Le imprese lattiero-casearie, a fronte del 21% o del 10% di iva versata sull'acquisto dei fattori produttivi e delle materie prime, recuperano solo il 4% dalla vendita dei prodotti finiti (latte e formaggi). Risultano quindi, strutturalmente, creditori d'imposta.

Al rimborso della differenza versata in eccesso - cioe' di denaro che appartiene all'azienda - e' tenuto a provvedere l'erario, che dovrebbe farlo entro 3 mesi, ma che, in realta', provvede con ritardi enormi, che vanno da 18 a 24 mesi.

 Come ha spiegato il Presidente di Assolatte, Giuseppe Ambrosi, per circa 2 anni le aziende del settore non potranno disporre di una parte importante della propria liquidita', che per molte corrisponde a svariati milioni di Euro. E la situazione è tra l'altro in rapido peggioramento.

Inoltre le imprese maggiormente attive nell'export sono quelle piu' penalizzate dai ritardi nei rimborsi poiché non recuperano l’iva dalle vendite all'estero. Per sopperire a tale indisponibilita', l’unica soluzione è ricorrere a mutui e prestiti bancari, con costi ingenti che sono lievitati smisuratamente a causa dell'impennata dei tassi di interesse.

Se verranno decisi nuovi aumenti per le aliquote IVA del 21% e del 10%, l'entita' del credito d'imposta arrivera' a livelli tali da compromettere l'attivita' dell'industria lattiero-casearia, a meno che non vengano adottate simultaneamente misure per accrescere il plafond di compensazione e velocizzare il rimborso del credito residuo.