di Emanuele Scarci

Meno birra nei carrelli della spesa e bicchieri pieni in ristoranti e pizzerie. Il 2022 si è chiuso con vendite, nel complesso, in crescita intorno al 4%. Assobirra però sottolinea che il dato è provvisorio e potrebbe variare dopo che saranno disponibili i dati sull’import di novembre e dicembre. “E’ stato un anno complesso - sottolinea il presidente di Assobirra, Alfredo Pratolongo - soprattutto per il boom dei costi di vetro, mais e malto d’orzo, ma anche alluminio, packaging ed energia. Al momento è certa la crescita del canale Horeca a discapito della distribuzione moderna: c’è stato lo switch di canale del post lockdown. E nel complesso i consumi sono cresciuti, a testimoniare anche una voglia di vivere al di fuori delle mura domestiche. Inoltre ha contribuito il turismo che la scorsa estate ha dato un impulso in più”.
Nel 2022 le vendite di birra nella grande distribuzione sono calate del 3% a volume (1,05 milioni di ettolitri) e aumentate dell’1,4% a 2,05 miliardi di euro. Considerando i dati a volume, si contraggono tutte le categorie, a eccezione delle birre analcoliche (+14,4% a 38 milioni) e alcoliche scure (+3,5% a 16 milioni).

In dettaglio, nelle vendite a valore di birra per canali, il 55% se lo ritaglia il supermercato, il 22,6% il discount, il 13% il libero servizio e il 9,6% l’iper. Il trio Heineken, InBev e Peroni controlla il 62,5% del business contro il 10,2% delle marche del distributore.

2023 incerto

Quali le prospettive per l’anno nuovo? Pratolongo non si sbilancia. “Non è detto che il mercato cresca. Troppe le variabili in gioco, anche di tipo macro-economico. Di certo, la filiera della birra ha bisogno di una spinta sia a valle, la riduzione dei costi d’impresa, sia a monte, l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. Per il resto, vedremo come reagiranno i consumatori agli aumenti dei prezzi”.

Nel 2023 inoltre è da verificare se ripartirà quel processo di "premiumizzazione" che aveva caratterizzato il mercato italiano negli ultimi anni: le scelte degli italiani si erano orientate verso birre di maggiore qualità e valore.

Il peso delle accise

Infine, venerdì scorso si è sciolto il primo nodo del 2023. Con il decreto Mille proroghe è stato approvato al Senato un emendamento avallato dal Governo: le accise gravanti sulla produzione di birra, per l’anno in corso, sono mitigate a 2,97 euro a ettolitro, dopo che nella Legge di bilancio non erano stati trovati i fondi necessari per la stabilizzazione a 2,94 euro/ettolitro. Alla fine, si è evitato un più pesante aumento a 2,99 euro/ettolitro.
La riduzione delle accise sulla birra è una battaglia storica ingaggiata da Assobirra. “Siamo soddisfatti dell’esito parlamentare, anche visto quello che era successo l’anno scorso - sottolinea Pratolongo -. Tuttavia il nodo da sciogliere è strutturale. La birra in Italia è l’unica bevanda da pasto gravata da accise, un’anomalia per l’intera filiera. Ridurre la pressione fiscale per la birra contribuirebbe a difendere la nostra filiera da alcuni grandi produttori che godono di un livello di accise fino a 4 volte inferiore al nostro. E questo spiega perché l’import superi il 30%”.