Jysk, una lezione di format....e di location
Jysk, una lezione di format....e di location
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di Luca Salomone
Entrata nel nostro Paese nel 2009, la danese Jysk, specialista, in 48 nazioni, dell’arredamento, dei complementi di arredo e di tutto quanto serve per la casa, cresce a passi da gigante e tocca ormai, in Italia, i 74 punti vendita, capillarmente diffusi.
L’insegna ha un piano di sviluppo molto ambizioso, sostenuto da risultati altamente positivi. Ce ne parla Cesare Bailo, country manager Italia.
Il vostro target, per la Penisola, è di 300 punti vendita. Più in dettaglio?
Veramente non sono 300, ma almeno altri 300, per arrivare intorno ai 400. Sono tanti, ma se facciamo un paragone con altre nazioni, scopriamo, per esempio, che in Germania la rete è di oltre mille negozi. Visto che l’Italia è un mercato importante è molto logico nutrire ambizioni. Nell’ultimo anno sono state portate a compimento 10 inaugurazioni e, solo per questo mese di novembre, sono programmati gli opening di Afragola, nell’area metropolitana di Napoli, e di Terni, in Umbria. Se poi consideriamo il nostro prossimo anno fiscale, che inizia a settembre e si conclude in agosto, la stima, per l’estate 2023, è di altri 20 nuovi Pdv, più una decina di interventi fra ristrutturazioni e spostamenti in nuovi siti.
Questo ci dice che siete molto dinamici…
Certamente. Sempre in Italia abbiamo chiuso l’ultimo esercizio a 88 milioni di euro e dunque con una crescita del 35 per cento, una variazione che ripete quella dello scorso anno. Mantenere la doppia cifra non è semplice, ma noi ci riusciamo, anche perché il consumatore ha capito molto bene il nostro concept, basato su negozi relativamente piccoli per il settore, non oltre i 1.000 mq, ma sempre molto assortiti e con frequenti rinnovi dell’offerta. Anche a rete costante la variazione fa segnare la doppia cifra. Tuttavia, questo calcolo lascia, al momento, un po’ il tempo che trova, visto che due anni fa, da marzo a maggio, il Covid si è abbattuto su tutto il retail non alimentare e dunque, possiamo dire, che di costante c’è ben poco. Più interessante il confronto con il pre Covid, rispetto al quale siamo cresciuti in modo impressionante, raggiungendo, fra l’altro, uno staff di 600 persone, di cui cento neo assunti. Nel 2023, accennavo, verrà toccata la pietra miliare dei 100 negozi.
Ma durante il Covid gli italiani non hanno riscoperto la casa?
In linea di massima sì, ma la pandemia ha significato soprattutto negozi chiusi e centri commerciali funzionanti al minimo, ossia per le sole merceologie essenziali e spesso con l’esclusione dei fine settimana. È vero, comunque, che l’abitazione è diventata centrale e noi ne siamo la prova: quando ci sono stati periodi di riapertura i nostri punti vendita hanno raggiunto picchi inediti, che hanno però compensato, solo in parte, la flessione. Più che altro, a mantenere alta l’attenzione dei consumatori verso il marchio Jysk, sono stati gli investimenti sulla rete, intesi come sviluppo e miglioramento.
Problemi di rifornimento?
Se è vero che tutto il nostro settore si rifornisce, più o meno, negli stessi distretti produttivi è altrettanto vero che, durante il Covid, la nostra azienda ha retto meglio di altri, grazie a un livello di scorte piuttosto elevato nei nostri dieci centri distributivi nel mondo e grazie ad accordi molto ben rodati con i fornitori. Altro aspetto importante è che Jysk è un’azienda familiare, fondata dall’imprenditore Lars Larsen, molto sana da un punto di vista finanziario e con grandi mezzi da investire. Certamente l’inflazione attuale colpisce, ma essa incide con forza maggiore sulle grandi o grandissime superfici, che indubbiamente si trovano a pagare ‘bollette’ molto più salate.
In genere i negozi di mobili hanno le dimensioni degli ipermercati. Perché Jysk non ci crede?
L’euforia delle grandi dimensioni ha cominciato ad avere uno sboom all’inizio degli anni Duemila, con il progressivo emergere dell’online e con lo spostamento dei comportamenti di acquisto verso la prossimità. Le superfici di dimensioni molto rilevanti – e questo vale anche per l’alimentare - hanno bisogno, però, di mantenere flussi importanti, per conservare una redditività sostenibile. Il nostro formato è molto più resiliente e mantiene le sue performance anche in contesti provinciali, dove la concorrenza è fra l’altro minore. Non abbiamo bisogno delle metropoli, ma anzi ci troviamo benissimo in un’Italia che è sostanzialmente composta da città medie o piccole.
La multicanalità aiuta un format più ridotto?
Internet, certamente, dà il proprio contributo, ma ormai la questione non si pone più in questi termini. Oggi la multicanalità è ‘must to have’ per tutta la distribuzione, un’evoluzione imprescindibile. E anche per quelle merceologie che magari non si comprano abitualmente online, un sito adempie a un fondamentale compito informativo e di orientamento delle scelte verso coloro che, poi, acquistano in negozio. Senza Internet, in sostanza, anche l’immagine del punto vendita scade. E poi, naturalmente, deve comunque esistere la possibilità di acquistare da casa sia che si scelga la consegna a domicilio, sia che si opti per il clicca e ritira. È chiaro che i mobili avranno sempre una quota di online puro piuttosto bassa: chi compra un letto, un materasso, un tavolo, preferisce toccare con mano e provare il prodotto e questo a prescindere dalle nostre politiche di reso illimitato, adottate perché noi stessi capiamo che la scelta di un pezzo di arredamento è impegnativa e può comportare ripensamenti. Per i materassi della nostra linea Gold, per esempio, assicuriamo cento giorni di prova e comunque manteniamo, su tutto l’assortimento, il reso senza limiti di tempo, in quanto siamo tranquilli sulla qualità della nostra proposta.
Quali sono le vostre location preferite?
Siamo presenti in vari contesti, ma indubbiamente quello che ci dà maggiori soddisfazioni è il retail park. In realtà i centri commerciali non nascono per ospitare tipicamente i negozi di mobili, visto che la dinamica di acquisto non si sposa benissimo con quella dell’arredamento che vuol dire, spesso, grandi volumi, per i quali lo shopping center non è particolarmente organizzato. E infatti, ultimamente, quando il centro commerciale si dota anche di un retail park, preferiamo spostarci in questo. Inoltre, il centro commerciale ha sovente estensioni di orario che vanno incontro soprattutto alle esigenze dell’alimentare e della ristorazione: difficile pensare che qualcuno acquisti un letto o un divano alle 21 o alle 22 e queste fasce diventano per noi un costo quasi inutile. Detto ciò, noi abbiamo punti vendita di successo anche in questi contesti, specie quando in zona lo shopping center rappresenta il maggiore, o l’unico punto di riferimento. In certe situazioni ci collochiamo anche in piccoli retail park che sono, in fin dei conti, semplici aggregati, con 3 o 4 superfici medio grandi, le quali, da un lato, una volta sommate, sviluppano un effetto di sinergia assicurandoci però, dall’altro, la libertà tipica di un negozio stand alone.
Jysk vuol dire quasi 50 nazioni fra Europa, Asia e Nordamerica. Come si è mossa l’azienda globalmente e quale posto occupa l’Italia in un’ipotetica classifica?
A fine agosto il gruppo ha messo a segno una crescita dell’11 per cento sull’anno precedente, con un fatturato di circa 4,9 miliardi di euro, con 330 nuove aperture e una rete totale di 3.200 negozi. Anche negli altri Paesi il gruppo è sostenuto da piani di sviluppo importanti, che prevedono, in futuro, centinaia di nuovi punti vendita ogni anno. In questo contesto l’Italia ha un grande potenziale dovuto a due fattori: l’importanza del mercato, come detto, e la rete, ancora relativamente piccola. Insomma, la nostra Penisola si situa, al momento, a metà nella graduatoria, ma, proprio per questo, è pronta a scalare la classifica e Jysk è destinato a diventare un top player nel settore dei mobili e arredamento e ad entrare nel salotto delle prime cinque insegne. Voglio aggiungere che, nel nostro Paese, tutti i nostri negozi sono di proprietà, come in 27 altre nazioni, specie europee. In altri contesti, invece, operiamo in affiliazione, ma non portiamo mai avanti in parallelo le due formule.
Concludiamo con i vostri best seller…
I più importanti sono i prodotti di un certo valore, come divani, tavoli e sedie, tutti in legno e venduti a un prezzo accessibile. Ma poi ci sono molte curiosità. Basti pensare al Natale: nei Paesi scandinavi è una festa molto più importante che altrove e per questo ogni anno, dalle nostre casse, passano qualcosa come 150 mila elfi. Anche in Italia ne abbiamo ormai venduti diversi milioni e le feste di fine anno determinano sempre una stagionalità molto interessante. Vanno forte, in tutti i periodi dell’anno, i materassi, i piumini e tutti i prodotti legati al sonno, un ambito nel quale i popoli nordici fanno scuola. Ultimamente, infatti, sono molto richiesti i topper, sottili materassini imbottiti da collocare fra materasso e coprimaterasso, resi popolari in Italia dallo chef, personaggio televisivo ed esperto di riposo Bruno Barbieri, attraverso la sua trasmissione ‘4 Hotel’. In primavera-estate, giustamente, si muovono molto bene i mobili da giardino, anche questi parte della cultura scandinava.
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