milioni.