Importante acquisizione per il Gruppo Campari. La più grande nella sua lunga storia. Nel già ampio portafoglio prodotti della società di via Turati è infatti entrato a far parte il prestigioso marchio Wild Turkey, il primo premium brand di Kentucky bourbon a livello mondiale. Il prezzo dell’acquisizione è stato fissato a 575 milioni milioni di euro (433 milioni di euro al tasso di cambio corrente).

«L’acquisto – si legge in una nota del gruppo liquoristico milanese – rappresenta una «opportunità unica di ingresso nell’importante categoria in crescita del bourbon whiskey».

E in effetti Wild Turkey rappresenta un marchio di qualità elevata e le cui potenzialità di sviluppo sono valutate in modo molto positivo, specie Oltreoceano. La decisione di fare questo passo, da parte di Campari, è stata fortemente influenzata proprio dal significativo aumento della massa critica e dall’ampliamento del portafoglio nel mercato americano, caratterizzato da elevata redditività. A ciò si aggiunge la  creazione di sufficienti presupposti per la creazione di una piattaforma distributiva nell’importante mercato australiano.

«Con Wild Turkey - ha confermato Bob Kunze-Concewitz, Chief Executive Officer di Campari - aggiungiamo un brand di rilevanza strategica al nostro portafoglio e rafforziamo ulteriormente la nostra offerta di premium spirit. Questa acquisizione segna un ulteriore rilevante passo in avanti nella creazione di un player leader a livello globale nel settore spirit. E’ un’opportunità unica di entrare nella categoria chiave del bourbon whiskey e di sfruttare il suo potenziale di crescita attraverso un brand leader a livello mondiale».

«L’operazione – ha proseguito il Ceo di Campari - dimostra la nostra determinazione, in linea con la nostra strategia, di continuare a crescere nel mercato spirit negli Stati Uniti, caratterizzato da elevata redditività. Inoltre, espandiamo la nostra presenza in importanti mercati internazionali, come l’Australia, dove l’acquisizione crea i presupposti per la creazione di una nostra piattaforma distributiva, e il Giappone»