Conad Adriatico: creativi contro l'inflazione
Conad Adriatico: creativi contro l'inflazione
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di Armando Brescia e Maria Teresa Giannini
La fine del secondo trimestre di ogni anno, si sa, è periodo di riflessioni sull’anno precedente per ogni azienda, industria o insegna che sia: per Conad Adriatico, la cooperativa afferente alla “galassia Conad” che distribuisce in Marche, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata, questo momento è arrivato con l’assemblea di bilancio.
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Il quadro che ne esce del 2022 è positivo: il fatturato di 2.001 milioni di euro fa segnare un + 8,19% rispetto al 2021 e addirittura un +120% in 10 anni; il patrimonio netto consolidato è di 278,4 milioni di euro, la rete conta 551 produttori locali che hanno generato 490,4 milioni di euro, registrando +56,1 milioni di euro rispetto al 2021. Anche la quota di mercato, nel territorio di competenza, ha subito una piccola miglioria, passando dal 18,06% al 18,13 per cento. Tuttavia, non solo di risultati ha parlato , con Distribuzione moderna, Antonio Di Ferdinando, amministratore delegato e direttore generale di Conad Adriatico: nelle sue parole si ritrovano la constatazione che il potere d’acquisto dei consumatori si è ridotto, l’intenzione di continuare a focalizzarsi sul grocery puro e l’auspicio di migliorare nella capacità di precorrere le tendenze di consumo.
Com’è l’andamento dal punto di vista dei volumi?
Rispetto al 2022, in cui siamo cresciuti, nei primi 5 mesi del 2023 stiamo perdendo il 4% di volumi, poco meno della media di mercato.
L’erosione del potere d’acquisto dei consumatori si fa sentire. Come la contrastate?
Lo scorso anno, prevedendo questa tendenza all’impoverimento della spesa, ci siamo impegnati a evitare che le persone migrassero verso i discount. Insieme al consorzio abbiamo definito, all’interno del nostro assortimento a logo rosso Conad, un paniere di 156 referenze (ingredienti di ricette base) che, moltiplicate per il numero di formati e di pesi, sono poi diventate 500: le abbiamo posizionate a scaffale con un gap di soli 7-10 punti in più, ossia 5-10 centesimi, rispetto a Eurospin, che è il nostro principale concorrente. Ovviamente, abbiamo anche valorizzato i prodotti a marchio Conad con una comunicazione mirata: abbiamo evidenziato 3 aspetti per ciascuna referenza, che giustificano il loro minimo costo in più rispetto al discount. Questa strategia ha funzionato, tanto che l’incidenza del nostro prodotto a marchio è migliorata di 3 punti, un risultato importante considerando che. nel Centro-Sud, non c’è il potere d’acquisto del Nord. Con questa operazione abbiamo dato una mano ai territori, agendo sul risparmio per chi viene a fare la spesa.
Se questo è vero ed è il discount il vostro diretto competitor, prendereste in considerazione l’ipotesi di aumentare la vostra rete con il marchio Todis?
È una forma di distribuzione che ha il suo mercato e ci crediamo moltissimo, tanto che apriremo un Todis a Pescara entro l’anno.
Proseguirete sulla strada del “Bassi e fissi” per quanto riguarda la mdd?
Abbiamo messo a budget anche per tutto il 2023 la politica del “Bassi e fissi”: oltre 10 milioni più 1,2 milioni di investimento pubblicitario solo su questa specificità. In un anno, infatti, la quota di vendita mdd, in Conad Adriatico, ha raggiunto il 33 per cento. Qui al Sud l’incidenza del prodotto a marchio, secondo i dati Nielsen, è del 14% e la media italiana è intorno al 20. Come Conad Adriatico, dunque, superiamo la media nazionale di oltre 10 punti.
Gli assortimenti e le rotazioni sono coerenti con la politica di Conad nazionale?
Gli assortimenti cambiano in base alle mode, oggi molto più rapide di un tempo. A livello di consorzio, avendo una posizione di leadership, non dobbiamo rincorrere il mercato, ma essere i più veloci a sentire il profumo del cambiamento.
Parlando dei vostri corner dedicati, avete 27 farmacie e un solo pet store: è una vostra scelta o risponde a caratteristiche specifiche della clientela del territorio?
Abbiamo scelto di implementare solo assortimenti specifici considerati indispensabili, come salute, benessere e cura casa perché, quando abbiamo provato a “buttarci” anche nell’extra-alimentare, non abbiamo trovato le giuste professionalità: si pensi ai risultati che ci attendevamo dall’accordo con Leclerc o al segmento dell’elettronica, che non gestiamo più. Il pet store fa grandi marginalità ma, nei territori che presidiamo, è soprattutto un servizio richiesto nei centri urbani e non è in crescita in tutta Italia in maniera omogenea. Curiamo prima quello che sappiamo fare e nell’alimentare ci sono ancora praterie da conquistare saldamente, come la ristorazione: in tutti i nostri ipermercati abbiamo angoli ristoro con l’insegna “Sapori & Sorrisi” da 350-380 metri, per esempio a Bari e Ancona, ma occorre implementare la specializzazione per diventare cuochi da ipermercato, che è un servizio ben diverso rispetto al cuoco da ristorante, perché si gestiscono flussi e tempi diversi.
Quanto all’e-commerce, che peso gli attribuite?
L’e-commerce in Italia sta crollando. Nel periodo dell’emergenza pandemica il mercato della spesa online e dei servizi connessi è stato “drogato”, oggi invece gli operatori si stanno ritirando dal mercato ovunque (con la sola Milano in controtendenza per qualcuno di essi). È un canale su cui gli investimenti a livello nazionale sono molto alti, ma nei territori che presidiamo, cioè dalle Marche alla Basilicata, l’utilizzo è minimo, anche perché il tema del “virtuale” è poco sentito dalle persone: c’è l’abitudine di andare a toccare con mano i prodotti ed è così in tutta Italia. Inoltre, dobbiamo considerare che la composizione della clientela per età, situazione sociale, abitudini di consumo varia in continuazione. D’altra parte, cresce l’interesse per servizi digitali, ma per questo preferiamo parlare di “digitalizzazione”, per esempio per la pubblicità, che viaggia sempre più in rete.
Com’è il vostro livello occupazionale e che relazione c’è fra il vostro investimento in forza lavoro e quello in efficientamento?
In Conad Adriatico, fra sede centrale e rete di vendita, lavorano 8.279 persone, 224 in più del 2021, ma non rappresentano la voce di costo maggiore come una volta, anche grazie a una politica di investimenti in efficientamento e automazione; 50 milioni, infatti, sono destinati solo al potenziamento dell’informatizzazione dei rapporti con la base sociale per una riduzione dei costi di filiera, senza la quale non ha senso ridurre quelli del personale. Vorrei ricordare poi l’apertura di una nuova piattaforma logistica, incentrata sul fresco, che sorgerà a Grottaglie (Taranto) per dare un miglior servizio ai nostri soci, ma anche per aumentare l’approvvigionamento dai produttori locali: in altre parole, lì arriveranno – dai dintorni – i carichi che serviranno la Puglia e a Vasto (Chieti) giungeranno quelli per Marche e Abruzzo.
Ci saranno nuove aperture? Che fetta di budget riservate ai nuovi punti vendita?
Considerando un investimento di 352 milioni su base triennale, 200 sono destinati alle nuove aperture, come il superstore che apriremo Pescara a fine 2023: in questo caso, a differenza di quanto accaduto a Grottaglie, dove il Comune è stato molto celere a fornire le autorizzazioni, il braccio di ferro con le istituzioni locali e i privati dura da più di 15 anni.
Cosa vi aspettate per quest’anno per quanto riguarda volumi e aumenti di listino?
Sulla contrazione dei volumi si può fare ben poco: prevediamo un’inflazione su base annua del 7% e un calo di volumi di poco più del 3 per cento. Se non altro, però, di questi tempi poniamo molta più attenzione allo spreco alimentare. Mi piace vedere il bicchiere mezzo pieno: il tempo dei pacchi 3x2 è finito.
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