Consorzio Melinda, l'innovazione è in campo
Consorzio Melinda, l'innovazione è in campo
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Consorzio Melinda, circa 250 milioni di fatturato, riunisce 16 cooperative agricole trentine, nella Val di Non e Val di Sole, composte da 4.
00 frutticoltori e produce oltre 400.000 tonnellate di mele l'anno, il 20% della media nazionale. Per essere precisi il bilancio di previsione 2018/2019 indica 443.600 tonnellate, un vero record.
Conosciute da tutti sono, nel perimetro Melinda, le varietà Golden Delicious, Red Delicious, Renetta Canada - le uniche Dop italiane - Gala, Fuji ed Evelina, cui se ne aggiungono altre, meno note, ma molto indicative delle capacità di sviluppo, uno sviluppo che si estende anche ai confezionati a base di mele: aceto di mele, mele Squeez, strudel surgelato, mele essiccate, mousse e barrette. E, da qualche anno, il Consorzio vuole anche dire ciliegie, fragole e frutti di bosco.
Oggi Melinda è una delle principali realtà continentali del mercato ortofrutticolo. Solo in Italia il brand vanta il 99% di riconoscibilità e più del 50% delle mele Golden acquistate nella nostra Penisola reca, sulla buccia, l'inconfondibile bollino blu.
L’evoluzione ulteriore di questo polo frutticolo trova un grande motore nelle nuove e promettenti varietà, come ci racconta Andrea Fedrizzi, Responsabile marketing strategico e operativo.
Quanto è importante l’innovazione varietale?
E’ fondamentale, visto che Melinda, come ogni azienda frutticola, vuol dire soprattutto prodotto fresco. Quelli varietali sono cambiamenti che guardano decisamente al futuro: non solo perché queste nuove tipologie di mele, ognuna con caratteristiche distintive, rispondono alle trasformazioni della domanda - ci sono panel test che ne avvalorano il gradimento -, ma anche perché riorganizzare gli ettari disponibili, secondo una logica che permetterà di esprimere al meglio l'eccellenza di tutta la gamma, darà soddisfazioni in termini di remunerazione dei soci e di marginalità della distribuzione.
Quali saranno le novità?
Alle 6 varietà principali andremo ad aggiungerne altre 7, tutte marchi registrati, che abbiamo definito come Club. Abbiamo suddiviso il nostro progetto in 3 grandi aree: gusto - con Morgana, Gradisca e SweeTango-, resistenza alle fitopatie e dunque maggiore sostenibilità - con Galant, Isaaq, Kissabel e UEB6581, che porta il nome provvisorio e codificato dal vivaista - e prodotti speciali. Quest’ultimo posizionamento comprende alcune varietà già indicate, come Isaaq e Kissabel, molto diverse dal solito. Kissabel, per esempio ha la polpa completamente rossa, come la buccia. Isaaq, che prende il nome da Newton, vuole invece essere la mela perfetta, studiata con apposite ricerche agronomiche, e destinata a entrare in concorrenza con gli snack, anche perché piccola, 55 millimetri di calibro, molto fresca e croccante. E’ in test in alcuni supermercati europei ed è posizionata, in confezioni da 4 mele, al di fuori del reparto ortofrutta.
Come le proporrete al consumatore?
Nel punto vendita saranno collocate in modo distintivo, perché il consumatore le possa riconoscere e scegliere nelle proprie differenze. Del resto le innovazioni varietali, con le relative caratteristiche, non sono un concetto intuitivo, ma generano particolari qualità che si recepiscono vedendo e soprattutto assaggiando. E’ una sfida, ma sicuramente meno impegnativa di quanto lo è stata quella, storica, della brandizzazione della frutta, che ci ha dato il massimo indice di notorietà nel mercato delle mele. Anche per questo siamo molto fiduciosi.
E le tempistiche?
I tempi sono quelli della natura: serve un anno perché il vivaista produca le piante, un altro per la messa a dimora e la crescita e almeno un paio prima di arrivare a una produzione di un certo peso. Bisogna poi tenere conto dei tempi dei coltivatori, che non possono stravolgere gli appezzamenti, ma devono introdurre le nuove tipologie in modo graduale. Ritengo che il progetto possa arrivare a pieno regime nel 2025 e dare i primi risultati tangibili in un triennio.
Quali azioni di marketing avete in mente per le varietà Club?
Nei primi anni, in presenza di quantitativi ancora limitati, le azioni saranno soprattutto di trade marketing, accompagnate da ricerche sul cliente per capire i giusti posizionamenti. Stiamo anche facendo operazioni di assaggio ‘in blind’, per avere il giusto paragone con altre mele e ottenere conferme sugli aspetti gustativi. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo volumi sufficienti per una distribuzione limitata, appena partita, della varietà SweeTango che ci consentirà giornate di assaggio, nel punto vendita, garantite dal nostro marchio. In questo modo avremo una quantità di opinioni particolarmente rilevante e potremo interagire con il pubblico soddisfacendo le prevedibili curiosità. In seguito, naturalmente, ci sarà ben altro, come campagne su radio, Tv e Internet.
Oggi la ristorazione è molto più diversificata, e prevede formule come juice bar e specialisti di centrifughe e altri prodotti vegetali. Si aprono nuovi spazi?
Effettivamente questo settore si arricchisce di continuo, dunque stiamo facendo alcune riflessioni specie per quei prodotti, come Kissabel, in grado di stupire. Sicuramente oggi la presenza in questo canale può fare la differenza. Per esempio, con il Consorzio La Trentina, facente parte anch’essa del nostro gruppo Apot (Associazione produttori ortofrutticoli tentini), faremo un’operazione su larga scala nell’Horeca che servirà a lanciare, in regione, il nuovo brand, brand che presentiamo in questi giorni a Fruit Attraction di Madrid (22-24 ottobre, ndr.).
Avete investito circa 30 milioni di euro sulle celle ipogee. Di cosa si tratta?
E’ un innovativo metodo di frigoconservazione delle mele destinato anche a diventare, per i turisti, la prima attrazione ortofrutticola italiana. L’impianto, ancora in divenire, visto che siamo al lavoro sul quarto lotto, (altri 10 milioni di investimento previsti nel corso del 2020), è situato all’interno della miniera di Rio Maggiore, un ammasso roccioso di circa 80 ettari di estensione, costituito interamente da Dolomia, la roccia di carbonato doppio, di calcio e magnesio, di cui sono fatte le Dolomiti. Proprio da uno studio delle particolari caratteristiche è nata l’idea di trasformare un patrimonio naturale in un magazzino per la conservazione delle mele in atmosfera controllata. Le celle si trovano circa a 575 metri sopra il livello del mare, a 900 metri dall’ingresso della miniera estrattiva ed esattamente 275 metri sotto le radici dei meli coltivati in superficie. I vantaggi, in termini di sostenibilità, sono notevoli e hanno messo d’accordo le nostre 4.000 famiglie di frutticultori: riduzione del consumo di energia del 50%, forte risparmio idrico conseguente alla possibilità di usare la geotermia per il raffreddamento dei compressori, eliminazione dei pannelli coibentanti, il cui smaltimento genera forte inquinamento, salvaguardia del paesaggio e del territorio agricolo derivante dalla non realizzazione di un nuovo grande capannone in superficie.
Concludiamo con qualche parola sui vostri prodotti confezionati…
Il confezionato cresce bene e assicura visibilità e diversificazione. Conta oltre 25 milioni di pezzi all’anno, e, anche se vuole dire circa l’1% del fatturato, assicura visibilità, diversificazione e nuovi accordi, come è già accaduto, oltre 10 anni fa con A.D. Chini, nel 2012 con Graziadei Surgelati , lo scorso anno con Autogrill, grazie alle Tortine di mele Melinda o, nella primavera 2018, con Acetum, leader nella produzione di aceto balsamico di Modena, con il quale abbiamo siglato un accordo per la produzione dell’Aceto di mele Melinda.
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