Oleificio Zucchi di Cremona compie quest’anno 210 anni: nasce, infatti, nel 1810 come attività artigianale a conduzione familiare, dedicata all’estrazione di olio di semi per uso alimentare. Il gruppo, guidato oggi dai fratelli Alessia e Giovanni Zucchi, spazia su tutti i segmenti del mercato - olive, semi, oli aromatizzati e aceto - per un fatturato 2020 superiore ai 200 milioni di euro. Rifornisce sia il mercato consumer, sia l’industria alimentare con prodotto sfuso (50% circa dei ricavi). Altri rami di attività importanti sono il foodservice e le Mdd. Alessia Zucchi, amministratore delegato, ci parla, innanzitutto, di questo anomalo 2020.

Cosa è accaduto nella vostra azienda?

La pandemia ha determinato crescite in tutto l’alimentare e questo è vero anche per il mondo degli oli che, ad agosto, registravano, nel retail, valori a doppia cifra sui derivati di semi e un +9,7% per i prodotti di oliva, con una spinta molto netta per l’extravergine. Bene sia per l’olio da consumare a crudo, sia da impiegare come ingrediente. Opposto, inutile dirlo, il trend del canale Horeca: sempre nei primi 8 mesi la flessione ha toccato un -36 per cento. Dopo il lockdown, però, il fuori casa ha recuperato con decisione, mentre ora, come sappiamo, si addensano nuove e pesanti nubi.

Quali azioni avete intrapreso?

Zucchi ha sostenuto i ristoratori dal punto di vista finanziario, per esempio con dilazioni di pagamento, un filo diretto che ha consolidato ulteriormente il legame con gli imprenditori. In azienda i piani di sicurezza, per i lavoratori e l’indotto, sono stati presi più che sul serio e sono partiti ancora prima delle norme. Questo ci ha consentito un’attività senza interruzioni, a beneficio, fra l’altro, dei clienti italiani ed esteri. Sul versante commerciale la Pubblica amministrazione ha svolto al meglio le pratiche utili, scongiurando ritardi che avrebbero ingenerato una carenza di prodotto verso le nostre controparti. A fine anno le nostre maggiori crescite saranno proprio sull’estero e, più in genale, nel mercato degli oli di oliva, che sono il nostro asset merceologico di punta.

Quanto è importante la Gdo?

Per noi la distribuzione organizzata è fondamentale per poter portare a un ampio bacino di consumatori i prodotti Zucchi, soprattutto nelle aree del centro-nord, dove siamo ben distribuiti. Per quanto concerne il mondo degli oli di oliva, i best seller Zucchi sono i prodotti di oliva 100% italiani, provenienti da filiera sostenibile tracciata e certificata. Gli extravergini sostenibili sono i prodotti all’interno della categoria che, più di tutti, hanno saputo cogliere quel bisogno di trasparenza e attenzione alla qualità espressi da una fetta sempre crescente di consumatori. In forte incremento anche gli oli di semi 100% italiani da filiera sostenibile: anche qui il successo è legato a italianità, sostenibilità e certificazione. All’interno della gamma dei semi si distinguono, in quanto a dinamismo, l’olio di girasole alto oleico e quello di vinacciolo, sempre più apprezzati e conosciuti per le loro proprietà salutistiche, nonché per la grande versatilità in cucina.

L’olio di semi è stato oggetto di una netta rivalutazione anche nel nostro Paese. Ci spiega i motivi?

Sono vari: dal prezzo interessante, alla crescente cultura nutrizionale, al gusto, più ‘neutro’, dunque adatto a soddisfare i molti che prediligono i sapori discreti. Anche in questo mercato il nostro lavoro è stato notevole, a partire, come detto, dal girasole alto oleico, ossia ricco di acido oleico, un grasso monoinsaturo che contribuisce a valorizzare le capacità di condimento e ad assicurare prestazioni ottimali nelle fritture. Anche nei semi Zucchi ha una gamma molto ampia che comprende anche il biologico e i prodotti speciali: lino, sesamo, avocado, zucca, vinacciolo.

Si insiste molto sull’abbinamento tra olio e cibo, come avviene nel mercato dei vini. Cosa ne pensa?

È un concetto vincente, e Oleificio Zucchi, come antesignano, è andato oltre, inserendo il concetto del blending, che vuole evidenziare la diversità dei sapori degli oli, una ricchezza che, fra l’altro, consente i migliori abbinamenti in tavola e scelte coerenti con i vari stili nutrizionali. Per questo abbiamo fondato, per primi, una nostra ‘Blending academy’, e Giovanni Zucchi ha scritto il libro ‘L’olio non cresce sugli alberi’. Il titolo, volutamente provocatorio, vuole sottolineare che l’olio è frutto del lavoro di chi coltiva gli ulivi, di chi frange le olive e di chi crea il carattere di un blend. I nostri oli sono sempre il risultato di una ricerca, che coinvolge i sensi e l’abilità di interpretare e accostare profumi e gusti differenti, in sapienti combinazioni, per arrivare a un nuovo prodotto, a un nuovo sapore, a un nuovo blend, appunto. Il tema è importante perché il blending premette di affiancare le logiche del monovarietale e preservare la promessa di gusto al consumatore, anche in presenza di annate olivicole con variazioni delle caratteristiche dei raccolti.

Come avete comunicato questo concetto?

Abbiamo avviato campagne nei nostri canali, dunque ristorazione, e Gdo, promuovendo, fra l’altro, i giusti abbinamenti fra olio e cibo. Tutto questo ci ha permesso di incoraggiare, presso il consumatore, una cultura di prodotto capace, fra l’altro, di rendere più comprensibili le etichette dell’olio e di incentivare la lettura dei QR Code, che contengono preziose informazioni sulla tracciabilità, ossia la provenienza delle materie prime, e molti indicatori di sostenibilità, non solo ambientale.

Parliamo di sostenibilità…

Già nel 2015 Zucchi ha sviluppato, con Legambiente, delle linee guida che, anche grazie alla certificazione ISO 22005, assicurano tracciabilità e controlli rigorosi lungo tutta la filiera dell’extra vergine. Nel 2017 il progetto ha portato alla prima certificazione di una filiera sostenibile, con disciplinare garantito da Csqa e basato su 150 parametri. La certificazione incorpora il tema della biodiversità, applicando il protocollo Biodiversity friend, di World Biodiversity Association. Sono stati considerati gli impatti ambientali delle attività olivicole sulla qualità degli ecosistemi e sulla biodiversità attraverso tre indici: lichenico(aria), acqua e suolo. Ci troviamo così a gestire una mole di dati molto considerevole: ma ne vale la pena e abbiamo la struttura giusta per mantenere tutto sotto controllo.

L’olio estero è spesso demonizzato. Lei cosa ne pensa?

La mia posizione è profondamente laica. È vero che il nostro Paese è quello più ricco, con circa 500 cultivar, ed esprime eccellenze straordinarie che comunichiamo non solo in Italia, ma non vanno dimenticate neppure le eccellenze degli altri Paesi produttori. Zucchi ha creato anche un olio comunitario, completamente tracciabile e sostenibile. Da un lato la produzione nazionale non è sufficiente a soddisfare la domanda, e, dall’altro, sarebbe miope scartare la a priori la ricchezza colturale mondiale. Bisogna, invece, valorizzarla e avere il coraggio di raccontarla, anche a scaffale.

Quanto è importante l’estero?

Molto, visto che la nostra divisione consumer realizza oltre confine il 36% del proprio fatturato, una cifra in crescita nel tempo. Questa quota è dovuta, per la metà, al mercato statunitense. Segue la Svezia, con la quale c’è un rapporto storico. Subito dopo sono per noi rilevanti la Germania, la Francia e il Giappone. Sempre all’estero, tramite le Mdd, serviamo il top della grande distribuzione. Il canale PL polarizza attualmente, comprendendo anche la nostra Italia, oltre due terzi dei nostri prodotti confezionati.

Concludiamo con il commercio elettronico. Il vostro sito ha già una sezione compra online. Altri progetti?

Ce ne sono e sono molto strutturati. Posso dirle che, entro la fine del 2021 tireremo le fila di quello che è un piano serio e articolato. Penso che lo sviluppo di questo canale richieda approfondimenti sulle modifiche di comportamento post-covid, nonché lo studio di un assortimento dedicato al mondo Internet. Per fare un buon lavoro, opportunamente meditato, abbiamo rallentato, per esempio, la creazione di eventuali negozi Zucchi sui grandi marketplace.