Tradizionale, pratica o innovativa, la confezione deve proteggere, conservare e aiutare a trasportare il prodotto. Ma anche vestirlo in modo da renderlo attraente agli occhi del consumatore e differenziarlo dalla concorrenza, con colori, effetti e sagome personalizzate. Quello del packaging è indubbiamente un settore in cui l’innovazione di processo e di prodotto si conferma quindi essenziale per offrire imballi protettivi belli, sicuri, con un alto contenuto di servizio e un impatto minimo sul prodotto finale. Per essere competitive le aziende devono cercare di intuire e assecondare i gusti e i cambiamenti dei clienti e del mercato operando non solo sulla tipologia del materiale ma anche sulle forme e sul design. Proporre quindi all’industria alimentare e non contenitori che permettano di differenziare il proprio prodotto ma che siano anche il più possibile attenti alle problematiche ambientali.

Imballaggio e innovazione

Slim, una delle nuove forme di contenitore realizzate da Elopak e utilizzate da Zuegg per il brand Frullì.
Protettivi, sicuri, ma anche poco costosi e con un impatto minimo sul prodotto finale. E’ questo che viene richiesto oggi agli imballaggi primari che, soprattutto nel caso dell’industria alimentare, devono tenere in massima considerazione anche l’aspetto igienico, non contenere tracce di componenti tossici e garantire la fragranza dei cibi. Per il non food si punta invece maggiormente sulle caratteristiche di leggerezza e resistenza mentre per quanto riguarda gli imballaggi secondari entrano in gioco anche regole di marketing legate soprattutto all’immagine.
“In questi ultimi anni abbiamo assistito a una crescita delle esigenze di un maggiore shelf impact e contenuto di funzionalità nel packaging primario”, afferma Michele Falzetta amministratore delegato della filiale italiana di Elopak, la multinazionale di origine norvegese specializzata nel settore del liquid food, in particolare latte e succhi di frutta per i premium brand. Diamond Curve e Slim sono alcune delle ultime novità lanciate sul mercato. Si tratta di nuove forme di contenitori, con una quinta facciata di comunicazione - da utilizzare per identificare la linea, la provenienza delle materie prime o una nuova collection - e un tappo di dimensioni maggiori a quelli solitamente in commercio per facilitare non solo l’apertura ma anche il versamento del liquido.
“La presenza delle private label con prodotti food e non food sullo scaffale - prosegue Michele Falzetta - hanno portato a un appiattimento delle differenziazione dei premium brand, annullando anche il vantaggio competitivo di impatto a scaffale. E’ quindi molto importante non solo l’innovazione del packaging primario e secondario ma anche la corretta gestione del ciclo di innovazione, in modo da lasciare ben identificati i ruoli dei brand”.

Materiale antico per tempi moderni

Altamente igienico, con una forte versatilità delle forme, dei colori e delle dimensioni, il vetro si conferma un materiale ancora fortemente apprezzato in diversi settori merceologici, sia food che non food. Antico e testimone di una lunga tradizione, è indubbiamente uno dei materiale che meglio riesce a valorizzare la qualità e l’immagine del prodotto. L’innovazione di processo e di prodotto si conferma fondamentale per gli operatori del settore, attenti a intercettare le richieste dei clienti e del mercato e a lavorare sulla qualità dei prodotti e dei servizi, oltre che sulla flessibilità del sistema produttivo.
“Oggi produciamo contenitori dalle caratteristiche fisiche ed estetiche non ottenibili fino a qualche anno fa e che tendono a una sempre maggiore sofisticazione, sia nel settore delle bevande e degli alimenti che in quello della cosmetica e della profumeria”, afferma Franco Grisan, presidente e amministratore delegato di Zignago Vetro, la società specializzata nella produzione di contenitori - per bevande e alimenti ma anche per il settore cosmetico e la profumeria - che ogni anno investe tra l’1,5% e il 2% del fatturato nell’attività di ricerca e sviluppo.

Recupero: la gdo promossa a pieni voti

Per quanto riguarda il recupero dei rifiuti di imballaggio in Italia la legislazione aveva previsto obiettivi che scadevano nel 2008 e che sono stati raggiunti dal settore degli imballaggi e quindi anche dalla grande distribuzione, che raccoglie in sé la gran parte delle aziende utilizzatrici degli imballaggi immessi al consumo. Già nel 2007 degli oltre 12 milioni di tonnellate ne sono stati recuperati 8,4 milioni, quasi il 70%. Nel caso di alcuni materiali si raggiungono veri e propri livelli di eccellenza a livello europeo, per esempio nel riciclo dell’alluminio – fondamentalmente lattine per bevande - l’Italia è prima in Europa a pari merito con la Germania e terza a livello mondiale, dopo Stati Uniti e Giappone. Nella carta siamo giunti al 70% di riciclo e siamo al terzo posto in Europa.
“Si può dire che nel recupero del packaging la grande distribuzione organizzata abbia fatto la sua parte: attraverso la partecipazione al sistema consortile le imprese hanno sostenuto la loro parte di responsabilità ambientale - afferma Giancarlo Longhi, direttore generale di Conai - Ma esistono ancora ampi margini di miglioramento per quanto riguarda le aziende del largo consumo, che potrebbero per esempio partire da una “progettazione eco-compatibile dei prodotti a marchio. Proprio quest’anno Conai ha in programma di realizzare un nuovo Dossier Prevenzione, con una raccolta di casi virtuosi di imballaggi eco-sostenibili, che vedrà la luce nel 2010”.
Un altro contributo che le aziende potrebbero dare al miglioramento del recupero è l’adozione dell’etichettatura ambientale degli imballaggi, ovvero di codici e simboli che riportino la natura del materiale utilizzato e la sua destinazione finale, che faciliterebbe così le operazioni a valle di raccolta differenziata e riciclo. Quella di Ipack Ima, dove Conai sarà presente con uno spazio dedicato alla progettazione del packaging eco-sostenibile, sarà un’occasione per sensibilizzare le aziende della gdo nell’adozione di parametri ambientali - come l’utilizzo di materiale riciclato, la riduzione del peso ecc. – da applicare ai propri imballi.

Rispetto e tutela ambientale

Cilindri utlizzati dai laboratori Mydrin per la spalmatura di adesivi.
I materiali ecocompatibili e biodegradabili stanno vivendo in questi ultimi anni un trend di sviluppo molto positivo, complice una maggiore e crescente attenzione nei confronti dell’ambiente. “La vera innovazione nel mondo del packaging, sia nell’industria alimentare che non, consiste nell’intraprendere progetti di ricerca e sviluppo volti a ridurre il numero di imballaggi superflui, a favore del riciclo e del rispetto ambientale - commenta Alberto Schiavulli, business manager industrial adhesives di Mydrin, la filiale italiana del gruppo Bostik (divisione del gruppo petrolchimico Total) specializzato nell’industrial adhesives, che comprende l’area rigid packaging e l’assembly , nel flexible pakaging, soprattutto in ambito alimentare, e nel transportation -. Con la nostra offerta cerchiamo di andare incontro e soddisfare le specifiche richieste del mercato, che ha l’esigenza di adottare soluzioni biodegradabili, biocompostabili e fotosensibili”.
Anche dal punto di vista del processo di etichettatura il settore è in continua evoluzione, ed è passato dall’etichettatura vetro a carta-colla fino a quella autoadesiva. Attualmente Mydrin si sta concentrando su hot melt a base metallocene, soluzioni adesive più vantaggiose, con una maggiore resistenza all’ossidazione, un peso specifico più basso e un minor consumo. Per il mercato rigid packaging, in generale vengono adottati adesivi termofusibili resistenti alle alte o basse temperature, fino alla surgelazione, in soluzioni acquose a base vegetale, proteica e sintetica.
Per quanto riguarda in generale l’offerta, “credo che oggi l’industria si stia orientando verso soluzioni a base Pla, materiale ammesso al contatto con alimenti dalla legislazione corrente e che sta riscontrando un buon successo tra i consumatori come alternativa ecosotenibile rispetto agli analoghi articoli in plastiche tradizionali”, aggiunge Alberto Schiavulli di Mydrin. Il Pla viene infatti prodotto esclusivamente con materie prime naturali annualmente rinnovabili, da cui si ottiene l’acido lattico, e presenta caratteristiche ecologiche come un ridotto consumo di combustibili fossili e la facilità di compostaggio. Dotato anche di elevata versatilità applicativa, il Pla è utilizzato in vari settori: fibre tessili, film sottili per imballaggio, foglie per termoformatura, extrusion coating, produzione di preforme e bottiglie.