Loyalty: uno strumento prezioso per contrastare la crisi
Loyalty: uno strumento prezioso per contrastare la crisi
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L’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma si occupa da oltre dieci anni di delineare il panorama delle attività di loyalty marketing della GDO nel nostro Paese.
Nell’edizione 2012 della Ricerca Annuale ha ampliato il proprio campo di studi con l’obiettivo di mostrare le peculiarità e i trend delle strategie di fidelizzazione dell’Industria, oltre che, come di consueto, della distribuzione alimentare e di altre categorie di imprese comprese nell’etichetta Retail, come la distribuzione specializzata, viaggi e vacanze, farmacie, profumerie, petrol, banche e assicurazioni. Abbiamo chiesto a Cristina Ziliani, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Fedeltà, di tracciare una panoramica del settore e svelarci qualche anteprima dell’edizione 2013.
Qual è lo scenario attuale relativo alla promotion e loyalty marketing in Italia?
Di questo parleremo senz’altro al convegno del prossimo 25 ottobre all’Università di Parma perché il nostro Osservatorio Fedeltà segue e fa un monitoraggio, delle attività di loyalty a livello nazionale e internazionale da oltre 10 anni. Il nostro paese è un mercato che dal punto di vista della loyalty è diventato maturo molto rapidamente, parliamo di una diffusione delle carte fedeltà nel 90% delle famiglie (dati Nielsen) e di una quota del fatturato, ad esempio delle aziende GDO alimentari, registrato con carta del 75%. Dal punto di vista delle attività di loyalty tradizionali siamo senz’altro in una situazione matura.
Si tratta però anche un mercato che si è dimostrato molto vivace negli ultimi anni dal punto di vista delle attività promozionali di tipo digitale, quindi dal punto di vista di tutto ciò che è stato introdotto per la fidelizzazione legato agli strumenti web e mobile sia da parte delle aziende di servizi e distribuzione, ma anche dalle aziende produttrici di beni di consumo. Questa è una grande tendenza anche a livello internazionale. Le aziende industriali, soprattutto i grandi marchi, stanno scoprendo molto l’utilizzo del digitale per promozioni fidelizzanti. Pensi al programma Kellogg Family Reward, programma fedeltà online che riguarda il 90% dei brand dell’azienda. L’altro “pezzettino” del mosaico dal punto di vista della dinamicità è quello che c’è stato negli ultimi anni con la riscoperta delle promozioni speciali e delle short collections, le raccolte di breve periodo, che è una tendenza tuttora in atto. Poi c’è il fermento sul fronte dei coupons, con un inizio di sviluppo del mercato degli “intermediari di coupons”, che da noi è nascente, mentre all’estero è affermato. Si veda quello che sta facendo Valassis con il Corriere della Sera. C’è da dire che il mondo promozionale è un mondo in cui bisogna sempre inventarsi qualcosa di nuovo, perché il cuore del fare promozione è proprio fornire uno stimolo nuovo e temporaneo per indurre un comportamento nel cliente. Ci vuole quindi sempre novità.
Il settore ha risentito della crisi?
In generale il comparto delle attività promozionali in Italia è molto variegato poichè si tratta di attività svolte da agenzie pubblicitarie, agenzie promozionali, fornitori di servizi, gestori di dati, fornitori di tecnologie, agenzie specializzate in concorsi e tanti altri. Quella parte del business della loyalty che ha che fare col digitale credo mostrerà risultati positivi; non ho dati ancora su altri ambiti, come i fornitori di premi per cataloghi. Non è un tipo di monitoraggio che abbiamo fatto di recente, quindi prenda con cautela le mie osservazioni. Non sono in grado di dare un’informazione aggiornata. Sarebbe infatti necessario guardare a dei dati di settore chiedendo magari alle associazioni di categoria. In questi anni di crisi i consumatori sono più attenti alle opportunità di risparmio, quindi ad esempio all’utilizzo dei punti fedeltà per ottenere sconti, sia all’opportunità di ottenere qualcosa gratuitamente quindi appunto i regali dei programmi fedeltà, gadget, extra benefit. Dal punto di vista della partecipazione del cliente al mondo loyalty posso dirle che è in crescita, i consumatori sono molto attenti a queste cose e le gradiscono; come le dicevo però, visto che si tratta di una mare variegato, ci sono dei comparti più dinamici ed altri meno dinamici. Visto che vi sono moltissimi player qualcuno sta crescendo, qualcuno risente più della crisi.
Inizialmente mi parlava di carte fedeltà. Quali sono, nelle strategie aziendali, gli strumenti per fidelizzare i clienti oltre alle carte fedeltà?
Diciamo che innanzitutto è necessaria una premessa. Non è la carta che fidelizza il cliente, ciò che fidelizza il cliente è un prodotto o un servizio di alta qualità, una proposta di marketing di valore per il cliente stesso. La carta fedeltà è soltanto uno strumento per riconoscere il cliente quando torna e poterlo identificare e di conseguenza dargli quei benefici che altrimenti sarebbero dati al buio, senza sapere quanto quel cliente vale per l’azienda, in modo mirato e comunicare con il cliente in modo mirato. I dati servono per parlare in modo mirato con lui, in questo dialogo, in cui si propongono cose che non sono massificate ma basate sulla preferenza del cliente, basate sulle sue esigenze e studiate sul suo comportamento passato, in questo dialogo il cliente trova una soddisfazione, e questo sostiene la sua fedeltà a un prodotto o un servizio di qualità. Senza il prodotto o il servizio di qualità, senza il valore percepito dal cliente, la carta fedeltà non serve a nulla.
Data questa premessa, quali sono gli altri strumenti di fidelizzazione usati dalle aziende?
Per tracciare il cliente, oggi, gli strumenti sono tanti. Intanto ci sono dei business dove i dati del cliente l’azienda li possiede per definizione. Le faccio l’esempio delle banche, piuttosto che degli editori che vendono riviste in abbonamento, piuttosto che molti servizi online, o le public utilities. In questo caso il database c’è già perché i clienti danno i propri dati per avere il prodotto o il servizio. Non resta altro, quindi, che lavorare e fare l’analisi di questi dati, messi nella forma opportuna per fare l’analisi di marketing e poi costruire un piano di comunicazione mirata, di sviluppo di prodotti promozionali mirati e quello della strategia di marketing che va a creare prodotti e servizi per quella fascia di clienti che interessano di più. Ci sono quindi settori dove l’analisi si fa perché il business consente di avere i dati. Molto più svantaggiati sono quei settori che devono attuare strategie per raccogliere dati di cliente. In molti comparti si usa lo strumento della carta fedeltà di plastica; questa negli ultimi anni è stata sostituita progressivamente dallo smartphone, per cui, vuoi nella forma più semplice, l’immagine della carta memorizzata nello smartphone, vuoi con il riconoscimento attraverso l’etichetta RFID dell’apparecchio telefonico, vuoi attraverso la app, il bluetooth oppure attraverso delle credenziali digitali come possono essere username e password quando l’azienda si relaziona al cliente tramite l’interfaccia web, i modi per fare identificare il cliente grazie alla tecnologia sono sempre di più, e per fortuna anche a costi sempre più accettabili per l’azienda.
Visto che si parla di servizi che aziende terze offrono al settore della grande distribuzione, dai dati in vostro possesso quali sono i servizi più richiesti dalla GDO rispetto a quelli richiesti dall’industria?
Non ho una risposta da questo punto di vista se non le considerazioni fatte sopra: l’industria non ha dati diretti sui propri clienti, quindi ha bisogno iniziative per tracciarli. Quello che le dicevo è che l’industria di marca sta senz’altro investendo molto in questi ultimi anni sia nella costruzione di iniziative di fidelizzazioni digitali sia nel cominciare ad analizzare i dati dei clienti.
Suppongo comunque che la GDO si avvalga principalmente della carta fedeltà.
La carta sicuramente, ma dietro la carta c’è un mondo di altri servizi, c’è la gestione del database, c’è la creazione di attività promozionali, quindi i fornitori potenziali di servizi di marketing per una grande azienda della distribuzione possono essere tanti. Ci sono poi aziende della GDO che alcune di queste attività le gestiscono in proprio, ad esempio comporre il catalogo dei premi per dare il regalo ai clienti, si tratta di essere capaci di fare gli acquisti, quindi molte catene della GDO avendo competenze specialistiche elevate negli acquisti il catalogo se lo compongono da sole. Molte altre invece si rivolgono a fornitori specializzati di servizi di costruzione di cataloghi, perché danno ovviamente dei servizi in più come il diritto di reso, la logistica, piuttosto che lo scouting di prodotti innovativi, quindi è un ambito dove la differenza sta tra aziende che fanno tutto in casa e aziende che invece reperiscono molti tipi diversi di servizi specialistici della loyalty sul mercato. Poi ci sono agenzie che fanno tutto e specialisti soltanto di alcuni “pezzetti” di queste attività.
Quindi, per le aziende che utilizzano questi strumenti, è importante anche attuare il monitoraggio continuativo della fedeltà?
Assolutamente sì. Con la nostra ricerca annuale ormai possiamo dire che la misura e il controllo dell’andamento della fedeltà dei clienti è una prassi consolidata in tutto il mondo dei servizi e comincia a diventare una prassi molto diffusa, anche se con altri strumenti, nel mondo dell’industria. L’importanza di misurare la fedeltà è molto chiara per le aziende in Italia già da diversi anni.
Per quale motivo il concetto di CRM è molto importante per le aziende?
CRM è una sigla che sta Customer Relationship Management. In senso tecnico sono gli strumenti per fare la raccolta dei dati, l’analisi e in generale le azioni sui dati che servono per le strategie di marketing rivolto ai singoli clienti. In senso più ampio si chiama CRM l’orientamento a raccogliere dati sul cliente e a misurare i comportamenti, quindi una sorta di “filosofia” dell’azienda. Il CRM supporta una filosofia di fidelizzazione e l’azienda votata alla fedeltà utilizza strumenti di CRM.
In tempo di crisi investire in loyalty può aiutare le aziende?
Assolutamente sì perché esiste ricerca scientifica da ormai più di 15 anni che dimostra che buona parte del risultato economico e dei profitti aziendali è prodotta dai clienti fedeli, molto di più di quanto prodotto da quei clienti che acquisisco oggi e perdo domani. Lavorare per conservare i propri clienti e il business del proprio cliente è senz’altro una strategia che protegge i profitti di lungo periodo dell’azienda. Quando aumenta la pressione promozionale; i clienti sono esposti a tante proposte e iniziative ma hanno nella mente l’immagine positiva del proprio fornitore abituale, quindi il fornitore abituale non deve abbandonarli in tempo di crisi perché ha questo capitale di fiducia da proteggere. Ricordandogli che l’azienda esiste e continuando a trattarlo in modo differenziato conserva il cliente dell’azienda, lo rassicura, in tempo di crisi c’è la necessità di rassicurare il cliente sul valore di ciò che acquista, sul fatto che non perda opportunità rinunciando alle promozioni dei concorrenti, quindi bisogna parlare col cliente in tempo di crisi, molte aziende invece legano l’investimento in comunicazione al fatturato, e quando cala il fatturato si spende meno per comunicare, invece questo bisognerebbe fare. In più quando io ho un database di clienti posso comunicare in modo efficace, perché scrivo, parlo, telefono, mando email, con questi mezzi diretti che spesso costano poco mantengo la relazione. Magari non ho il denaro per investire su mezzi di massa, ma vale molto di più investire sui mezzi mirati perché sono questi che fanno sentire il cliente speciale, che fanno sentire la relazione. Quindi senz’altro in tempo di crisi investire sui clienti fedeli paga.
Quali sono le tendenze future di questo mercato, le previsioni che avete a questo proposito?
Diciamo che senz’altro la crisi ha reso le aziende più attente perché i fatturati non crescono e le ha stimolate ancora di più a investire in modo oculato nelle attività di marketing scegliendo solo quelle che danno riscontri e risultati, un ritorno concreto sull’investimento. Credo che le aziende stiano riscoprendo la necessità di avere un database dei clienti per poter attuare delle misure, per poter vedere quanto ha reso l’investimento per investire in modo sensato. C’è una maggiore attenzione, maggiore rispetto al passato, per le iniziative di fidelizzazione, per le iniziative dirette sui propri clienti. Ne parleremo come le dicevo a Parma il 25 ottobre, al Convegno “Crescere con la fedeltà in tempo di crisi”. Tutti i dettagli su www.osservatoriofedelta.it
Stefania Lorusso
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