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Unilever "taglia" le gelaterie Grom

Unilever "taglia" le gelaterie Grom
Unilever "taglia" le gelaterie Grom

Unilever "taglia" le gelaterie Grom

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Redazione

Che cosa sta succedendo ai gelati Grom dopo l'acquisizione del 2015 da parte del colosso olandese Unilever? E’ in itinere una riduzione delle gelaterie a Torino, Udine, Treviso, Modena , Mestre, Alessandria.

Nel primo trimestre di quest’anno – secondo quanto riferisce il Corriere della Sera Economia – è prevista un’ulteriore accelerazione nella riduzione di taglia del canale «retail» per privilegiare quello della «grande distribuzione». Un piano che porta con sé inevitabili ricadute occupazionali e sociali anche se la multinazionale assicura il ricollocamento (comunque difficile) degli addetti in esubero. Un progetto che testimonia come Grom sia ormai diventato un gelato dal connotato industriale e stia abbandonando l’impostazione artigianale iniziale.

Per capire il cambio di strategia deciso da Unilever — che si dice sia stato dovuto digerire loro malgrado dai due fondatori Federico Grom e Guido Martinetti che sono comunque ancora presenti nel board della società ma con incarichi sempre meno operativi — bisogna prendere le mosse dall’acquisizione di Unilever, nata dalla volontà di Grom di avere le risorse e le economie di scala per intercettare anche le strategie dei colossi distributivi cinesi. Ma la Cina è un mercato complesso da decifrare e questo non è ancora avvenuto, tenendo conto anche, ad esempio, che un rapporto della società di consulenza PricewaterhouseCoopers aveva segnalato come il terzo mercato al mondo era ormai la Russia, con oltre 4,3 miliardi di dollari di giro d’affari in un settore dominato dagli Stati Uniti in cui è proprio la grande distribuzione a intermediare quasi il 97% delle vendite, lasciando alle gelaterie una quota residuale. Si sta perciò materializzando uno scenario che si potrebbe definire ibrido. A Roma e a Milano sono stati aperti due angoli Grom in altrettanti supermercati Carrefour gourmet. Una gelateria vera e propria, con i coni e le coppette per il cliente al dettaglio, all’interno di store definiti l’alto di gamma del colosso francese. Quelli dove convivono i prodotti biologici e quelli a chilometro zero, chiedendo però un prezzo più alto. Ma i risultati non sembrano eccellenti nonostante il gelato sia sempre meno soggetto a stagionalità.

L’azienda – secondo quanto riportato dal Corriere - replica che «la nostra missione è portare nella vita di più persone, in tutto il mondo, il puro e autentico gelato italiano. Perseguirla ha richiesto, negli ultimi anni, un’evoluzione del modello di business e una visione proiettata sul medio e lungo periodo, che tenga conto di nuove opportunità, nuovi canali e nuove attitudini di acquisto. Tutto questo si traduce anche in un’analisi della rete di vendita e nella scelta di chiudere alcuni negozi, mantenendo tuttavia il ruolo del retail come hub dell’esperienza e DNA di Grom: anche il gelato confezionato nasce dal desiderio di “mettere la nostra gelateria in barattolo”. Per questo abbiamo ristrutturato altre gelaterie in Italia e stiamo valutando una nuova apertura sul territorio».

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