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Come natura crea Conserve Italia verifica

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Redazione

Conserve Italia, 14.

00 soci, rappresenta la prima industria conserviera nazionale e si colloca fra le aziende leader del settore in Europa, con un fatturato aggregato che, nel corso dell’ultimo esercizio, ha raggiunto 896 milioni di euro, di cui il 44% all’export.
Il gruppo cooperativo - marchi Yoga, Valfrutta, Cirio, Juver, Derby Blue e Jolly Colombani - trasforma ogni anno circa 600.000 tonnellate di materie prime, rappresentate da frutta, pomodoro e vegetali, ottenuti su 20.000 ettari di coltivazioni, che vengono trasformate in 11 stabilimenti, di cui 8 in Italia, 2 in Francia e uno in Spagna.
I prodotti finiti, pari a circa un milione di tonnellate, vengono commercializzati per il 50% nel nostro Paese e, per il restante 50%, in Europa e in altri Paesi. I principali canali, oltre alla Gdo (65% del giro d’affari), sono l’Horeca, il food-service e il vending.
Numeri e caratteristiche da multinazionale che fanno capire quanto siano importanti i processi di verifica sui prodotti, oggi sempre più decisivi, in tutto il mondo, per il retail e il consumatore. Ne abbiamo parlato con il Direttore assicurazione qualità, Enrico Barone.

Quali sono i vantaggi di essere una grande cooperativa?

Parecchi, visto che, grazie ai nostri soci possiamo garantire tutta la filiera, dal campo alla tavola. Tutti i prodotti che ci vengono conferiti partono già da criteri qualitativi definiti da accordi sociali e da controlli in campo, di tipo agronomico. Cinque o sei giorni prima della raccolta la frutta e la verdura vengono campionate in modo ufficiale. I campioni stessi vengono inviati al nostro laboratorio centrale e analizzati, mediante una serie di procedimenti che prendono tre giorni. La materia prima acquistata esternamente, come ananas, banane, altre varietà esotiche e carni, è trattata nello stesso modo e con il medesimo iter. Ancora più intenso è il processo di gestione dei lotti bio, controllati al 100% e dunque non semplicemente campionati.

Quale organismo si pone al vertice dei controlli?

È il laboratorio centrale di San Lazzaro di Savena (Bologna) che, anche se interno, è riconosciuto a livello ufficiale mediante certificazione Iso/Iec 17025 rilasciata da Accredia e dunque sottoposto a un audit annuale. Abbiamo anche la certificazione Qs, che copre i Paesi europei, quella per il biologico, quella per i prodotti per celiaci. A questo si aggiungono numerose altre certificazioni per le nazioni extra europee, come Brasile, Giappone ecc. Inoltre, rispettiamo le attestazioni richieste dalle varie catene distributive clienti, sia per il prodotto di marca, sia per le private label.

A quanto ammonta l’investimento?

Se parliamo solo del laboratorio centrale quello che incide è soprattutto la spesa per le attrezzature, che vengono costantemente rinnovate in base alle evoluzioni tecnologiche, con un esborso di circa 3 milioni di euro. Soldi ben spesi, visto che siamo in grado di controllare tutto il prodotto che entra negli stabilimenti, grazie a una squadra composta da 10 persone, laureati in biologia, chimica, scienze dell’alimentazione.

Ma in pratica cosa viene controllato?

Di tutto. Controlliamo i moltissimi pesticidi possibili, una griglia di circa 600 possibili principi attivi, le tossine, gli Ogm, il Dna della carne bovina e della frutta in acquisto, i patogeni, le sofisticazioni alimentari. Si aggiungono rilevazioni più semplici, come le analisi specifiche riguardanti zuccheri, acidi, muffe ecc. In un anno analizziamo più di 12.000 prodotti e la struttura funziona 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Anche se il personale lavora 8 ore al giorno, le apparecchiature eseguono verifiche automatiche, senza fermarsi mai. Ovviamente il laboratorio ha un proprio sistema interno di qualità e una responsabile. Poi ha il compito di sovraintendere e supervisionare tutti gli altri laboratori attivi negli stabilimenti di Conserve Italia, che a loro volta verificano la qualità della materia prima, i processi industriali, nonché la salubrità e la rispondenza ai capitolati di qualità.

E nei campi?

Nei campi lavorano una trentina di agronomi che controllano le analisi dei terreni e vigilano la semina, fino alla raccolta, tutta da lotta integrata, a parte il biologico, che va oltre, e dunque è sottoposto a verifiche ancora più capillari. Ci siamo imposti, per il non bio, di avere, eventuali residui di pesticidi non superiori del 30% ai limiti di legge. Poi i soci devono compilare il ‘quaderno di campagna’, con la puntuale indicazione di tutti i trattamenti adottati, in conformità ai nostri disciplinari tecnici, trattamenti che, comunque, vengono ulteriormente verificati con le analisi conclusive. In sostanza posso dire che nulla è lasciato al caso e, per filosofia, tutto è improntato a una sorta di diffidenza costruttiva.

Riscontrate problemi particolari e ricorrenti?

Per la filiera italiana i problemi sono tendenti allo zero, sia per i legumi, sia per la frutta, sia per la verdura. Eventuali discrepanze si possono invece avere sui prodotti in acquisto, che vengono, peraltro, tutti campionati e controllati scrupolosamente. In caso di risultati negativi, o poco chiari, tutta la partita è passata al vaglio del controllo qualità. Ma anche qui i problemi non sono molti e neppure gravi, visto che i fornitori vengono già selezionati e approvati a monte, con audit e scrupolosi questionari.

Come comunicate tutto questo?

È difficile trasferire una tale complessità al consumatore finale, mentre i grandi clienti, come i distributori, italiani ed esteri, sono invitati e incoraggiati a fare visite periodiche in azienda. Non voglio dire, con questo. che il pubblico sia escluso, ma, verso di esso sono più agevoli e intelligibili comunicazioni semplici, come la mancanza di Ogm, l’adozione della lotta integrata, e, per il bio, il rispetto delle certificazioni. Spiegare tutto il procedimento tecnico, sottostante al nostro sistema qualità, sarebbe davvero eccessivo e, a limite, anche noioso. Ma noi siamo sempre disponibili, attraverso numero verde, social, Twitter, Facebook e altri network, con una persona che si dedica a rispondere ai quesiti dei consumatori più curiosi e informati. I marchi prestigiosi, però, rispondono già bene alle esigenze di garanzia della maggior parte delle persone. L’azienda è grande e deve gestire quesiti che possono interessare ben 4.500 referenze, ma noi non ci tiriamo indietro e rimaniamo sempre a disposizione per comunicare, con trasparenza, quello che facciamo.

E per le private label?

Le Mdd devono rispondere, per ogni distributore, a un preciso capitolato, ma c’è sempre una fortissima garanzia di qualità da parte nostra, garanzia che, del resto, sta a cuore anche alle insegne che ci scelgono, in Italia e nel mondo. D’altronde tutte le catene, dal discount ai gruppi focalizzati sulle eccellenze alimentari, fanno i propri audit. Che poi il prezzo sia, per alcuni, determinante, non pregiudica l’iter e la capillarità dei controlli, visto che la sicurezza è importante, sempre e comunque.

Si dice che i nostri controlli pubblici siano fra i migliori del mondo…

Confermo. Come tutte le altre aziende siamo sottoposti ai controlli pubblici: Nas, Icqrf, Asl. Il sistema italiano, rispetto a quanto accade in altri Paesi, funziona molto bene e noi siamo sempre a disposizione. C’è un canale aperto con gli enti preposti e noi stessi ci rivolgiamo loro per chiarimenti, approfondimenti e altro.

Cambia qualcosa ai tempi del Coronavirus?

No, anzi. Intanto il Covid-19 non ha trasformato il vissuto del consumatore. Le grandi marche rimangono tali, come rimane alto il livello di attenzione verso i sistemi di garanzia qualitativa. Anzi, probabilmente, le marche consolidano ulteriormente il proprio prestigio, anche se la comunità scientifica ha praticamente appurato che il cibo non è veicolo di contagio. Noi siamo al lavoro, come tutta la filiera alimentare, e garantiamo forniture costanti alla distribuzione, per coprire le eventuali rotture di stock conseguenti ai noti fenomeni di scorta domestica. Non dico che sia facile, tutt’altro: ma la popolazione va rassicurata. Il cibo, specie se italiano, non verrà mai a mancare. L’industria alimentare tiene botta e rispetta i propri impegni.

nel-laboratorio-di-conserve-italia

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