Loacker, la bontà pensa in grande
Loacker, la bontà pensa in grande
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In quasi un secolo di vita l'azienda familiare, creata da Alfons Loacker a Bolzano nel 1925, si è evoluta in modo esponenziale, da piccola pasticceria regionale, a marchio conosciuto in tutto il mondo, con prodotti diffusi in più di 100 Paesi nei vari continenti.
Sul piano internazionale il gruppo dà lavoro a circa 1.100 persone, con un fatturato che, nel 2020, ha raggiunto 354 milioni di euro.
Regina dei wafer, con l’impressionate quota di mercato del 48,4%, in costante incremento, la società ha lanciato, da inizio febbraio, Loacker Gran Pasticceria Biscuits, la sua prima linea di biscotti, proposta in quattro varianti: Chip Choc, Snowflakes e specialmente Nut Selection, in due versioni, nocciole e mandorle. Abbiamo chiesto a Sven Rossi, Business Director Italy, di parlarci, innanzitutto, di questa diversificazione.
Come ha risposto il mercato?
È ancora presto, ma, per stare sul concreto, osservo che i test, relativi alla fine del 2019, erano molto positivi. La linea ci permetterà, evidentemente, anche di alzare la soglia di attenzione dei nostri consumatori.
La biscotteria gratificante è un mercato in grande movimento…
Verissimo, anche perché, nel dolciario, l’innovazione è fondamentale. Del resto, sappiamo tutti che l’offerta e, quindi, anche la domanda, sono state rivoluzionate dall’ingresso di due grandi operatori, i quali hanno spostato una parte delle quote, ribadendo il concetto che i dolci devono essere, innanzitutto, gustosi. Se si vuole, il 2020 non fa testo: gli italiani, costretti in casa e preoccupati, hanno voluto e forse anche dovuto, concedersi una serie di piccoli regali, un fatto che ha dato impulso ai biscotti fini e a molti altri dolci. Più complessa da leggere la tendenza di lungo periodo.
Però il mantra non è magri a tutti i costi?
Fino a un certo punto. Come addetto ai lavori ritengo che ci siano due anime, quella salutista, che ci spinge verso alimenti leggeri, dietetici, a zero zuccheri, e un'altra, che ci fa desiderare prodotti buoni e, se possibile, addirittura fantastici. Ma, a questi ultimi, il consumatore non può chiedere tutto e, persino, ‘l’assoluzione’ da un minimo di senso di colpa. Credo che però si possa cercare di mantenere in equilibrio le due componenti e questo è il nostro obiettivo, realizzato in base a un preciso sistema di valori: qualità, naturalità, cura nella scelta delle materie prime, assenza di Ogm, italianità, riduzione degli zuccheri, per quanto possibile, rispettando sempre la bontà e il valore organolettico. Il consumatore, in fondo, sa bene che alcune piccole concessioni al gusto si possono e, forse, si devono fare, ma quando si decide bisogna scegliere il meglio e noi, appunto, aspiriamo al meglio.
Diceva che il 2020 non fa testo. Ma cosa è successo in Loacker?
Anche se la domanda si è dimostrata molto vivace, le difficoltà sono state parecchie. Come azienda abbiamo una strategia omnicanale e, per questo, abbiamo accusato perdite nei canali fuori casa che, mediamente sono state del 25% con punte fino al 90%, come nel caso del duty free. Se questi sbocchi commerciali rappresentano, per noi, poco più del 15%, il canale moderno-Gdo ha permesso di sovracompensare le perdite e di chiudere l’anno con un fatturato in crescita del 4% sul mercato italiano.
Pasticceria Biscuits vorrà dire anche investimenti tecnologici. Cosa può raccontarci?
Loacker, come dicevamo, è, da sempre, sinonimo di wafer. I nuovi prodotti hanno comportato, quindi, un iter di sviluppo lungo e abbiamo dovuto investire, implementando tecnologie differenti, del tutto nuove. Si tratta infatti, specie per la linea Nut Selection, di un prodotto complesso, meringato, con nocciole rigorosamente 100% italiane, e ricoperto da un lato. Dall’altra parte sono anche biscotti a base di pasta frolla, vagamente ispirati agli american cookies. Ma anche se non posso sbilanciarmi sul nostro budget, posso dirle che ne è valsa decisamente la pena. Del resto, Loacker non ha certo paura di impegnarsi, come testimonia la nostra attenzione verso le materie prime.
Parliamo delle materie prime…
La strategia è del pieno controllo della filiera, ed è improntata a una forte integrazione verticale, dunque con contratti diretti con gli agricoltori e gli allevatori. Le materie prime sono molto rilevanti per chi, come noi, vuole mantenere al massimo gli standard qualitativi: dunque abbiamo bisogno di presidiare tutti i passaggi, dal campo alla tavola. Parliamo soprattutto di nocciole, latte, cacao e vaniglia. Le nocciole sono solo italiane, nonostante il principale produttore mondiale sia la Turchia e, da 10 anni abbiamo anche nostre coltivazioni, in Toscana, Veneto e altre Regioni italiane, oltre ai fornitori storici nella zona produttiva per antonomasia, ossia il distretto di Avellino.
E i contratti?
Per tutte le forniture in ingresso abbiamo disciplinari scrupolosi di agricoltura sostenibile, che riguardano gli aspetti ambientali e umani. Per la vaniglia ci riforniamo direttamente, presso gli agricoltori del Madagascar, con i quali sono stati creati programmi pluriennali di agricoltura sostenibile in funzione dei quali sono previsti anche formazione ed educazione ambientale, nonché il supporto e la manutenzione di strutture scolastiche. Lo stesso per il cacao, sia africano sia dell’Equador e che, nei prossimi mesi, sarà integrato al 100 per cento nella nostra filiera, dal seme al cioccolato. Diverso il caso del latte, materia prima rigorosamente alpina. Qui abbiamo siglato un’importante joint venture con Brimi di Bressanone, e costruito un impianto di produzione di latte in polvere. Qui si lavora materia prima ottenuta da allevatori principalmente altoatesini e dell’arco alpino tedesco e austriaco, che dispongono, mediamente, di una quindicina di mucche. La produzione eccede il nostro fabbisogno e dunque, in parte, viene venduta anche ad altre aziende.
Export: quali sono le vostre zone più calde?
L’export è caldo… nella sua totalità. Pensi solo che la sua quota sul nostro fatturato ha raggiunto, nel 2020, il 72 per cento, contro il 50% circa del 2010. L’Europa, Italia esclusa, vale il 12% circa delle nostre vendite oltre confine, mentre un altro 12% prende la via delle Americhe. Il Sud Est asiatico e l’Oceania hanno un peso del 26%, mentre il Medio Oriente e l’Asia centrale sono in testa, con il 44 per cento. L’Africa mediterranea, infine, costituisce il restante 6 per cento.
Concludiamo con l’e-commerce…
Shop.loacker.com, lanciato circa 18 mesi fa, va visto alla stregua di un monomarca o, per meglio dire, di un flagship store, con la funzione di offrire, ai clienti più assidui, tutto il nostro assortimento, con formati anche esclusivi, e di assicurare visibilità al marchio. Il fatturato è di tutto rispetto e in crescita, ma attualmente l’online svolge funzioni differenti, dando un ulteriore segnale della capacità innovativa dell’azienda e della sua volontà di sviluppare tutti i touchpoint. Interessante, infine, l’aspetto dei Loacker Café, che intendiamo sviluppare in modo selettivo, decidendo sempre con cura e prudenza le opportune collocazioni. I quattro negozi attuali si trovano a Heinfels, in Austria, all’interno del nostro stabilimento, poi a Bolzano, in centro e presso lo shopping center Twenty, mentre un altro è nel Designer Outlet Brennero, sempre sul confine con l’Austria.
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