Casa Milo (Gr.a.m.m.): dinamismo e innovazione necessari per stare sul mercato
Casa Milo (Gr.a.m.m.): dinamismo e innovazione necessari per stare sul mercato
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di Maria Teresa Giannini
Tre siti produttivi in Puglia tra Palo del Colle e Palombaio (Ba), 140 lavoratori fra diretti e indiretti, un fatturato 2023 caratterizzato da una crescita importante sull’anno precedente e un buon successo sul mercato estero: se il marchio dell’azienda familiare Gr.
.m.m. Casa Milo avesse una carta d’identità tutta sua, sicuramente questi dati salterebbero all’occhio. Fondata nel 1870 come oleificio, nel 1994 Gr.a.m.m. convertì interamente la produzione a pasta e referenze da forno, un settore che nel nostro Paese non deve mai veder mancare dinamismo, investimenti e una continua voglia di rinnovarsi, stando alle parole di Marida Milo, direttore commerciale Italia di Casa Milo.
Lei ha affermato che il settore pasta in Italia risulta sì maturo ma anche molto inflazionato e che, dunque, per restare sul mercato ci vogliono flessibilità e innovazione: che cosa intende, esattamente?
Per quanto riguarda la flessibilità, essa sta nel rispondere rapidamente alle esigenze dei nostri partner della Gdo e ai cambiamenti del mondo dei consumi, tanto in Italia quanto all’estero. L’innovazione invece è un concetto più trasversale: sul piano dell’assortimento, assicuriamo continue sperimentazioni di gusti e formati; sul piano della tecnologia di produzione e della riduzione delle emissioni, siamo impegnati instancabilmente dal 2018 per alimentarci in modo più green e pesare di meno sull’ambiente (aspetto che si può consultare in modo più profuso sulla c.d. “roadmap energetica” pubblicata sul nostro sito); infine, sul packaging, utilizziamo già per le nostre referenze secche pack riciclabili in carta e stiamo lavorando anche per ulteriori sviluppi sui pack per una maggiore sostenibilità.
Come si è chiuso l’anno che abbiamo lasciato da poco alle spalle?
Il 2023 è stato un grande anno per noi: abbiamo registrato un +23% sui 32,5 milioni del 2022. Molto ha contribuito l’estero, sia grazie ai clienti già esistenti sia ai nuovi.
Di quanto parliamo, esattamente?
Il mercato interno è ancora quello principale, ma per un soffio: l’Italia rappresenta il 52%, mentre l’estero il 48% ma la domanda è in costante crescita, viene da Paesi europei ed extra, in primis dagli Stati Uniti (il 60% di tutto l’export Casa Milo). Seguono Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Lussemburgo, Belgio, Canada, Giappone, Australia, Polonia e molti altri: quest’ultimo mercato ci vede oggi presenti nel più importante discount del Paese con 3.300 punti vendita ma entrarvi è stato particolarmente difficile, data anche l’importante tradizione autoctona di pasta.
Qual è il vostro posizionamento, come azienda, nel mercato italiano della pasta?
Sul fresco competiamo tranquillamente con i grandi marchi del settore, sul secco possiamo dirci grandi tra i piccoli, ossia produciamo quasi artigianalmente ma con quantità industriali: merito del binomio vincente fra la nostra lavorazione e la materia prima che ci arriva dai nostri 180 fornitori, stanziati su 1.900 ettari tra Foggia, Lucera e Altamura. Con loro abbiamo un accordo per una filiera 100% pugliese sulle referenze a nostro marchio che ci consente di avere una pasta tenace, consistente, che tenga bene la cottura.
Quanto pesa la Gdo nella vostra “torta” di canalizzazione?
La nostra produzione è diretta a tutti i canali, ma la grossissima parte, l’80%, alla Gdo, tanto italiana quanto europea e internazionale anzi, l’estero la fa da padrone. Per moltissime insegne siamo anche produttori di private label, che rappresenta il 70% del nostro fatturato, una quota che in 5 anni è aumentata del 10%.
Che bilancio fate del trimestre anti-inflazione, voi che siete produttori in conto terzi per la Gdo?
L’idea è stata sicuramente lodevole, nei principi. Anche in questa iniziativa abbiamo supportato la Gdo attraverso scontistiche e promozioni dedicate. In questo modo abbiamo voluto dare un segnale concreto di aiuto alle famiglie, comprendendone le difficoltà di fronte all’aumento generalizzato dei prezzi.
Ora però siete impegnati nel dare importanza anche al vostro marchio…
Da 4 anni siamo impegnati in una politica di marchio che non è affatto semplice. L’Mdd cresce vertiginosamente anno dopo anno dalla pandemia, complice anche la riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, ed essa rappresenta l’arma migliore che le insegne hanno per competere sui prezzi e fidelizzare i clienti. Dunque, essendo noi innanzitutto produttori di private label, ci troviamo nella condizione paradossale di essere i primi concorrenti di noi stessi.
Quali sono i formati e le referenze più apprezzate e dove li collochereste a livello di posizionamento?
All’estero vanno molto bene sia la pasta secca trafilata al bronzo che quella colorata, mentre in Italia a performare meglio sono la pasta fresca e quella all’uovo, anche se ciò che in assoluto è stato più apprezzato è la linea di tipicità regionali che abbiamo chiamato Principato di Puglia. In generale, i nostri prodotti si collocano nella fascia medio-alta, ma se parliamo di questa linea in particolare il livello è premium a tutti gli effetti: si tratta di una linea in cui abbiamo voluto dare “lustro” a referenze della nostra tradizione, percepite come “povere”, elevandole a “nobili” (ed ecco spiegato il nome e la decorazione sul packaging). Tipi di pasta come orecchiette, strasciòn, cavatelli si presentano quindi molto ruvidi, incavati, lavorati quasi artigianalmente.
Quanto pesano il “biologico” e “l’integrale” nella vostra produzione, a valore e a volume?
Il bio e l’integrale rappresentano, rispettivamente, il 10% a volume e il 20% a valore, ma sono segmenti destinati, a nostro parere, a restare sempre un po’ di nicchia. Le due cose però non vanno confuse. L’integrale è vittima dei trend di consumo del momento, e da circa 8-10 anni sta tornando in voga, il bio invece è un vero e proprio stile di vita a cui la nostra clientela all’estero è molto attenta, mentre in Italia, dopo un primo periodo di entusiasmo debordante, negli ultimi 5-6 anni la platea che richiedeva il biologico si è progressivamente ristretta, tornando ai soli irriducibili, anche a causa dei numerosi scandali che hanno visto protagoniste aziende che del bio avevano fatto la loro bandiera.
State sviluppando nuovi prodotti per il 2024? Quali sono i trend di consumo che intendete intercettare?
I nostri maggiori investimenti e la nostra attenzione sono sul fresco e sulle referenze da forno. Ci concentreremo su Principato di Puglia e negli ultimi mesi dell’anno lanceremo nuovi snack.
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