Quando in negozio c'è Google
Quando in negozio c'è Google
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È pressoché inutile dire chi è Google, il motore di ricerca per antonomasia, nato nel 1998, e diventato il sito web più visitato mondo, con una quota del 93% di tutte le ricerche, ricerche che si contano nell’ordine di molti miliardi al giorno.
È ovvio che, nell’era dei dati e della marketing intelligence, Big G sia anche un formidabile strumento di conoscenza e soluzioni per le aziende in generale e per il retail in particolare. E proprio di questo abbiamo parlato con Alberto Frasarin, country director Google customer solutions per l’Italia.
Come si svolge il vostro rapporto con le aziende?
Il rapporto al quale aspiriamo è di partnership e, del resto, Google nasce come azienda al servizio del consumatore, cliente e visitatore, secondo il primo motto dei nostri fondatori, ‘Focus on the user and the rest will follow’. Alle aziende retail consigliamo di partire proprio dal consumatore, per capire cosa egli cerchi veramente nell’evoluzione continua delle proprie esigenze. In questo Google è un prezioso alleato, per trovare insight in grado di orientare l’attività a tutti i livelli.
Ma non sono dati per un’élite?
Al contrario. Se le nostre soluzioni sono accessibili, ovviamente per le aziende più grandi, lo sono anche per le microimprese, come il semplice negozio, visto che noi forniamo tutta una serie di tool aperti e gratuiti. Questo permette di avere riscontri e trend basati su quello che le persone cercano su Google, o su YouTube. Faccio solo l’esempio di ‘Categorie retail in crescita’, uno strumento che consente di evidenziare, quotidianamente, quali sono le famiglie di prodotti maggiormente in movimento e che destano il più forte interesse nelle persone.
Per esempio?
Per esempio, una pasticceria che, durante il lockdown, si è trovata a fronteggiare, a negozio chiuso, una domanda molto elevata di torte gelato. Attraverso il profilo dell’attività su Google essa ha potuto creare una vetrina virtuale, con tutte le indicazioni necessarie sui prodotti disponibili. Altre soluzioni, più evolute, ma comunque di facile gestione, sono ‘Google grow my store’, che dà suggerimenti ai siti di e-commerce sui versanti di miglioramento e sugli aspetti che meritano più attenzione. E per chi vuole esportare il proprio e-commerce, dato il successo del made in Italy, esiste ‘Market finder’, che aiuta a trovare i giusti spazi di espansione. E non parlo, come detto, di grandi vendor, molto attrezzati, ma anche di Pmi.
E se il retailer ha bisogno del vostro aiuto?
Con l’evoluzione in atto nel mondo del commercio e con l’allargamento dell’attività, può manifestarsi, naturalmente, la necessità di ricorrere all’aiuto di esperti, ma si possono anche sviluppare competenze digitali proprie. Avere queste basi è diventato più che mai necessario, con il boom dell’informatica finalizzata agli acquisti. Dopo un’accelerazione in epoca Covid, il fenomeno digitale si sta ora stabilizzando su livelli ben più alti di quelli del passato, anche se non paragonabili ai momenti di maggiore intensità pandemica. È vero che le persone acquistano molto anche nel retail fisico, che resta il canale principale, ma è altrettanto vero che molti di più utilizzano Internet come mezzo di ricerca dei prodotti e di comparazione dei prezzi.
Soluzioni gratuite… Ma allora dov’è il vostro ritorno?
Noi siamo una realtà che consente alle persone di cercare e reperire tutte le informazioni utili e di regalarsi anche molti momenti di intrattenimento, cultura e informazione. Pensiamo alla Ricerca Google o a Youtube, che è anche il secondo motore di ricerca. Queste piattaforme sono supportate dagli investimenti di marketing e pubblicitari delle imprese. Gli investitori, beneficiando di quello che possiamo fornire dal punto di vista degli insight, dell’ingaggio con il consumatore finale e quindi poi dei risultati di business, utilizzano la nostra infrastruttura da una parte per fornire un valore rilevante ai propri clienti, per esempio quando effettuano una ricerca, e dall’altra per realizzare un business profittevole che parta sempre dal servizio al cliente.
Rimaniamo sui tool destinati alla distribuzione…
Le nostre soluzioni hanno il massimo del valore quando sono integrate e quindi tali da seguire tutto il percorso del consumatore, fin dalla ricerca. Più specifiche, per i retailer, sono soluzioni come ‘Local campaigns’ o ‘Local inventory ads’, che mettono a disposizione del pubblico l’intero inventario con fotografie e, fra l’altro, grazie alla possibilità di sapere se un certo articolo è presente in negozio in un dato momento. Tutto ciò è decisivo per ispirare il consumatore nello spazio digitale, e anche nel momento che prelude alla conversione dell’acquisto, sia online, sia offline, cioè in prossimità del negozio. Vengono fornite, poi, molte notizie aggiuntive, le quali possono portare il consumatore stesso a chiudere il processo di shopping in punto vendita.
Con il Covid il mondo del web è esploso. Quali sono le sue considerazioni?
Durante la pandemia la crescita della domanda di informazioni è stata enorme e le ricerche, per la parte acquisti, si sono moltiplicate almeno per tre, visto che le persone avevano una forte necessità di sapere anche solo dove andare a comprare in funzione delle chiusure e delle restrizioni. La parte di ricerche relative allo shopping online, dal canto suo, in Italia è cresciuta del 50 per cento. L’evoluzione, del resto già in atto, non è rientrata al momento delle riaperture, che hanno visto, invece, un consolidamento di nuove abitudini, nel frattempo acquisite. I consumatori che hanno provato le nuove tecnologie ne hanno apprezzato il valore, con una marcata incidenza del digitale sul processo di decisione. Questo ha fatto a sua volta esplodere formule come il clicca e ritira. D’altronde la continuità tra online e offline viene incontro alla maggiore richiesta di flessibilità della clientela, all’aspettativa verso punti vendita più ricchi in termini esperienziali e a un bisogno, ancora presente, di non restare a lungo in luoghi affollati.
Privacy: istituzioni e consumatori sembrano molto preoccupati. Come risponde Google?
Il tema della privacy e della sicurezza dei dati è per noi centrale. Si tratta di trovare un equilibrio fra una domanda di servizi sempre più mirati ed evoluti e il bisogno di riservatezza. Tuttavia, è proprio quando si percepisce di avere un controllo a valle, che si accettano, con maggiore confidenza, le segnalazioni di tipo commerciale. Molto spesso Google deve intervenire, per frenare campagne che potrebbero risultare dannose.
In altre parole?
In altre parole, quest’anno, su scala mondiale, abbiamo rimosso o bloccato più di 3 miliardi di annunci, ritenuti non appropriati dai nostri sistemi di intelligenza artificiale e dal lavoro dei nostri team dedicati, per violazione delle nostre norme e limitato oltre 6 miliardi di annunci. Vogliamo mantenere il consumatore al centro e proteggerlo, e nel tempo, questo crea con l’advertiser un fattore positivo perché, rispettando il consumatore, anche il consumatore stesso risponde più favorevolmente. È una collaborazione, quindi, che giova a tutti.
Ma il consumatore può difendersi da solo?
Sicuramente. Abbiamo introdotto strumenti per consentire alle persone di segnalare pubblicità che esse reputano inadatte, offensive, o semplicemente percepite come sgradevoli, in modo che l’utente sia al controllo delle pubblicità che riceve.
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