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Todis, l'importanza di essere unici

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Todis, l'importanza di essere unici

Todis, l'importanza di essere unici

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Fabio Massi

Todis in piena evoluzione.

L’insegna, di proprietà di Iges Srl, controllata dalla cooperativa PAC2000A Conad, comprende 250 supermercati (compresi quelli controllati da Addis srl, joint venture con Conad Adriatico), tutti affiliati e a marca privata, fortemente orientati ai freschi e alla prossimità, presenti nel Centro Sud Italia, ha lanciato, a cavallo fra giugno e luglio, nel giro di una quindicina di giorni, un nuovo contest digitale, un nuovo sito e ottenuto dal giornale ‘Il Salvagente’ il premio ‘Zero Truffe’. A fare il punto, con Distribuzione Moderna, è il Direttore generale, Massimo Lucentini.

Partiamo dal nuovo sito. Quali sono le caratteristiche?

Todis.it, rivisitato con il supporto di Gerundio, agenzia creativa con un approccio data driven, svolge un ruolo centrale in un più vasto piano digitale dell’azienda, approccio che ridefinisce i diversi touch point utili al dialogo con gli utenti on line: web, social, direct marketing, advertising. La strategia, su cui stiamo focalizzando la maggiore parte dei nostri investimenti di marketing, ha l’obbiettivo di rispondere in maniera più puntuale e contestuale all’incessante evoluzione dei comportamenti d’acquisto dei consumatori, sempre più informati, connessi e omnicanali. I risultati non tardano ad arrivare: aumento della rilevanza del brand sui social, attivazione di iniziative drive to store e rinnovati rapporti con la nostra community di riferimento. Fiore all’occhiello delle attività di Todis è, inoltre, di aver saputo cogliere le opportunità offerte dalla marketing automation, la quale permette, tramite una metodologia innovativa, di personalizzare nel dettaglio le informazioni e i dati sul consumatore finale, consentendo una comunicazione più efficace, più personalizzata e più rilevante rispetto alle priorità dell’azienda.

Abbiamo parlato di un contest digitale. Di cosa si tratta?

“Todis: Buongiorno Pianeta”, questo il nome, si è svolto dal 9 luglio al 2 agosto e ha permesso a tutti, previa registrazione gratuita, di rispondere a 3 domande sui temi della sostenibilità ambientale. In palio due articoli di valore e rigorosamente ecologici: bicicletta elettrica e monopattino elettrico. A settembre, dal database dei partecipanti, saranno selezionati un vincitore per ogni categoria di premio e 5 riserve. L’iniziativa, anche in questo caso, rientra fra le molte attività che l’insegna ha introdotto per la tutela dell’ambiente: da tempo la nostra sede centrale è assolutamente plastic free e, a breve, saremo nei nostri punti vendita con un restyling dell’intera linea della nostra Acqua Clivia, rinnovata sia nel logo, sia nel pack, realizzato in Repet al 30 per cento. L’insegna ha scelto, già in altri e numerosi casi, di contribuire in maniera concreta alla riduzione dell’utilizzo di imballaggi in plastica, dando così un segnale di cambiamento anche al mondo della grande distribuzione organizzata. Ricordo che attualmente il 90% dei beni di consumo è ancora imballato con polimeri.

E il premio zero truffe?

Essere sostenibili vuol dire anche e in senso lato, assicurare a ogni cliente che, quanto scritto in etichetta, rispecchi la realtà. Così, dal 30 giugno 2020 la nostra linea di rossi "Cuore Mediterraneo" si è arricchita di un nuovo certificato. Todis ha scelto, per questo segmento, la lavorazione tradizionale del produttore Icab, marchio di punta di una filiera certificata e attenta a ogni dettaglio. Pomodori freschi da produzione integrata, 100% italiani, massima sicurezza alimentare e impegno etico contro il caporalato e lo sfruttamento della manodopera, sono i punti fermi di un prodotto che è stato, appunto, riconosciuto e certificato da ‘Il Salvagente’. L’attestazione ‘Zero Truffe’ è stata attribuita dopo aver eseguito test di laboratorio su tutta la gamma, dunque passata, pelati e polpa. In particolare, le verifiche hanno riguardato gli aspetti della filiera produttiva, come la trasparenza e la veridicità di quanto dichiarato in etichetta con i claim "Pomodori 100% italiani” e “Produzione integrata". Sui prodotti sono state effettuate analisi multi-residuali, per ricercare più di 400 specie di pesticidi, definendo requisiti di certificazione particolarmente serrati.

Quale denominatore comune hanno queste azioni?

Il fattore comune è l’esigenza di fare crescere la reputazione di un brand che ha chiuso il 2019 con un fatturato alle casse notevole, di circa 800 milioni di euro, e che si avvale di un formato unico, dunque differente dal discount e dal supermercato. Todis lavora, di fatto, come un monomarca, dunque solo con prodotti esclusivi a marca privata. Ha reparti dei freschi sviluppati con la cura che adotterebbe un supermercato classico, ospita sia sfuso che confezionato, ha una zona gastronomia, talvolta con annessa cucina, che somma panetteria, pizzeria e rosticceria, una macelleria servita e con laboratorio interno, nei negozi più grandi… Tutto questo perché oggi c’è una grande attenzione sia alla genuinità e freschezza dei cibi, sia verso la Mdd di fascia premium. Per noi la focalizzazione sulla PL non riguarda solo i segmenti ad alta crescita, ma tutto l’assortimento, compreso il mainstream, con il risultato di avere una proposta commerciale ben più ampia e profonda di quella di un discount che assomma a circa 2.500 referenze contro le nostre oltre 3.500 nel largo consumo confezionato. Questo perché non deve essere il distributore a scegliere, ma il consumatore che, sullo stesso prodotto, trova sempre alternative di prezzo e di prestazioni. Diversamente dal supermercato la profondità assortimentale è ottenuta attraverso la PL, evitando le ridondanze della marca industriale. La marca famosa è presente nell’assortimento, con circa 50 codici Ean, tutti offerti in una logica di every day low price. Questa piccola ‘concessione’ è naturalmente finalizzata a dare al cliente quei beni molto identificati con il brand, dalla Coca Cola alla Nutella. In questi casi, inoltre, il consumatore è sempre invitato a fare un confronto con la nostra PL, attraverso apposita comunicazione a scaffale.

Che rapporto c’è con la marca privata Conad?

L’insegna è di proprietà di PAC2000A Conad, ma sulla private label non ci sono legami, se non la comunanza di alcuni fornitori, che rappresentano la migliore opzione sul mercato per la produzione di determinate referenze. Inoltre, possiamo contare su contratti di fornitura di ortofrutta e carni con la stessa PAC2000A e con Conad Adriatico. Ma anche nei freschi e freschissimi stiamo sviluppando nostre linee esclusive, da ‘Bontà dell’Orto’, a un’articolata proposta biologica, fino ad arrivare al brand “A Tutto Sapore”, che segue la stagionalità agricola della frutta, garantendo al cliente un prodotto sempre gustoso e venduto in confezioni completamente riciclabili. Nella Private Label la nostra scelta è rimasta quella originaria, ossia di utilizzare una trentina di marchi di fantasia esclusivi, talora marchi ombrello, con una storia, in certi casi, ventennale. Per la verità sul fronte dei nuovi pack abbiamo da qualche tempo inserito come “firma” anche il marchio insegna. Questo vuole essere, per il cliente, la certificazione di garanzia Todis e ci differenzia ulteriormente da altri nostri concorrenti orizzontali. Da poco più di un anno abbiamo avviato un ampio progetto che prevede il completo rifacimento dei packaging che, secondo la nostra nuova concezione, non devono richiamare la grafica e i formati delle marche leader, ma assumere un’identità propria e distintiva, la quale cerca espressamente il confronto con l’Idm. L’esigenza è dare valore e fare percepire la qualità dei nostri prodotti a marchio ed evidenziare meglio le segmentazioni del nostro assortimento tra main stream, segmento medio alto e premium.

Parliamo dei piani di sviluppo…

Ogni anno il nostro programma e di 20-25 aperture. Sviluppo per noi significa sia affiliazione di nuovi imprenditori, sia creazione di nuove opportunità attraverso forme di investimento diretto, anche immobiliare. In questo caso costituiamo aziende di proprietà per darle poi in gestione ai nostri franchisee. L’obiettivo finale è di mettere l’affiliato nelle condizioni di diventare sempre più forte, per arrivare a detenere la proprietà delle aziende e talvolta anche le ‘mura’. È una modalità che funziona molto bene, visto che la media dei punti vendita di proprietà di Todis si aggira su una cinquantina ed è quindi relativamente alta in confronto al totale rete (essendo noi un franchisor). In altre parole, la nostra missione, in sintonia con la logica cooperativa, è anche di creare e fare evolvere aziende familiari con un massimo di 6-7 punti di vendita. Siamo invece meno orientati verso il grande franchisee con 30-40 negozi, un soggetto che necessiterebbe l’implementazione di importanti sovrastrutture, con i conseguenti oneri. Ci importa invece, e molto, promuovere, tra gli affiliati, lo sviluppo delle metrature dei punti di vendita, con la contestuale cessione dei precedenti negozi più piccoli. E’, per l’affiliato, un ulteriore elemento di crescita imprenditoriale, un interessante cambio di passo e di efficienza.

Qual è la vostra metratura ideale?

Posso dire intorno ai 600-800 mq, dunque un medio supermercato di città, con un buon potenziale di attrazione. Ma lavoriamo molto bene anche nella prossimità spinta, con format di 300-400 mq, e, più recentemente, nei superstore intorno ai 2.000 mq. Qui vengono dati spazi maggiori ai freschi e vengono create isole gastronomiche più ambiziose e attraenti, oltre a dispiegare tutto l’assortimento di base. Alcuni ex Auchan Simply, da noi rilevati, arrivavano fino a 2.300 mq. In questi casi il fresco ha raggiunto un’incidenza del 60% sulla superficie commerciale, con lo sviluppo di grandissime macellerie e importanti forni di produzione di pane, pizza e dolci, destinati, a loro volta a rifornire anche altri Todis più piccoli. Altro nostro punto forte sarà l’enoteca, dove stiamo rivedendo la classica segmentazione per fasce di prezzo e, con la consulenza di enologi e sommelier esperti, creando selezioni di vini, fermi e frizzanti, in cui il prezzo stesso non è discriminante. Il progetto, che comporta anche la scelta di una serie di cantine meno note ma di pregio, arriverà a compimento entro l’anno.

Dal punto di vista territoriale come è suddivisa la rete?

Noi siamo nati a Roma e il nostro presidio resta in questa provincia, dove contiamo circa 100 punti di vendita. Lavorando in un’ottica di prossimità e di acquisto quotidiano, siamo interessati ai grandi centri urbani, come per esempio Napoli e la relativa area metropolitana. Volendo, però, essere riconosciuti come uno dei leader del Centro-Sud, partendo da questi grandi nuclei studiamo attentamente le opportunità di crescita in tutto il bacino circostante.

Torniamo e concludiamo con il tema Internet e, in particolare, con il commercio elettronico…

L’e-commerce puro sarebbe contrario alla logica di un gruppo che non può e non potrà mai, attraverso un marketplace, mettersi in concorrenza con i propri imprenditori associati. Dunque, questa forma di vendita è un servizio erogato solo nel non-food e per articoli ingombranti e con una battuta di cassa elevata. Da due anni abbiamo aperto ‘Todis a casa’, una piattaforma che consente di comprare nel punto di vendita preferito, o più vicino, ritirando poi la spesa in negozio, o potendo usufruire di un servizio di home delivery. Attualmente hanno aderito una trentina di nostri supermercati, specie nell’area di Roma. Il grande limite dell’e-commerce rimane il costo: non tanto quello di creazione, design e sviluppo, che può essere ammortizzato, ma quello logistico, che rende il canale ancora non profittevole, specie fuori dai grandi centri metropolitani. L’esigenza di omnicanalità, che oggi piace tanto, è, comunque, secondo me, più un’esigenza delle aziende che dei clienti, i quali vogliono acquistare in modalità multicanale, ma non da tutti. Intendo dire che online, dove c’è meno fedeltà all’insegna, ogni operatore economico deve, in primis, capire il proprio posizionamento. Indubbiamente va mantenuto un valido standard di servizio, ma per la Gdo le formule davvero interessanti restano il drive e il clicca e ritira, che, creando un contatto fisico tra cliente e punto vendita sviluppano un legame vero e, in occasione del ritiro stesso, possono dare luogo a ulteriori spese.

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