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Dorelan non dorme sulle nuove aperture Dorelanbed

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Dorelan non dorme sulle nuove aperture Dorelanbed

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Redazione

Nata nel 1968 per volontà dei due soci fondatori, Pietro Paolo Bergamaschi e Diano Tura, Dorelan, che festeggia i 50 anni, è oggi è una delle più note aziende italiane specializzate nel settore del bedding: produce esclusive collezioni di materassi, letti, sommier, reti, guanciali e complementi d’arredo per la camera da letto.

br>Vanta una rete di oltre 1.000 rivenditori in Italia e nel mondo e più di 2.500 clienti in campo alberghiero. Nel 2002 è nato ‘DorelanBed’, progetto franchising che ha portato alla realizzazione di una catena di oltre 70 monomarca. Dal 2005 l’azienda è anche fornitrice delle prime compagnie crocieristiche italiane, Costa e MSC, e nel 2006 è stata fornitrice ufficiale dell’intero Villaggio Olimpico dei Giochi invernali di Torino. Oggi il gruppo ha un ambizioso progetto retail, come spiega, a ‘Distribuzione Moderna’, il direttore marketing, Riccardo Tura.

Quali sono i vostri obiettivi di sviluppo?

Nel 2017 abbiamo aperto 12 punti di vendita e le previsioni 2018 sono di una quindicina a partire da Asti, Cuneo e Chiavari. Stiamo accelerando, specie sui negozi diretti, e l’idea è di suddividere gli opening in modo equo tra affiliazione e proprietà. Abbiamo avuto una fermata nel 2015-2016, per il processo di conversione della rete e di cambiamento del modello distributivo. Siamo passati da negozio di materassi a distributori della nostra intera gamma bedding e questo ha comportato, talvolta, un cambio di affiliati: non tutti se la sono sentita di fare questo salto.

Il canale diretto ha un peso crescente. Per quale motivo?

Fino a due anni orsono i punti vendita erano tutti in affiliazione. Tuttavia, dal 2015, abbiamo avviato la proprietà, specie per presidiare le zone di più difficile penetrazione, come l’estero. Oltre confine abbiamo aperto, in affiliazione, a Madrid e a Parigi, ma in questi casi i problemi diventano ben più complessi in presenza di un soggetto terzo come un franchisee. Sulla proprietà abbiamo fatto una serie di test in Italia, per capire a fondo pregi e difetti di quella che era per noi una formula nuova e che oggi, invece, ha 11 indirizzi sul nostro territorio. All’estero continuiamo a presidiare le due capitali, in Francia e Spagna, e un nostro affiliato sta per inaugurare a Seoul.

Altri piani per l’estero?

Al momento la nostra presenza oltre frontiera non è organizzata. Possiamo parlare di un test, che ci consentirà di espanderci con la rete diretta. L’estero rimane però un orizzonte difficile: i bisogni, in fatto di rigidità o morbidezza dei materassi e di misure standard, cambiano da Paese a Paese. Questo presuppone un adeguamento delle tecnologie e buoni investimenti, ma implica anche il rischio di una perdita di identità. Invece vogliamo rimanere un’azienda italiana per italiani e non un semplice esportatore.

Il design italiano è un ottimo argomento…

Questo è verissimo, specialmente in Asia, mentre in Europa il vantaggio competitivo si accorcia. Devo però aggiungere che non abbiamo solo prodotti dove a contare è l’aspetto. I materassi, per noi molto importanti, sono soprattutto un concentrato di tecnologia, un elemento ‘invisibile’ ma che assicura, grazie a un’opportuna scelta di materiali e processi produttivi, prestazioni sempre ottimali e durevoli.

Torniamo ai punti vendita. Quali sono i vostri format?

Il 60% della rete è composto da negozi di 200-220 mq nella fascia della prima periferia urbana e con buon parcheggio vicino. Un altro un 30% è formato da punti vendita più centrali e piazzati nelle maggiori città: in questi casi, anche per via di canoni locativi alti, dimensioni e assortimenti vengono alleggeriti. Il restante 10% è dovuto a negozi più grandi, un canale sul quale non pensiamo di insistere più di tanto in termini di aperture. Per quanto riguarda, infine, gli aggregati commerciali abbiamo solo un affiliato, a Voghera, presso Shopping Park Est. È un’eccezione: retail park e shopping center hanno affitti consistenti, per noi poco giustificati. Parliamo infatti di beni che non rientrano negli acquisti di impulso, che comportano spesso più di una visita e che hanno uno scontrino medio elevato.

Commercializzate anche prodotti di terzi?

No, tutto è a marchio Dorelan e il 90% è prodotto da noi. Il restante 10%, come biancheria da letto, piumini e altri complementi, arriva da fornitori di fiducia. È una scelta che dà buoni risultati: infatti i ricavi, nel 2017, sono saliti dell’8% per raggiungere 45 milioni di euro, di cui 10,5 dovuti alla parte retail.

Ottime cifre ottenute per giunta in un mercato molto competivo…

Confermo che non è un business semplice. Da un lato le transazioni immobiliari sono stagnanti e dunque la domanda di primo equipaggiamento è debole. Dall’altro c’è la concorrenza di mercatoni e catene organizzate come Ikea, che tuttavia operano nell’entry level. C’è poi l’online che ha numeri piccoli, intorno al 2-3% del mercato, ma tutto sommato impattanti per un settore statico. Aggiungo che se da noi le quote del digitale sono compresse dal bisogno di vedere e toccare i prodotti più volte prima di decidere, in alcuni Paesi asiatici, come Taiwan, Corea e Malesia, la telematica ha un’incidenza del 15% circa.

In questo scenario come si posiziona il retail classico?

Negli anni passati abbiamo assistito a un riposizionamento doloroso. I tipici rivenditori di mobili e bedding non sono riusciti ad assorbire i contraccolpi della recessione. Diversamente le catene come la nostra, che possono assicurare al franchisee una forte visibilità e una serie di ammortizzatori, dimostrano un ritrovato dinamismo e ritengo che il futuro, almeno nella fascia medio-alta, premierà quegli imprenditori che, nonostante tutto, hanno il coraggio e la forza di lanciare catene organizzate.

Chiudiamo con una domanda su Élite, il segmento delle Pmi ad alto potenziale di Borsa Italiana. Come vi ha aiutato nel vostro percorso?

Élite, nella quale siamo entrati alla fine del 2014, è stata una buona opportunità. Ci ha fornito gli strumenti utili per intraprendere una qualificazione del livello manageriale, con uno staff composto anche da dirigenti esterni, cioè di estrazione non familiare. In sostanza è stata un luogo di ripensamento per passare a una tipologia imprenditoriale più evoluta.

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