di Maria Teresa Giannini

Il Tavoliere è noto ai più per il suo grano e i suoi ortaggi e proprio lì, nel 1999, è iniziata una storia “spinosa”: da allora infatti, Italcarciofi di San Ferdinando di Puglia, nella Bat, ha mosso i suoi primi passi. Da quando Mauro Garofalo cucinava e confezionava i carciofi che la sua stessa azienda coltivava, Italcarciofi è cresciuta e si è evoluta. Oggi produce 1054 referenze fra conserve sottolio, sottaceto, antipasti, creme. Nel suo stabilimento operano dai 70 ai 200 operai, cosa che avviene nel periodo di campagna (gennaio – giugno) quando il lavoro è molto e frenetico, e un team stabile di 12 professionisti cura l’aspetto amministrativo, grafico e commerciale. È una realtà familiare giunta alla seconda generazione, quella di Michele e Francesco Garofalo (figli di Mauro), che si sta lanciando sui mercati internazionali e che nel 2021 ha registrato un fatturato di circa 21,5 milioni, per un totale di circa 8 milioni di unità vendute, come ci spiega Ilaria Camporeale, head of trade marketing department.

Riavvolgiamo il nastro: come mai 23 anni fa la famiglia Garofalo si imbarcava. nel business dei carciofi?

Il territorio in cui viviamo e lavoriamo ha una vocazione naturale all’ortofrutta e i carciofi sono uno dei prodotti di punta, sebbene a saperlo siano quasi solo gli esperti del settore. Il carciofo è anzi l’ortaggio più raccolto in tutta la Regione (parliamo di 1000 tonnellate all’anno) e la provincia di Foggia è in testa, insieme a quella di Brindisi. Il nostro è un ottimo prodotto ed è per questo che stiamo puntando ad ottenere il riconoscimento della certificazione Igp, come già successo al carciofo brindisino negli anni 2000.

Il più famoso dei carciofi italiani, quello romanesco, è proprio. Igp: in cosa è diverso un carciofo pugliese?

La differenza non sta nelle qualità organolettiche, che sono le stesse per entrambi, e nemmeno nel tipo di terreni adatti alla coltivazione delle varie qualità. Il carciofo romanesco ha un’inflorescenza più larga e rotonda che ricorda un po’una rosa, mentre il carciofo pugliese è più simile a un tulipano. Il motivo per cui le due colture sono talmente radicate nei due diversi territori italiani ha semplicemente ragioni storico-culturali, come quella di essere protagonisti di alcune ricette tipiche molto popolari, per esempio “la giudia” per il carciofo romanesco. Va ricordato però che, in Italia, esistono molte varietà di questo ortaggio: le nostre, nello specifico, sono prevalentemente Magidrigàl e Violetto.

Quando e perché in Italcarciofi si è deciso di cimentarsi anche nella lavorazione di altri prodotti sottolio?

Come spesso succede, tutto è nato dagli stimoli della clientela: dopo i primi 5 anni passati a commercializzare solo carciofi, arrivavano sempre più richieste per altri ortaggi e così il Mauro Garofalo e la sua famiglia hanno deciso di ampliare la propria gamma di prodotti, integrandola sempre con materie prime locali.

Dunque, oltre ai carciofi, peperoni, melanzane, zucchine, cipolle, olive e pomodori, sono tutti del territorio pugliese?

L’85% di ciò che usiamo arriva dal circondario ed è quindi da considerarsi quasi a Km “0”. Un esempio su tutti è quello delle cime di rapa pugliesi. In altri casi, i vegetali vengono da altre zone della nostra regione o dal Sud Italia. Sono davvero rarissimi quelli che non appartengono alla produzione locale, come i funghi, che non provengono dalle Murge (il territorio più vicino).

Quali sono i canali di distribuzione con cui lavorate? Producete private label?

Italcarciofi è nata sviluppando una rete vendita Horeca. Oggi questo canale assorbe il 50% della produzione, ma l’altra fetta equivalente è destinata alla Gdo, inclusi piccoli esercenti locali. Un risultato che per noi non era scontato e che abbiamo raggiunto a fatica, ma di cui siamo orgogliosi e che, oltretutto, denota quanto, nel tempo, siamo stati capaci di strutturarci, passando da una realtà che lavorava “a richiesta” a un’impresa che opera con tempistiche e ritmi industriali, pur mantenendo l’artigianalità delle ricette. Con il nostro marchio, serviamo Aspiag (cioè Despar Nordest), Pam Panorama, Coop Alleanza 3.0 e Unicoop Firenze, mentre attraverso il marchio del distributore vendiamo in Eurospin, Maxidì, Lidl , Aldi Sud e anche all’estero....

In particolare, dove?

Fuori dall’Italia i Paesi in cui siamo più presenti sono la Germania, se parliamo di Unione Europea, e il Canada, insieme a Brasile, Cina e Russia.

L’invasione dell’Ucraina, allora, avrà in parte scompaginato i vostri piani…

Con la guerra abbiamo perso gli introiti che arrivavano dalla Russia, per fortuna nulla di consistente (intorno all’1% del fatturato) e anche i clienti ucraini, per forza di cose, ci hanno comunicato di dover interrompere i contratti con noi. Ma gli effetti più gravi, tuttora visibili, del conflitto sono i problemi con i materiali del packaging, come vetro e alluminio (confezioniamo anche in lattine) e nell’approvvigionamento dell’olio: prima della guerra in Ucraina i nostri “sottoli” per l’Italia e il mercato europeo erano realizzati con olio di semi di girasole; per il mercato americano, invece, realizzavamo la linea dei Marinati, ovvero prevalentemente in acqua, spezie e una piccola componente di olio evo o olio di semi di girasole; ora anche per l’Italia è utilizzata questa tecnica, che è stata pienamente accolta per esempio da Eurospin.

Sul vostro sito alla voce “vision” si legge: vogliamo aiutare la gente a scoprire l’arte del saper mangiare bene, immersa in un’unica miscela di gusto e innovazione... In cosa trova innovazione il vostro cliente?

Innanzitutto, e soprattutto, nel prodotto in sé in termini di ricetta: per esempio, abbiamo il cosiddetto tris di carciofi italiani, una sorta di punto d’incontro di tre tipologie di carciofi (intero, grigliato e casereccio) in un unico vasetto. Per ottenere questo risultato, abbiamo studiato una ricetta capace di far convivere tre diversi sapori, unici nella loro identità, la cui coesione è merito principalmente dell’esperienza dei nostri responsabili di produzione. L’innovazione risiede anche nella scelta dei nostri vasetti, che definiamo gourmet, dallo stile semplice, lineare, moderno, in un momento storico in cui i competitor tendono a creare un packaging rustico che richiami la ruralità. L’ambizione dell’azienda è stata, e sarà ancora per il futuro, quella di distinguersi e rendersi riconoscibile: qualità del cibo e design sono senz’altro due tratti caratteristici.