Come difendere il Retail dal Covid-19 e prepararsi alla ripartenza? Se lo è chiesto Bain & Company che ha messo a punto un piano di attività per aiutare i distributori. “Come in tutte le crisi – scrive B&C – esiste la possibilità di difendere, o rafforzare, in prospettiva, la propria posizione di leadership, garantendo la massima sicurezza di tutti gli stakeholder”.

Considerato il livello di minaccia, ormai gravissimo, raggiunto dall’Italia e da altri Paesi, la dirigenza si concentra sull'attivazione di procedure di emergenza di primo livello, come la riduzione dei rischi sanitari per i dipendenti, la limitazione dei viaggi non indispensabili, la revisione e il differimento di investimenti non strategici e la pianificazione di almeno un trimestre di pesantissima recessione.

Poche aziende possono sperare di prevedere con precisione il corso della pandemia. Tuttavia, oggi si stanno e si devono sviluppare e implementare rapidamente piani per affrontare al meglio la crisi e garantire la continuità aziendale, svolgendo, al contempo, un ruolo fondamentale nel ridurre al minimo la diffusione del virus.

La sfida varia per settore. Nella grande distribuzione alimentare, per esempio, quasi tutte le catene tengono testa a un traffico eccezionale nei negozi, mentre l'online esplode con volumi inimmaginabili, a causa dell'accaparramento di scorte e acquisti dettati dal panico.

Il potenziamento delle attività di e-commerce per soddisfare la domanda si rivela complicatissimo nel reperire velocemente personale e gestire la supply chain. Allo stesso tempo, il governo dei clienti nei negozi assume importanza primaria, per cercare di azzerare i punti di contatto tra le persone.

Nella maggior parte dei settori non-food, invece, l'ondata ha ridotto drasticamente il traffico e, con le chiusure obbligate, i ricavi si sono praticamente azzerati.

In Cina come in Italia, la distribuzione alimentare ha vissuto, in prima battuta, un accaparramento selvaggio. La ristorazione, invece, ha subito un brusco rallentamento nelle aree in cui sono state attuate misure di restrizione dei contatti sociali, fino a uno stop. La richiesta di delivery senza contatto fisico è aumentata (per chi è rimasto operativo).

L'impatto è stato differente per ciascuna categoria. I consumatori hanno fatto scorta di ogni genere di prima necessità, dai principali articoli da dispensa e per la cura della casa, come prodotti per la prevenzione delle malattie e alimenti non deperibili, riducendo invece drasticamente il consumo di generi di bellezza, abbigliamento, lusso.

I freschi sono diventati ancora più importanti, in quanto i clienti hanno iniziato a preparare più pasti in casa: mantenere un'offerta sufficiente è diventato un fattore chiave di differenziazione per gli operatori della distribuzione alimentare.

L'adozione di canali online da parte dei consumatori è accelerata esponenzialmente. Con il passare delle settimane l'80% dei cinesi ha espresso una preferenza per l’e-commerce alimentare, anche se solo la metà ha potuto effettuare acquisti, a causa della mancanza di offerta.

Le restrizioni sui viaggi e sulle infrastrutture hanno creato colli di bottiglia logistici, aggravando le sfide della catena di fornitura in ingresso e in uscita. Questi vincoli hanno reso alcuni fornitori incapaci di fare fronte all'aumento della domanda di articoli di base e gli scaffali vuoti hanno alimentato solo più acquisti da panico, un fenomeno che anche i retailer al di fuori della Cina stanno ora subendo.

LA GESTIONE DELL'EMERGENZA

Le prassi analizzate, suggerite e implementate da Bain vertono su una serie di punti chiave, a cominciare dall’istituzione di una squadra anticrisi. Questa deve essere ristretta, comprendere i manager chiave, lavorare a stretto contatto con amministratori delegati, direttori finanziari e quando c’è, con il chief restruturing officer, ossia lo specialista della crisi e ricostruzione.

Secondo elemento: è basilare consentire libero accesso a direttori e manager e concedere agli stessi l'autorità per formulare raccomandazioni cross-funzione, basate su una rapida valutazione dei rischi in aree chiave relative ai dipendenti, alla supply chain, al magazzino, alle attività online e in negozio e al monitoraggio del sentiment del consumatore.

Ma, per poter evitare l'entropia, bisogna avere un sistema di programmazione manageriale rigoroso e in tempo reale, fruibile e aggiornabile in remoto da tutto il gruppo. Le finalità devono essere, tra l’altro, di gestire la comunicazione, rivedere e regolare le risposta alle emergenze e riportare i risultati raggiunti.

Dove rilevante, Bain consiglia anche di creare unità locali di gestione dell'emergenza, per esempio per Paese, per regione, per format distributivo.

Infine, bisogna dedicare almeno una persona ad analizzare le informazioni rilevanti sulla diffusione del virus, le azioni intraprese da altri, e i mercati coinvolti.

Visto che obbligo prioritario è proteggere la salute e la sicurezza dei dipendenti e dei clienti, non bisogna solo attenersi, scrupolosamente, ai consigli delle autorità e della comunità medico scientifica, ma anche adottare ulteriori procedure igieniche nei negozi. Non si deve dimenticare di pulire regolarmente superfici, terminali di pagamento, casse e altre aree toccate di frequente, valutando anche come ridurre al minimo i rischi derivanti dalla gestione del contante; offrire opzioni di auto-sanificazione, come salviette antibatteriche per carrelli e disinfettante per le mani; fornire attrezzature (come guanti di plastica) per aumentare l'igiene nelle corsie e nelle aree self-service. Se il problema si aggravasse ulteriormente, i retailer dovrebbero considerare di ridurre, o eliminare, il libero servizio in categorie come freschissimi, prodotti da forno e alimenti preparati e aumentare l'utilizzo delle opzioni di servizio contactless, come il self-checkout.

Per i retailer non food il traffico che crolla porta a problematiche ben maggiori. In particolare, quando il virus è molto diffuso, occorre più personale per il caricamento degli scaffali e per la preparazione di pacchi per le consegne online. Inoltre, programmi accelerati, anche via e-learning, per la formazione di personale poco esperto, possono aiutare a sostenere la situazione di emergenza.

Durante la fase di forte contagio, per il non alimentare è spesso necessario, o obbligatorio in forza di legge, chiudere tutta la rete.

LA GESTIONE DELLA RIPRESA

Ma come pianificare la ripresa? “In momenti di tale tensione – osserva Bain -, può essere difficile tenere il passo con tutte le sfide che ci si trovano di fronte: figurarsi mantenere la concentrazione anche sul medio e lungo termine. Eppure, non si possono perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo. Occorre pensare anche a come indirizzare e pianificare la fase di recupero”.

A livello operativo il ritorno alla normalità non avverrà dall'oggi al domani. In primis le aziende devono prevedere come ridurre gradualmente le risorse e le squadre dedicate alla gestione della crisi. Le misure per migliorare la sicurezza e l'igiene sul luogo di lavoro non dovrebbero essere assolutamente smantellate con fretta. Allo stesso modo, si dovrà rimanere orientati a una comunicazione focalizzata su come l'azienda stia dando la priorità alla salute.

Mantenere attiva la cabina di regia per la gestione dell'emergenza per alcune settimane dopo la crisi è probabilmente una buona idea, consentendo ai membri del team di condurre un'analisi di come la risposta alla crisi abbia funzionato, per formalizzare il futuro approccio di risposta a nuove emergenze, o al ripresentarsi di una seconda ondata.

La pianificazione a breve del livello delle scorte dovrà prevedere nuove (e probabilmente transitorie) distorsioni della domanda, che potrebbero verificarsi in determinate categorie, quando i consumatori riprenderanno la loro vita normale.

La ripresa della Cina dall'epidemia di Sars, nel 2002-2003, per esempio, ha mostrato un forte calo della crescita delle vendite in alcune categorie tipicamente da scorta, come i prodotti per l'igiene della casa e lo scatolame, e un forte rimbalzo in altre, dove c'era una domanda repressa, come l'abbigliamento. “Occorre tenere conto di distorsioni come queste – scrive Bain -, quando si considera il momento più appropriato per riavviare gli algoritmi standard di riordino automatico, le spedizioni e gli adeguamenti dei prezzi”.

Va da sé che i piani per il 2020 dovranno essere adeguati, con nuovi obiettivi, budget e schemi operativi. Oltre il 2020, il management dovrà di conseguenza aggiornare il proprio piano triennale, con particolare attenzione alle seguenti azioni chiave: rivedere i dati dei clienti e di mercato, per evidenziare dove la quota è stata guadagnata, o persa, durante la crisi; sviluppare piani di rilancio commerciale per riattivare la domanda sulle categorie con maggiore potenziale di ripresa; predisporre piani di investimento per rispondere all'aumento della domanda omnicanale e trattenere i nuovi clienti conquistati durante il periodo di crisi; valutare la rete dei negozi, chiudendo quelli meno produttivi; revisionare la supply chain e la logistica, per aumentarne la flessibilità, la resistenza e le capacità a lungo termine; rivedere la strategia di acquisto.

Qualora la scarsa domanda dei consumatori persistesse, sarebbe opportuno tracciare un percorso chiaro verso il miglioramento continuo dei costi, l'aumento della produttività, l’avvio di iniziative che rendano più solido lo stato patrimoniale.

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