di Luca Salomone

I centri urbani restano i più affollati di punti vendita non alimentari, seguiti dai centri commerciali: ma la numerica di entrambi continua a scendere, mentre sale quella dei negozi di periferia, dei parchi commerciali e degli outlet.

A dirlo è l’Osservatorio non food di GS1 Italy, che ogni anno monitora l’evoluzione della rete distributiva di 13 settori (abbigliamento, elettronica, sportivo, bricolage...) e la sua attrattività, grazie a Tradelab shopping index, l’unico indicatore che, dal 2002, fornisce la graduatoria delle due principali forme di aggregazioni retail sul territorio: i centri urbani e gli shopping center.

Si tratta di un metodo esclusivo, elaborato sulla base del punteggio attribuito a ogni insegna moderna, in base alla relativa capacità di generare traffico.

Ripiegano centri storici e shopping center

La fotografia scattata per il 2022, su 29 mila Pvd di 275 gruppi distributivi non alimentari (specializzati o meno) rivela che il commercio urbano centrale resta, di gran lunga, il fenomeno più corposo, con il 44,2% del totale negozi, ma continua a ridurre la sua compagine, con un dato annuo in flessione dello 0,8 per cento.

Ripiegano anche (-0,6%) gli operatori dei centri commerciali (39,2% di quota numerica), che stanno vivendo un periodo di trasformazione e riposizionamento e integrando format di ristorazione, esperienze di intrattenimento e servizi di vario genere (per esempio sanitari, veterinari e postali).

Pesante ridimensionamento per altri poli, come aeroporti e stazioni, che rappresentano solo l’1,1% del totale della rete moderna non food e che, in 12 mesi, hanno lasciato sul terreno il 9,2% dei tenant.

Durante l’anno si è confermata, invece, la ripresa delle zone urbane periferiche (+0,7% la numerica), che tuttavia sono ancora poco presidiate dal commercio moderno non alimentare (6,1% di quota), ma che hanno beneficiato dello smart working, il quale, a sua volta, ha agevolato le imprese insediate nei quartieri ad alta densità abitativa.

Questa rimonta trova conferma se si considerano i due maggiori agglomerati extraurbani: i parchi commerciali (+3,4%) e i factory outlet (+1,5%).

La maggiore propensione alla frequentazione di luoghi retail con ampi spazi aperti, iniziata durante la pandemia, permane attuale e conduce a una rivitalizzazione ed evoluzione di queste strutture.

Poli dello shopping in graduatoria

Nella classifica delle prime 10 agglomerazioni urbane centrali emergono tre città: Milano, che si conferma prima, grazie all'insieme Vittorio Emanuele-Duomo, Roma (Via del Corso e Via Nazionale) e Torino (Corso Garibaldi e Via Roma). Al quarto posto Bologna (Via Indipendenza, Via Bassi, Via D'Azeglio) e, al quinto, il centro di Firenze.

Le maggiori novità si rinvengono al sesto e al decimo gradino, dove spiccano, rispettivamente la performance di Palermo (Vie Maqueda, Roma, Ruggero Settimo, Finocchiaro), città che guadagna quattro posizioni, e di Napoli, che passa dall’ottavo al settimo posto, con il quadrante Toledo/Chiaia.

Scendono, invece, Genova (Vie San Vincenzo, XX Settembre, Buenos Aires), Milano stessa, dove perde fascino il Corso Buenos Aires e Bari (Vie Cavour, Sparano, Vittorio Emanuele).

Tanti cambiamenti anche nella top ten dei centri commerciali, cambiamenti che confermano l’evoluzione in atto e la pressione esercitata dagli esercizi di prossimità.

Il sito più attrattivo, per il non food, resta Orio Center di Bergamo, seguito da Porta di Roma. Al terzo posto sale Roma Est, che guadagna una posizione rispetto al 2020 e scalza Centro Campania di Marcianise (Caserta), sceso al quarto gradino. In quinta posizione si conferma Il Centro di Arese (MI), alla sesta si trova Euroma 2 e alla settima si colloca Le Gru di Grugliasco (TO).

Perde invece tre posti, scendendo al nono livello, Città Fiera di Martignacco (Udine).

Da segnalare l’ingresso, fra i primi dieci, del Fiordaliso di Rozzano (MI), che schizza dal dodicesimo all’ottavo livello, e il Carosello di Carugate (MI), che si piazza al decimo gradino, dall'undicesimo della precedente rilevazione.