Gruppo Milo guarda al futuro con entusiasmo
Gruppo Milo guarda al futuro con entusiasmo
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Gruppo Milo nasce nel 1870 come realtà olivicola, ma ben presto intraprende un percorso di diversificazione della produzione, facendo della pasta il proprio core business.
Il pastificio situato nel centro storico di Bitonto e costantemente ingrandito e integrato nel tempo, ha permesso all’azienda agroalimentare di specializzarsi nella realizzazione di pasta fresca e di ampliare il proprio raggio d’azione anche al di fuori dei confini nazionali. Con Marida Milo, Sales Manager del Gruppo, abbiamo ripercorso le tappe salienti dell’evoluzione dell’impresa, con uno sguardo fiducioso e ambizioso verso delle sfide future.
Chi è il gruppo Milo e di cosa si occupa esattamente?
La famiglia Milo nasce, come aziende del settore food agroalimentare, nel 1870. Noi siamo la quarta generazione come realtà olivicola: a partire dal mio bisnonno fino ad oggi, continuiamo a occuparci di olio anche se in maniera secondaria rispetto a quello che è l’attuale core business dell’azienda ovvero la pasta.
Vuole raccontarci meglio le vostre origini?
Noi nasciamo come “oleari”, poi 26 anni fa mio padre e mio fratello hanno voluto diversificare la produzione, a causa di particolari vicissitudini legate al mercato dell’olio, decidendo di entrare nel mondo della pasta. In ogni caso ci tengo a sottolineare che, per ben 4 generazioni, il protagonista assoluto è stato l’olio extravergine di oliva, e ancora oggi il gruppo con la sua azienda agricola continua a produrre olio di alta qualità che utilizza anche come materia prima nella produzione dei prodotti da forno.
Il pastificio quando e come è nato?
E’ nato con mio padre e mio fratello, che all’epoca diciassettenne e tutt’ora amministratore unico dell’azienda. Il pastificio inizialmente è sorto in un piccolo capannone presso il centro storico di Bitonto, che si è progressivamente ingrandito fino ad arrivare, nel 1996, a Palombaio, dove sorgeva già il frantoio. Siamo partiti dal secco e oggi siamo super specializzati anche nella produzione di pasta fresca.
A livello commerciale siete partiti dall’Italia o dall’estero?
Inizialmente producevamo pasta secca avendo molti contatti con l’estero: rispetto ad altri competitor abbiamo fatto un percorso al contrario sfruttando le conoscenze acquisite con il commercio dell’olio sul mercato oltreconfine, per poi entrare nel mercato italiano. Siamo partiti con la pasta secca ma il core business è diventato ben presto quello della pasta fresca che è cresciuta costantemente a partire dal 1999 fino ad oggi e, a parità, cresceva molto di più. Oggi sviluppiamo entrambi i segmenti considerando l’ultimo investimento fatto proprio nel segmento della pasta secca in funzione del nostro continuo sviluppo sui mercati esteri.
L’estero è stato quindi il vostro canale di sviluppo principale?
Per molti anni lo è stato poiché avevamo già clienti acquisiti con il mercato dell’olio. Per implementare ed incrementare ulteriormente anche questo business, 5 anni fa abbiamo fatto un ulteriore investimento acquistando un capannone e creando un altro polo produttivo, a 6/7 chilometri da Palombaio, precisamente a Palo del Colle, la città del tarallo per eccellenza. Lì abbiamo creato un’azienda tecnologicamente molto avanzata, anche a livello di produttività delle linee e flessibilità di confezionamento: abbiamo avviato una grandissima linea di produzione di taralli, con forno automatico a vapore, che arriva a produrre a pieno regime 8 quintali ora e accanto a questa altre due linee dedicate agli snack come scrocchiette, sfogliette, grissini, bruschette: prodotti neutri dal gusto tradizionale e prodotti dal gusto più intenso, che riscuotono successo soprattutto nei mercati internazionali, come gli Usa, quindi sfogliate cipolla e formaggio, curcuma e bacon.
Cosa vi ha spinto a diversificare la produzione?
Negli anni abbiamo deciso di diversificare molto per avere un ventaglio di prodotti molto ampio che ci potesse permettere di andare in grande distribuzione, sia nazionale che internazionale e offrire una gamma molto vasta. Strategicamente è importante avere un’ampia gamma di prodotti.
Vi occupate anche di pl?
Nei primi anni di attività ci siamo affermati innanzitutto come copacker per molte aziende della grande distribuzione e continuiamo a farlo con grande soddisfazione ed orgoglio. Questo ci ha dato nel tempo credibilità, affidabilità, il che ha portato a crescere e ad investire anche sul nostro marchio.
E’ stato difficile conciliare il fatto di essere da un lato fornitori di prodotti per le insegne distributive e dall’altro un’azienda con propri brand?
È stato difficile, ma abbiamo lavorato al restyling del marchio e a poco a poco abbiamo creato un’immagine molto chiara e pulita, la nostra collaborazione con le maggiori insegne della distribuzione ha rappresentato un ottimo bigliettino da visita. Abbiamo cominciato ad investire sul nostro marchio con la linea biologica perchè volevamo venir fuori dal gran numero di prodotti convenzionali che c’erano a scaffale e questo ci ha permesso di essere pionieri in questo settore. Il biologico ci ha permesso quindi di entrare subito nelle grandi catene e creare una prima visibilità del marchio. Un anno fa è nato poi un grande progetto di filiera, proprio perchè l’intenzione era quella di continuare a investire sul marchio con la consapevolezza che i volumi e i fatturati si fanno con i prodotti convenzionali, quindi con la pasta di semola e con la pasta all’uovo. Per venire fuori dall’appiattimento di questo mercato abbiamo investito su un progetto innovativo: abbiamo stretto un accordo con la Coldiretti a Roma e con il consorzio agrario di Foggia per stipulare accordi con i vari agricoltori. Un progetto che sintetizza due fattori fondamentali: la qualità e il fattore etico e solidale. La qualità perchè la filiera è sinonimo di tracciabilità insieme alla scelta, condivisa con gli agricoltori, dei grani migliori. Noi abbiamo scelto tre tipi di qualità con valore proteico molto alto e che hanno come valore aggiunto quello di trattenere tutte le proteine e di proteggere il grano dagli agenti atmosferici. Quindi abbiamo un prodotto che sintetizza qualità, valorizzazione del territorio e della forza lavoro garantendo un compenso equo agli agricoltori e dando al consumatore l’idea che dietro quel “pacco” ci sia una storia da raccontare… Una Grande Storia d’Amore. È un progetto attento più che mai alla promozione del territorio e dell’italianità. Da gennaio siamo riusciti ad inserirci in diverse catene, soprattutto al nord, ma anche nel centro sud, nonostante l’emergenza sanitaria ci abbia bloccati.
Quali sono i paesi in cui esportate di più?
La quota export sul fatturato è attualmente pari al 45%. Gli Stati Uniti sono il primo paese di riferimento, poi esportiamo in Europa (Inghilterra, Francia, Spagna, Lussemburgo, Germania, Svezia, Danimarca), Corea, Giappone, Australia, Cina, Canada. Ci sono ancora altri mercati che stiamo esplorando e dove vorremmo espanderci. In aziende come le nostre contano molto le fiere, ma ovviamente ora è tutto bloccato.
Come sono bilanciate le quote del vostro marchio e della pl?
Oggi sono molto sbilanciate, circa un 70-30, però stiamo lavorando per sviluppare in maniera più capillare il ns. marchio.
A livello di comunicazione come vi muovete sia lato consumatore che lato trade?
Da quest’anno dovevamo partire con un progetto di comunicazione su vari canali, utilizziamo i social con un’agenzia che ci segue, con i quali riusciamo ad avere grande visibilità. Abbiamo fatto un po’ di stampa quotidiana, con riviste del settore, però l’investimento su cui vorremmo concentrarci oggi è più diretto ai consumer, quindi pubblicità radio, tv, etc. Man mano che il prodotto viene distribuito e inserito stiamo ragionando su come muoverci sotto il punto di vista del marketing e della comunicazione. Stiamo pensando di investire anche su alcune trasmissioni di cucina, su riviste di cucina, su radio locali, banner sui mezzi, l’emergenza sanitaria ci ha stoppati e adesso stiamo riprendendo il tutto.
La vostra è un’azienda molto attenta e sensibile anche alla beneficenza..
In 18 anni di lavoro in questa azienda io ho costituito personalmente un magazzino destinato alla beneficienza, In questa particolare situazione di emergenza sanitaria abbiamo raddoppiato le nostre consuete donazioni per contribuire ai vari banchi alimentari dei paesi limitrofi e sostenendo con donazioni di dispositivi di protezione i centri Covid pugliesi.
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