Alla faccia delle relazioni cordiali e costruttive. I rapporti tra industria di marca e Gdo non potrebbero essere più tesi in questo periodo. Alle annose problematiche relative agli aspetti contrattuali e “contributivi”, si sono aggiunte le esasperazioni sui listini di molte categorie dovute al calo dei consumi e agli aumenti dei prezzi delle materie prime a livello internazione. Dulcis in fundo, un’indagine conoscitiva che, avviata lo scorso autunno dall’Antitrust per capire se vi fossero gli estremi per una posizione dominante da parte dei retailer nei confronti (soprattutto) delle piccole e medie imprese fornitrici delle principali catene distributive, sta arrivando alla conclusione. Tra una decina di giorni, il 25 maggio per l’esattezza, Federalimentare parteciperà infatti a un’audizione presso l’Antitrust nel corso della quale saranno consegnati i risultati di un sondaggio effettuato presso un rappresentativo numero di imprese associate per comprendere se vi sono gli estremi di pratiche scorrette imposte ai fornitori e più in generale se si possa configurare una restrizione della concorrenza. Gli elementi d’accusa puntano l’indice contro pratiche di indirizzo dei prezzi, anche tramite scambi di flussi informativi tra le varie centrali d’acquisto. A ciò si aggiungono le note vessazioni in termini di oneri e balzelli al limite del tragicomico (dalla scontistica retroattiva di fine anno a improbabili risarcimenti per incendi accidentali nei magazzini dei distributori, per fare solo un paio d’esempi). Federdistribuzione, naturalmente, respinge le accuse al mittente cercando di dimostrare che, al contraio, le imprese italiane della distribuzione si comportano nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza di mercato. E che, anzi, la funzione delle centrali d’acquisto è di «razionalizzazione e programmazione delle forniture», con positive ricatute sul contenimento della spinta inflazionistica e dei prezzi al consumo. A stabilire chi ha ragione sarà appunto l’Antitrust nelle prossime settimane.