Il Web 3.0 di Facebook, Twitter, Google+ e LinkedIn è veramente il luogo della massima socialità e della condivisione totale, dove tutti comunicano con tutti nel tempo e nello spazio? O non rischia di essere, se non lo è già, il luogo dell’iper realtà, dove si perde la distinzione tra realtà e irrealtà?

Andrew Keen, autore di Vertigine digitale. Fragilità e disorientamento da social media (Egea 2013, 224 pagg., 20 euro, 11,99 e-pub), afferma che la rivoluzione dei social media è di fatto la più travisata e distorta trasformazione culturale dai tempi della Rivoluzione industriale.

Gli odierni social media stanno frammentando la nostra identità in modo che esistiamo sempre al di fuori di noi stessi, incapaci di concentrarci sul qui e ora, troppo legati alla nostra stessa immagine, rivelando perennemente dove ci troviamo, sacrificando la privacy individuale alla tirannia utilitaristica della rete collettiva.

Piuttosto che una vita virtuale o secondaria, i social media vanno imponendosi come la vita in sé – lo stato centrale e trasparente dell’esistenza umana, quel che gli investitori della Silicon Valley oggi definiscono “l’internet delle persone”.