Parmacotto supera ogni aspettativa
Parmacotto supera ogni aspettativa
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Nel 2020 Parmacotto ha messo a segno un risultato particolarmente importante, chiudendo il concordato preventivo, omologato nel 2017 con due anni di anticipo.
Come ci spiega l’amministratore delegato, Andrea Schivazappa, il passaggio dimostra l’adempimento di tutti gli obblighi di un piano industriale di grande respiro, presentato alla fine del 2014.
Cosa possiamo aggiungere?
Senza falsa modestia? Che siamo stati molto bravi, tutti quanti, dalla proprietà, al management, a tutti i nostri colleghi. Credo che, in Italia, sia una delle prime volte che questo si verifica, anche se ci eravamo prefissati di concludere questa fase ‘interlocutoria’ con la maggiore rapidità possibile, per dare un’immagine di normalità al mercato e agli stakeholder e rendere coerente il nostro profilo con quello di un brand che, francamente, non ha mai perso il proprio smalto.
Insomma, un anno memorabile. E sotto il profilo dei risultati?
Altrettanto memorabile. Mi spiego: sappiamo tutti quanto il 2020 sia stato anomalo, anche se, in generale, l’industria alimentare si è difesa bene. E questo vale anche, e soprattutto, per Parmacotto che globalmente è cresciuta del 15% - con un +30% per il prosciutto cotto a libero servizio - rispetto a una media della salumeria che si è attestata intorno al +8,5 per cento. E anche in questa prima metà del 2021 l’azienda corre. Sono risultati che vanno al di là di un semplice effetto Covid, che peraltro ha avuto una certa importanza, visto che il nostro portafoglio è, per ora, concentrato sugli affettati a libero servizio, uno dei favoriti dalla domanda.
E a un livello meno generale?
Abbiamo avuto anche noi le nostre pene. Fratelli Boschi di Felino, acquisita nel 2019, e legata molto al mondo horeca, ha risentito della serrata del fuori casa. Lo stesso per Parmacotto Usa, che ha accusato la virulenza della pandemia non tanto in modo diretto, ma in maniera indiretta, visto che il virus ha portato a fermare ristoranti, alberghi e catering in modo molto severo. In ogni caso, quando la ristorazione ha cominciato a riprendere l’attività, tutto è tornato nella norma e la crescita è ricominciata. E così il 2020 si è chiuso decisamente in utile e con un fatturato di oltre 100 milioni di euro, secondo le nostre aspettative.
Ma Parmacotto non vuol dire solo Italia e Usa…
Certo, anche se questi rimangono i due mercati principali, quelli dove ci sono maggiori opportunità di fare un vero discorso di sviluppo del brand su larga scala. I molti progetti che abbiamo sullo scacchiere europeo, ai quali non intendiamo rinunciare, sono stati frenati, dall’impossibilità di viaggiare e dunque di studiare i vari mercati e cercare l’approccio più corretto, un’operazione che va svolta in loco. È andata bene in quelle nazioni dove l’azienda era già consolidata, dalla Spagna all’Europa centrale. Accantonata invece, e non solo a causa della pandemia, la progettualità verso l’Asia, che, pur essendo un mercato molto ampio, è anche difficile da conquistare, con gusti tutti suoi e canali che vanno ben compresi.
Lo smart working vi ha creato problemi?
Credo che tutto a questo mondo abbia un lato positivo. Per noi il lavoro in remoto, e parlo del management e del personale di sede, è stato una buona occasione per trovare il tempo di riflettere sulla nostra struttura. Abbiamo così varato un nuovo progetto di informatizzazione, che ci permetterà di lavorare in modo più rapido, efficiente e razionale. Inoltre, abbiamo avviato una collaborazione, con Studio Ambrosetti, per aprire alcune priorità strategiche, come la diversificazione del marchio al di là del mondo dei salumi, un’operazione decollata da pochi giorni, con l’ingresso nell’area di consumo della merenda. Il primo prodotto combina un panino al salame, un succo alla pesca a marchio Yoga (Valfrutta) e un cioccolato Ritter. La partnership con altre grandi aziende ha catturato da subito l’interesse della distribuzione.
Altri progetti?
Ne abbiamo davvero tanti, ma posso dirle che non abbiamo mai allentato e non allenteremo mai, l’attenzione sul tema del benessere, sulla riduzione del sale e di altre componenti potenzialmente negative per la salute. E aggiungo che abbiamo portato avanti la realizzazione di packaging eco compatibili e riciclabili e l’affinamento di tecniche di lavorazione ai massimi livelli, come la lenta cottura e l’impiego di parti anatomiche intere. Per il canale normal trade, molto importante in quanto ci assicura un presidio capillare dei territori, stiamo organizzando nuove modalità di presenza, soprattutto nel Centro-Nord, dove ci sono molti interlocutori potenziali nel mondo della piccola e grande ristorazione. Già oggi il dettaglio tradizionale e il fuori casa sono comunque, per noi, fortemente in positivo, con una crescita del 15 per cento circa.
Parliamo di private label. Nel 2020 hanno compiuto un grande balzo. Sono da temere?
Anche se la crescita delle private label è significativa e rappresenta un grande competitor, ritengo che sul mercato ci sarà sempre spazio per marchi come il nostro, i quali possono contare su un’ampia notorietà e su un profilo qualitativo da tempo riconosciuto dal consumatore. Tendenzialmente i marchi del distributore non sono il nostro business, anche se danno un contributo al nostro fatturato del 15 per cento circa. Ma quando decidiamo di fare Mdd, lo facciamo come sappiamo, collaborando a progetti che non puntano al prezzo, ma allo sviluppo di nuove idee nella fascia premium.
Comunicazione: quali sono i vostri canali preferiti?
Faccio una premessa: negli ultimi 20 anni il vissuto dei salumi è molto migliorato e, grazie all’innovazione, oggi essi possono rientrare a pieno titolo nell’area del benessere. Dunque, noi collaboriamo tranquillamente con il mondo dello sport. Attualmente uno dei nostri principali testimonial è il giovane campione di tennis, Lorenzo Musetti. Gli allenatori e i nutrizionisti che seguono gli atleti sono ottime fonti per dirci quali prodotti sono utili e graditi a persone le quali, per dare il massimo, devono essere in perfetta salute. Le collaborazioni con personaggi famosi trovano spazio soprattutto sui social, dove abbiamo anche un’altra testimonial di grande rilievo in Federica Brignone, campionessa di sci alpino e influencer per i temi del fitness.
E i mezzi classici?
La Tv è sempre molto importante e, all’inizio del 2020, siamo tornati su questo canale, dove intendiamo proseguire la nostra attività. Le indagini sull’ascolto ci restituiscono dati molto lusinghieri e, del resto, il mezzo non ha mai perso il proprio posto centrale all’interno del menu mediatico delle famiglie italiane.
Concludiamo, di nuovo, con il Covid. Qual è stato l’impegno dell’azienda?
Mettere in sicurezza soprattutto gli oltre 150 lavoratori addetti alla produzione non è stato semplice, anche perché l’emergenza, un virus prima sconosciuto, è cominciata di punto in bianco, a marzo 2020. Abbiamo seguito tutte le regole dettate dalle Istituzioni, governative e scientifiche, andando anche oltre. Questa attenzione, insieme ai premi di produzione, ha contribuito a cementare la coesione interna e ci ha permesso di non avere nessun caso di contagio da Covid. Del resto, Parmacotto è andata oltre il proprio ambito aziendale e, con l’Istituto di Pediatria dell’Università di Parma, ha avviato il progetto ‘Connessioni’. Il primo scopo era di supportare i ragazzi in un anno tanto difficile, che li ha privati del contatto umano con amici e compagni, che li ha portati spesso, per noia o depressione, a mangiare troppo e male o, al contrario, troppo poco. Ma il progetto si è concentrato e si concentra anche su fenomeni vasti e deprecabili, come il bullismo e il cyber bullismo, che hanno poco a che fare con la pandemia. E di questo sono molto fiero: i ragazzi sono il nostro futuro e aiutarli è un dovere.
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