«Più piccoli, ma più forti. Più coesi e con le idee più chiare». L’essenza della chiacchierata fatta con Giorgio Santambrogio, direttore generale di Interdis, sul presente del gruppo distributivo milanese, sta tutta qui. Già, sul presente di Interdis. Perché – come ammonisce lo stesso Santambrogio – «Noi non diciamo “faremo”, diciamo quello che abbiamo fatto quando è stato fatto». E di cose Interdis ne ha fatte negli ultimi due anni, da quando cioè ha dovuto rivedere in modo sostanziale la propria base operativa a seguito della fuoruscita di alcuni soci.

Come è cambiata Interdis in quest’ultimo periodo?
Abbiamo dato luogo a una profonda opera di razionalizzazione e di riassetto organizzativo, un complesso cambiamento epocale, peraltro non ancora completamente concluso. Dal punto di vista societario, è stato rivisto l’intero universo Interdis, in modo drastico e netto, così da attribuire chiare competenze e chiarezza di governance alle diverse società del Gruppo. Una governance che ha raggiunto la sua maturità e la sua efficacia concettuale e strategica con la presidenza di Nicola Mastromartino e che dà voce a tutti i nostri soci. Storicamente, il punto debole della distribuzione organizzata è stata proprio la sperequazione tra la rappresentatività dei diversi imprenditori associati. Interdis ha superato questo limite. Possiamo contare oggi su un Consiglio di Amministrazione costituito da tutte le imprese socie, per garantire la massima rappresentatività e la totale trasparenza informativa, affiancato da un Comitato Esecutivo deputato ad accelerare il processo decisionale e la fase di implementazione dei progetti.

Il rinnovamento del vostro gruppo ha riguardato solo gli aspetti organizzativi e di governance?
No. Ha toccato anche altri ambiti. A cominciare da quello relativo alla identificazione del posizionamento di Interdis, per individuarne con chiarezza i plus. Plus che hanno evidenziato la convenienza del nostro Gruppo rispetto alle altre catene. Interdis si contraddistingue infatti per il miglior rapporto tra costi di sede e progettualità realizzate a livello di centrale: una caratteristica resa possibile grazie a un intenso lavoro di efficientamento di filiera. Altro punto importante riguarda la messa a punto di un piano promozionale nazionale, che genera congrui benefici economici tanto ai partner dell’industria quanto ai soci, ai punti vendita e al consumatore finale. Un piano che, proprio per questo, rende molto coeso il Gruppo. Fatto 100 il numero di referenze in promozione, il livello di applicazione supera il 95 per cento, con la componente restante che costituisce la linea di franchigia fisiologica connaturata ai diversi orientamenti della domanda a livello regionale. Da questo punto di vista, ci consideriamo precursori di processo.

E sul piano della contrattualistica?
Con Aicube, la nuova realtà nata dalla collaborazione tra Interdis e Pam, abbiamo fatto un significativo passo avanti, raggiungendo anche in questo ambito posizioni di leadership. Ogni catena valuta le proprie condizioni di acquisto come le migliori. Ma se dovessimo fare la media ponderata delle varie categorie merceologiche, Interdis risulterebbe prima fra tutte. E questo grazie alla efficacia della collaborazione con Pam, forte nei freschi, mentre noi tradizionalmente lo siamo stati nel settore cura casa e persona.

A livello marketing, quali ritiene siano i riflessi più evidenti del rilancio del vostro gruppo?
In primo luogo la centralizzazione del piano di marketing, delle attività promozionali, delle offerte a marchio. Con economie in acquisto non solo di beni di largo consumo ma anche di spazi pubblicitari e materiali di comunicazione. In secondo luogo vi è una maggiore chiarezza concettuale nella gestione delle insegne. Non abbiamo magari le disponibilità economiche di altre catene, ma siamo leader sul piano della qualità e della innovatività delle iniziative: dei piccoli “McKinsey del retail”. “Il piacere di fare la spesa”, per esempio, è uno dei claim più efficaci nel mondo retail.

Nell’offerta a marchio quali sono state le novità introdotte dalla “nuova Interdis”?
Molte e significative. Vi è stato molto coraggio da parte dei soci nel rinunciare ai prodotti a marchio Sidis e Di Meglio, sfruttando appieno la brand equity generata da 15 anni di attività e sviluppo del nostro marchio Delizie. E’ stato solo grazie a questo coraggio e alla dedizione del management che siamo riusciti, in soli sei mesi, ha sviluppare oltre 300 referenze a marchio. L’obiettivo, entro la fine dell’anno prossimo, è di arrivare a 800 referenze in assortimento, che, secondo noi, rappresentano la numerica ideale nell’offerta private label per punti di vendita di attrazione che vanno da 200 a 1000 metri quadrati di superficie, range nel quale si collocano i format che noi presidiamo.

Insomma, una Interdis totalmente rinnovata e moderna…
Sì. Il nostro Gruppo oggi esprime la volontà di rappresentare imprese moderne e con una visione molto orientata al futuro, ma che non fanno l’errore di dimenticarsi della loro storia, della loro origine. Vegé è stata la prima unione volontaria creata in Italia, nel 1959, ed è l’acronimo di un’espressione olandese che significa “vendere insieme”, Ebbene, noi vogliamo tenere fede a questa mission, non intendiamo tradirne né il significato semantico né il modus operandi.


Stefania Lorusso