Nel 2010 secondo l’Istat il deficit commerciale con la Cina è salito a 20,23 miliardi di euro, in netto peggioramento rispetto all’anno precedente.
Le cause sono state l’impennata di petrolio e gas e il boom dell’import cinese nei settori tessile, abbigliamento, pelle e comparto elettronica – elettrico.

Attualmente sembra impossibile riuscire a competere: la Cina ha notevolmente migliorato la qualità dei prodotti, ridotto ulteriormente i tempi di consegna, e in più può avvalersi di sussidi pubblici sugli aumenti delle materie prime e far leva su uno yuan debolissimo.

Senza la zavorra  del comparto energetico che copre quasi 17 miliardi dell’incremento del deficit, e tenendo conto di un innalzamento delle materie prime non indifferente, la situazione del commercio italiano estero non è del tutto negativa: l’export nell’ultimo anno è arrivato al 16,7% mentre l’import ha raggiunto quota 30%.

In crescita il settore dei beni strumentali che ha registrato un surplus pari a + 33 miliardi in meccanica e macchine dovuto agli ingenti investimenti effettuati da una certa tipologia di aziende in R&S e  multilocalizzazione.