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Signa holding chiede il fallimento. Ceduti gli asset tedeschi

Signa holding chiede il fallimento. Ceduti gli asset tedeschi
Signa holding chiede il fallimento. Ceduti gli asset tedeschi

Signa holding chiede il fallimento. Ceduti gli asset tedeschi

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Fabio Massi

di Luca Salomone

Colpo di scena, si fa per dire, nel crack dell’austriaca Signa holding, che, nei giorni scorsi, ha rinunciato ad azioni di rilancio chiedendo, al Tribunale per le insolvenze di Vienna di accedere alla procedura fallimentare.

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L’affaire, venuto alla ribalta a novembre 2023, deriva da un debito di circa 5 miliardi di euro, con insoluti per 1,16 miliardi e va intaccare un impero immobiliare con attivi stimati intorno ai 25 miliardi.

Dal Canada all’Austria, andata e ritorno

Parallelamente alla vicenda si è messo in moto, da mesi, lo spezzatino, che si è concretizzato il 10 aprile con l’acquisizione di Galeria, catena di department store tedesca frutto della fusione tra Karstadt e Kaufhof e titolare di una rete di 92 grandi insediamenti commerciali, con 13 mila addetti.

Il gruppo sta compiendo, in un certo senso, un ritorno al passato. Venduto definitivamente, nel 2019, dalla canadese Hudson Bay a Signa, passa ora a una cordata composta da Nrdc equity partners - dell’uomo d’affari newyorkese Richard Baker, proprietario nonché presidente esecutivo della stessa Hudson Bay - e dalla svizzera BB Kapital, family office del super manager e imprenditore tedesco Bernd Beetz, Ceo di Coty e membro del Cda della stessa Galeria.

Nell’ambito dell’operazione, Stefan Denkhaus, attuale amministratore giudiziario, manterrà la supervisione della società, molto probabilmente fino alla fine di luglio 2024, previa approvazione da parte dell’assemblea dei creditori.

A questa altezza cronologica Galeria passerà sotto il pieno controllo dei nuovi proprietari e Beetz assumerà la carica di presidente esecutivo. L’accordo prevede il salvataggio di 70 punti vendita.

Da rilevare che, secondo Statista, la catena presentava, nell’esercizio 2021-2022 un fatturato di 2,9 miliardi euro, di cui 2,6 miliardi derivanti dalla vendita al dettaglio, valori che, nonostante la credibilità della fonte, destano un certo stupore, visto il numero di insediamenti.

Va detto che entrambi i marchi, come hanno sottolineato le due parti acquirenti, meritano di essere salvati anche per motivi storici: la fondazione risale al 1878 per Kaufhof e al 1881 per Karstadt.

Central retail compra Kadewe e vigila su Globus

Altro pezzo dell’impero Signa, fondato dall’uomo d’affari austriaco René Benko, 47 anni, è Kadewe: un solo complesso, da ben 60 mila mq e 800 milioni di euro di vendite, la cui proprietà immobiliare passa al 100%, per un miliardo di euro, alla tailandese Central retail corp (già azionista al 50,1%), controllante, fra l’altro della Rinascente.

Anzi Central – fuori dal perimetro della vicenda Signa - sarebbe pure in procinto di rilevare la catena britannica Selfridges (18 department store, più altri asset molto appetibili).

Kadewe (Kaufhaus des Westens), ubicato sulla Tauentzienstrasse, una delle vie più frequentate di Berlino, è il department store più grande d’Europa ed è stato inaugurato nel 1907.

Per finire Globus: la catena svizzera, operante nello stesso settore e fondata anch’essa nel 1907, vede Signa al 50 per cento di quota, ma la holding austriaca ha ottenuto una moratoria fino al 12 agosto 2024, prorogabile fino a un massimo di 24 mesi, come riporta Swissinfo.ch. Dunque, al momento il destino di una rete che comprende fra l’altro una decina di grandi magazzini di alto livello, tutti nella Confederazione elvetica, è, per così dire, congelato. Ma anche qui potrebbe farsi avanti Central retail, azionista al 50 per cento, che ha più volte dichiarato di voler sostenere il marchio.

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