Torna l'incubo dello scaffale vuoto?
Torna l'incubo dello scaffale vuoto?
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di Luca Salomone
Dopo un 2022 particolarmente complesso e difficile per le aziende, tanto da aver fatto ripartire il fenomeno degli “scaffali vuoti” (3,7% il tasso di out-of-stock) e dopo un recupero delle vendite perse (+5,1%), il primo trimestre 2023 conferma una nuova risalita delle rotture a scaffale, con un +0,2%, dato che porta il livello di Oos al 3,5 per cento.
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Il fenomeno interessa, in modo crescente i prodotti e le categorie a più alto valore unitario, per cui la gestione della profondità assortimentale è diventata un elemento critico. Questo ha determinato una crescita dello 0,6% delle vendite perse, che hanno toccato il 4,7 per cento.
I dati sono emersi dal webinar Gli effetti a scaffale dell’out-of-stock in un anno di grande complessità, organizzato da GS1 Italy in ambito Ecr e in collaborazione con Circana.
Dall'inflazione alla carenza di materie prime
Ad avere determinato questo scenario sono vari fenomeni, a cominciare dall’inflazione. La forte pressione sui costi ha spinto in alto i listini del largo consumo.
Rispetto a gennaio 2019, a dicembre 2022 i prezzi alla produzione di tre grandi settori industriali - alimentare, bevande e tabacco - sono saliti del 25% e quelli medi degli alimentari confezionati e bevande del 16% nel retail.
Ciò ha avuto importanti ricadute sull’andamento del sell-out di supermercati e ipermercati, che hanno guadagnato il 5,7% a valore rispetto al 2021, ma perso l’1,7 a volume.
Alla diminuzione della rotazione dei prodotti a scaffale, si è aggiunto il ritorno alla crescita del tasso di out-of-stock (+0,2% per supermercati e ipermercati di vicinato, +0,3% per i grandi supermercati), arrivato al 3,7% contro il 3,5 del 2021.
L’incremento delle ‘rotture’ ha riguardato tutti i reparti, almeno a cominciare dalla primavera, ed è stato, poi, particolarmente impattante per le bevande, durante l’estate 2022.
Il settore dei prodotti chimici per la cura della casa è riuscito, invece, a contenere il delta negativo, mentre la drogheria alimentare ha recuperato, ma solo dal secondo semestre.
Surgelati e fresco hanno peggiorato progressivamente le loro prestazioni annue, mentre il petcare ha migliorato, ma negli ultimi mesi.
Ancora una volta l’ortofrutta si è confermata la merceologia con il più alto livello di Oos (10,5%).
La crisi energetica, alimentare ed economica, generata dal conflitto in Ucraina, ha determinato una minore disponibilità di materie prime e, di conseguenza, un contingentamento della produzione. E questo ha diminuito la disponibilità di alcuni beni anche nei nostri supermercati: casi di particolare intensità sono quelli degli oli di semi e della pasta di semola.
Olio di semi e pasta ad alto rischio
Il timore di non trovare più i prodotti, o di dover pagare prezzi più alti, ha generato, negli oli di semi, un effetto incetta, che, a marzo 2022, ha portato a un incremento eccezionale di vendite rispetto allo stesso mese del 2021, ma anche a un tasso record di out-of-stock (10%). Con il passare dei mesi questa emergenza è rientrata, ma le vendite perse sono aumentate, sostenute dall’inflazione.
Una dinamica analoga si è registrata, come detto, anche nella pasta di semola, determinando un picco delle vendite superiore al 50% nei mesi primaverili, accompagnato dalla crescita dei prezzi medi fino alla soglia del 30% in estate, per poi rientrare, al +20% circa.
Questo ha causato un aumento temporaneo della carenza, dovuto non tanto alla difficoltà di reperimento della pasta in generale, ma, piuttosto, alla mancanza di formati e marchi specifici, il che ha intaccato il valore di tutta la categoria.
Anche la minore disponibilità di alcuni prodotti, essenziali nei processi di trasformazione, ha caratterizzato il 2022 e si è fatta sentire in particolare per alcune componenti, come l’anidride carbonica.
L’effetto su certi mercati è stato molto significativo, come è avvenuto nelle acque minerali: l’incremento del prezzo della CO2 e la sua scarsità, aggiunti all’eccezionale stagione estiva, hanno determinano un aumento progressivo dei prezzi al pubblico e un trend molto disomogeneo delle vendite.
L'impatto a scaffale è stata immediato: ad agosto 2022 il livello di out-of-stock dell’acqua minerale gassata è schizzato al 27,1% (contro il 7,5% del 2021) e la ricaduta, sempre in termini di vendite perse, è stata superiore, del 20%, rispetto al 2021.
Cambiamento climatico e stagionalità estreme: il 2022 è stato anche l'anno più caldo e siccitoso, almeno fra quelli coperti da rilevazioni attendibili. Ma ciò ha determinato impatti nella distribuzione? Per fortuna non sembra, visto che, anche nei mesi con i maggiori rialzi delle temperature, non si sono registrati particolari picchi nell’andamento dell’Oos. E, come abbiamo visto, le stesse bevande gassate - molto stagionali -, sono andate fuori controllo per ben altre cause.
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