di Luca Salomone

Si avvertono i primi segnali di rallentamento dell’inflazione, ma si delineano, anche, profondi mutamenti nelle future abitudini di acquisto.

Questo il messaggio principale lanciato da Niq (NielsenIQ) durante Likontro 2023, svoltosi, dal 18 al 21 maggio, nella consueta cornice del Forte Village di Santa Margherita di Pula, in Sardegna, evento che, da più di 30 anni, riunisce i migliori esponenti del mondo del largo consumo: manager, esperti, accademici, economisti, opinion leader.

Un comparto da 90 miliardi

Dal punto di vista macroeconomico permane uno scenario di contrazione dei volumi nel breve periodo (gennaio-aprile 2023), anche se, nel lungo periodo (2017-2022), le quantità sono cresciute di 8 punti.

Dati molto rilevanti, visto che incidono su un settore che ha un giro d’affari di oltre 90 miliardi di euro, ben 20 mila aziende attive nel panorama produttivo e 330.000 lavoratori presenti nei punti vendita di tutta l’Italia, con 4 miliardi di visite annue e più di 400 mila prodotti acquistati.

Nella Gdo, poi, si contano circa 400 insegne, per oltre 200 centri decisionali, in larga parte con capitale italiano, e migliaia di piccoli imprenditori, proprietari di negozi.

Degna di nota è la continua ricerca di innovazione del comparto, con circa 300 mila nuovi prodotti a scaffale ogni 12 mesi.

Considerando un contesto di lungo periodo, dal 2017 al 2022, i volumi hanno registrato, come detto, una crescita di 8 punti: tuttavia a causa dell’inflazione, nel primo quadrimestre 2023, l’analisi di Niq evidenza una contrazione quantitativa del largo consumo confezionato pari al 3,9%, ma con un incremento a valore del 10,5 per cento.

Con un indice di inflazione pari al 14,4% le vendite di prodotti in Gdo segnalano, dall’inizio dell’anno a fine aprile 2023, una tendenza positiva del 9,9%, con una variazione reale dei prezzi in discesa (ad aprile) dello 0,4%, considerando tutto il mix di spesa.

Comprare meno, comprare meglio

Nell’attuale scenario le famiglie italiane prediligono fare più visite ai negozi e preferiscono carrelli più leggeri sia per comprare solo l’indispensabile, sia per ridurre gli sprechi: risulta quindi che gli italiani hanno aumentato, del 3,7%, la frequenza e abbassato, del 7,4%, il numero di prodotti scelti.

Una dinamica che risulta ancora più marcata in Spagna, Gran Bretagna, Francia e Germania. Tuttavia, le nostre famiglie non rinunciano ai consumi fuori casa e lo dimostra il fatto che il comparto Horeca, da gennaio 2023 a oggi, ha fatto segnare un rialzo del 15,8 per cento.

Secondo Romolo De Camillis, direttore retail di Niq Italia «oggi la prospettiva economica è migliore rispetto a un anno fa, quando l’impennata inarrestabile dell’inflazione ha scosso molte famiglie. Dalle nostre previsioni i prezzi, nel corso dell’anno 2023, si raffredderanno, ma non torneranno, però, agli standard precedenti. Una particolarità emersa dai dati raccolti da Niq è che gli italiani compiono scelte virtuose e, per ciò che concerne i beni di largo consumo, prediligono la qualità, seppure con qualche rinuncia in termini di quantità».

Continua Luca De Nard, amministratore delegato di Niq Italia: «Per quanto riguarda il futuro si prevede che nel largo consumo emergeranno alcune nuove tematiche fondamentali, come la necessità di ridefinire i prezzi dei prodotti oltre che gli assortimenti, in base alle esigenze dei consumatori. Inoltre, dal punto di vista tecnologico sarà necessario implementare nuovi modelli di supply chain a supporto della filiera, così come sarà necessario prestare attenzione ai mercati emergenti oltre a rimodulare l’offerta di prodotti per la fascia over 60».

Lo stesso De Nard, a chiusura dell’evento, ha tratto le conclusioni, sempre dal punto di vista macroeconomico.

L’aumento dei prezzi ha portato a una maggiore focalizzazione sui volumi di vendita nel largo consumo confezionato, concentrando l’attenzione sulla recente contrazione degli stessi negli ultimi sei mesi.

Tuttavia, De Nard ricorda che, guardando a un periodo più ampio, e, in particolare, compreso fra il 2015 e il 2022, i largo consumo confezionato ha fatto registrare una crescita dei volumi di oltre 9 punti, dimostrando di essere, ancora oggi, una filiera molto vitale.

Il peso di mutui e utenze

I dati raccolti, a livello internazionale, dall’Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), mostrano come l’impatto generato dall’inflazione del settore sia decisamente minore del percepito. Nello specifico, si rileva che l’indice dei prezzi al consumo di dicembre 2022, all’11,6%, indica che, al traino dell’inflazione, ci sono i costi di mutui e utenze, che da soli generano oltre il 50% dell’impennata.

In questo contesto il largo consumo confezionato pesa solo il 21%, un dato che nell’esame Oecd coinvolge, per giunta, anche altre categorie, fra le quali il tabacco.

Riportando i valori a livello nazionale, partendo dalle rilevazioni Istat e incrociandole con i dati di NielsenIQ, si evince che il differenziale medio mensile per famiglia, dovuto all’inflazione, è di 446 euro; quindi, in media i nostri connazionali spendono quasi 500 euro in più rispetto all’anno precedente. Tuttavia, approfondendo questo dato, emerge che il differenziale generato dal largo consumo è di soli 35 euro ovvero meno dell’8 per cento.

Conclude De Nard: «La percezione, errata, del peso degli aumenti nel largo consumo penalizza eccessivamente la filiera che, al contrario, negli anni, ha dimostrato di essere virtuosa, lasciando al consumatore, la possibilità di effettuare molte scelte. Ciò non accade per altre spese che, oltre ad avere un maggiore impatto sulle tasche degli italiani, non permettono rapide sterzate, come per il carrello della spesa. Sia chiaro: la nostra analisi non intende sminuire il fenomeno inflazionistico nel largo consumo, ma ne fotografa in modo più oggettivo l’impatto».