Coop Italia fa il punto sulle abitudini di spesa degli italiani dall’inizio del lockdown, visto che otto settimane di quarantena (a partire dalla fine di febbraio) hanno provocato contraccolpi inevitabili sui comportamenti.

La prima reazione è stata quella degli ‘assediati nel bunker’. I nostri connazionali, venuto a sapere che il Covid 19 era presente nel Paese, sono corsi al supermercato, per fare vere e proprie scorte da guerra. Così, tra il 24 febbraio e il 15 marzo le vendite totali del sistema Coop Italia hanno registrato un +14,6 per cento.

Con il passare del tempo però, quando è diventato chiaro che le misure di confinamento si sarebbero prolungate e che, soprattutto, gli approvvigionamenti sarebbero rimasti costanti, la spesa si è fatta più moderata e la crescita delle vendite si è attestata, nel periodo (24 febbraio – 19 aprile) al +5,6 per cento.

A sostenere le vendite è stato soprattutto il food confezionato (da solo fa un +10,3% in 8 settimane) mentre i freschi e i freschissimi, partiti a doppia cifra, perdono, nel passaggio dalla prima alla seconda fase, la propria forza d’urto e si attestano, a fine periodo, su un +6,9 per cento, un dato comunque consistente.

È soprattutto guardando dentro i carrelli e nelle case degli italiani che si notano i cambiamenti in atto. Non è certo una sorpresa scoprire che ciò che è parte integrante del kit contro il virus è in testa agli atti di acquisto. Amuchina e simili hanno totalizzato, in 2 mesi, crescite medie del 377%, le salviettine disinfettate del 616% e i termometri e i disinfettanti per superfici un +200. Basti dire che, solo per i termometri, le vendite sono aumentate, rispetto alla media, di 12 volte.

La mania di pulizia e la ricerca dell’igiene hanno spinto anche alcuni rimedi non ortodossi, come l’alcol etilico alimentare che, nonostante il suo prezzo elevato e a causa del difficilissimo reperimento di quello denaturato, ha fatto segnare, nel periodo, un +97%, dimostrando che non si bada a spese pur di sanificare la casa e se stessi.

Il vero boom interessa però le mascherine, non certo un bene di largo consumo in tempi normali. Già nelle prime tre settimane, a dispetto della carenza di prodotto, raggiungevano crescite del 337 per cento. Con i nuovi approvvigionamenti poi, e con l’avvicinarsi della fase 2, dal 16 marzo al 19 aprile, hanno toccato un +1616% (attestando la media dei due mesi al +1160%).

E non è certo tutto. Le scorte di conserve di verdure, pasta, riso e olio, come accennato, hanno fatto esplodere le vendite nelle prime 3 settimane (24 febbraio-15 marzo) rispettivamente a +65, +53, +48 e +35 per cento. Un’attitudine alle scorte e alla lunga conservazione che ha riportato in auge beni di solito poco usati e di lontana memoria, come la carne in scatola (+62%) e le minestre liofilizzate (+37).

Placata l’ansia, è iniziata la discesa a precipizio di pasta, riso, latte uht, biscotti e la cucina è diventata uno dei molti modi per passare il tempo: gli italiani, anche per sopperire alla chiusura della ristorazione, sono diventati tutti più o meno pizzaioli, pasticceri e panettieri.

Nel totale delle otto settimane le vendite di lievito di birra sono cresciute in media del 149% e quella della mozzarella per pizza del 109. Uova, burro, farina, nel passaggio dalla prima alla seconda fase del lockdown, sono ancora in testa al gradimento degli italiani: a oggi le uova e il burro registrano, nel totale dei due mesi, crescite del 44 e 46 per cento. Le uova sono addirittura aumentate da marzo ad aprile (dal +36,6 al +47,4%) e la stessa sorte è toccata al burro (dal +39,5% al +49,2).

La farina è passata dal +114 delle prime tre settimane al +174% delle successive 5, per attestarsi su una media di periodo del +152.

All’inverso, dal 16 marzo al 19 aprile, le vendite del pane sono calate del 30%, forse anche perché quasi un italiano su due ha paura di comprare cibo che poi non può cuocere. E recentemente, con un vero e proprio salto in avanti rispetto alla prima fase, crescono a due cifre gli aperitivi (+17%) e la birra (15,5%), e tornano a crescere anche le creme spalmabili con +37,4 per cento. Calano invece, sin dall’inizio della quarantena, le bevande e tutti gli integratori per sportivi (-48 e -45 nelle otto settimane).

Due osservazioni finali. Le colorazioni per capelli, a causa della lunga chiusura dei parrucchieri - dall’8 marzo al 1° giugno, ma con possibilità di un po’ di anticipo -, sono passate dal +25% delle prime tre settimane al +164 del periodo dal 16 marzo al 19 aprile. Hanno invece pagato un prezzo alto le vendite di preservativi che, nell’ultima fase del lockdown, hanno perso il 37 per cento, contro un -3,5% delle prime settimane.