L’attenzione alla responsabilità di impresa da parte dell’azienda reggiana, tra le più importanti realtà casearie emiliane specializzate nella produzione di Parmigiano Reggiano, rappresenta una priorità all’interno del piano strategico di sviluppo. L’intervista al direttore generale Andrea Guidi.

di Stefania Lorusso e Armando Brescia

Una storia lunga quarant’anni, 160 dipendenti, 45 paesi serviti nel mondo, 180 forme di Parmigiano reggiano prodotte ogni giorno e 500 prodotti commercializzati. Sono questi alcuni numeri che inquadrano una delle più importanti realtà casearie emiliane, attiva nella selezione, porzionatura e confezionamento di formaggi italiani stagionati Dop, nonché produttrice di Parmigiano Reggiano nei suoi caseifici sull’Appennino Reggiano. Stiamo parlando di DalterFood Group, azienda da sempre attenta ai temi della responsabilità di impresa ma che negli ultimi anni ha accresciuto ancora di più l’impegno su questo fronte.

Lo scorso anno avete pubblicato il vostro primo bilancio di sostenibilità: che significato ha per voi questo documento?
Possiamo dire che la sostenibilità fa parte da sempre del dna della nostra azienda. E in effetti già molto è stato fatto in questo ambito, specie negli ultimi anni. La scelta di pubblicare il primo bilancio di sostenibilità rappresenta un passaggio chiave di quello che sarà il percorso e l’evoluzione di Dalter. Abbiamo infatti voluto mettere nero su bianco un intento preciso e dichiarato, quello cioè di far sì che la nostra crescita sia una crescita sostenibile non solo per noi ma anche per tutti i nostri stakeholder. Vogliamo che i prodotti che produciamo e vendiamo siano buoni non solo per i clienti, ma anche per la collettività, affiancando quindi all’attenzione che dedichiamo alla qualità una grande attenzione a tutte le altre sfaccettature della nostra attività, impegnandoci ancora di più nella sostenibilità economica, ambientale e sociale. In altre parole, il senso del primo bilancio di sostenibilità pubblicato lo scorso anno rappresenta l’impegno di mettere al centro dei nostri programmi questa responsabilità di impresa, anche e proprio con un documento ufficiale nell’ottica della massima trasparenza.

Quali sono gli elementi più caratterizzanti che emergono da questo primo bilancio?
Mettere a terra i contenuti di questo primo bilancio è stato un lavoro complesso che ha richiesto un grande impegno e che consideriamo non solo una dichiarazione d’intenti teorica, ma un punto di partenza concreto per un processo evolutivo che da qui ai prossimi anni ci vedrà tutti impegnati.
Lo consideriamo pertanto solo un primo passo, attraverso l’aggregazione dei dati di tutte le realtà aziendali che fanno parte del gruppo, in direzione di un percorso di sostenibilità trasparente e condiviso con i nostri portatori di interesse. Ci siamo presi degli impegni, rispetto all’agenda Onu, scegliendo obiettivi centrali che riguardano tre macro aree di sostenibilità per ciascuna funzione aziendale con l’intento di trasformarli in realtà non limitandoci a semplici proclami.

Vi è qualche dato che già vi rende orgogliosi?
Sicuramente il tema del benessere animale è per noi centrale, uno degli assi portanti della nostra sostenibilità. Da molti anni stiamo lavorando in tal senso per far sì che la filiera del nostro Parmigiano Reggiano sia una filiera trasparente e sostenibile. Abbiamo ottenuto per il secondo anno consecutivo la certificazione di benessere animale. I quaranta allevatori che ci conferiscono il latte, che consideriamo partner e non solo fornitori, si sono impegnati con concreti investimenti per raggiungere insieme a noi questo traguardo, permettendoci di certificare i nostri caseifici e il nostro stabilimento Questo significa avere creato un sistema di credito di impresa inedito nella filiera del Parmigiano Reggiano: i nostri fornitori hanno sostenuto investimenti per far parte di questo progetto forti della garanzia di avere un gruppo come il nostro al loro fianco. Si tratta in fondo di una dimostrazione di sostenibilità non solo ambientale, ma anche territoriale. Oltre infatti a creare un nuovo modello di filiera, etico ed equilibrato, in cui l’eccellenza è il valore da premiare, ci siamo impegnati a migliorare il tessuto produttivo locale incentivando piccole realtà̀, come i nostri due caseifici di montagna, Colline di Canossa Selvapiana e Cigarello. Nei due caseifici si producono oggi 179 forme al giorno e si lavorano circa 750 quintali di latte proveniente da stalle limitrofe, ubicate sia in pianura in zone di montagna. È un indotto lavorativo importante per il nostro territorio che ci permette anche di contribuire al mantenimento di un’attività tradizionale che è un vero patrimonio storico e culturale, oltre che gastronomico.
L’altro ambito di cui andiamo fieri è quello della sostenibilità ambientale, intesa come innovazione di packaging. Siamo stati tra i primi a lanciare le bustine monodose in plastica completamente riciclabile, passando da un pluri materiale a un mono materiale. E stiamo lavorando ulteriormente per ampliare il progetto a tutte le nostre confezioni, sia destinate al consumatore finale che al canale B2B. Questa è la base di partenza. Molto verrà nel futuro.

Il vostro business si sviluppa nel settore b2b. Qual è, tuttavia, la vostra percezione nel cambiamento dei consumatori riguardo ai temi della sostenibilità?
Quello che sta emergendo in modo chiaro è che il consumatore non è disposto a pagare di più per qualcosa che viene considerato un fatto assodato. La responsabilità di impresa, l’attenzione a certi valori sociali o ambientali vengono dati ormai per scontati. Sono diventati un prerequisito per competere sul mercato. Così come sono sicuro che il prodotto che sto comprando è di elevata qualità do per certo che l’azienda rispetta tutta una serie di condizioni e di rispetto di vincoli di sostenibilità. Una tendenza che stiamo registrando soprattutto nel Regno Unito, dove già da anni hanno cominciato a fare richieste che vanno in questa direzione. Ma anche in Italia si sta notando questo fenomeno. Lavoriamo con molti grandi gruppi industriali che fissano come prerequisito della collaborazione il fatto di essere eticamente sostenibili, di condividere i valori che loro stessi perseguono.

Nella produzione del vostro Parmigiano Reggiano come si concretizza la sostenibilità di filiera?
La filiera produttiva del nostro Parmigiano Reggiano è nata come filiera sostenibile e rappresenta il nostro fiore all’occhiello. Questo eccezionale formaggio è prodotto nei nostri due caseifici Colline di Canossa Selvapiana e Cigarello, ubicati sulle colline reggiane, entrambi certificati caseifici di montagna secondo i dettami del Consorzio e certificati per il benessere animale. Uno dei due stabilimenti, inoltre, produce anche Parmigiano Reggiano biologico.
Collaboriamo con 40 aziende agricole del nostro territorio che, tutte in zone limitrofe ai caseifici, conferiscono quotidianamente il latte. Abbiamo implementato già da alcuni anni il pieno controllo della tracciabilità della filiera del latte. I nostri autisti sono tutti dotati di un palmare su cui registrano le informazioni relative al latte che ritirano, così da poter assicurare, dalla stalla al caseificio, la completa tracciabilità della materia prima. Partendo dalla consapevolezza che un grande prodotto come il Parmigiano Reggiano per essere tale deve poter contare anzitutto su un ottimo latte, abbiamo stabilito un sistema premiante per i nostri allevatori volto a incentivare la massima attenzione alla qualità.
Al di là della normale remunerazione hanno infatti dei premi legati alla qualità del latte conferito e una serie di vantaggi, parte erogata da noi e parte dal Consorzio di tutela, che si traducono in consulenze veterinarie o da parte di esperti di gestione del bestiame, di alimentazione, miglioramento delle condizioni di vita dell’animale ecc.

Ci dica qualcosa in più sulle vostre certificazioni.
Siamo stati tra i primi a ottenere la certificazione del benessere animale su tutta la filiera da parte di un ente terzo. Questo perché volevamo che fosse il più ufficiale e credibile possibile. L’abbiamo ottenuta e rinnovata l’anno scorso. I nostri caseifici e lo stabilimento di Sant’Ilario sono entrambi certificati BRC con il livello massimo. Inoltre, lavorando per grandi gruppi, veniamo costantemente verificati e certificati dai nostri clienti. Abbiamo le certificazioni più classiche per quanto riguarda gli standard qualitativi, di sicurezza, etici, ma anche certificazioni ad hoc ottenute dai nostri clienti.

E per quanto riguarda il welfare aziendale? Come è cambiato negli ultimi tempi, che cosa fate?
Per noi le persone sono risorse preziose che vanno fatte crescere e valorizzate quanto più possibile. Nell’ottica dell’importanza che ha acquisito il work life balance come indicatore di benessere, la scelta che abbiamo fatto è stata quella di continuare - per le mansioni per cui è possibile - la formula dello smart working, iniziato in pandemia per evidenti necessità (mentre i caseifici e la produzione in stabilimento hanno continuato ad essere operativi con personale in presenza naturalmente, per assicurare la continuità). Si tratta di una scelta forse diffusa nelle multinazionali, ma non così scontata per una piccola realtà produttiva come la nostra e che rappresenta un vantaggio riconosciuto dai nostri dipendenti. A questo si aggiunge da tempo una certa flessibilità di orari in entrata e in uscita. Siamo inoltre intervenuti negli ultimi tempi con iniziative spot a sostegno dei dipendenti attraverso l’erogazione di carte spesa e carte carburante per cercare di ridurre l’impatto delle tensioni inflattive. Altro capitolo è quello della formazione. Uno dei progetti nati dal bilancio di sostenibilità è la formalizzazione e la migliore struttura da apportare a quelli che saranno i piani di formazione dei dipendenti. L’obiettivo è quello di valorizzare e far crescere i talenti che lavorano con noi.