Di quanto le promozioni in Gdo siano insistenti in questo periodo di crisi e puntino a sedurre il consumatore con i mezzi più persuasivi, compreso il rischio di danneggiare l’immagine di alcuni prodotti, consapevoli che lo siano o no i fornitori, è evidente a tutti. Sorprende tuttavia che a finire sulle pagine a colori di un quotidiano come il Corriere della Sera e su giganteschi manifesti stradali sia addirittura il Brunello di Montalcino riconosciuto come una punta di diamante dell’enologia nazionale e venduto normalmente sopra i 25 euro la bottiglia nelle annate di minor pregio.

Ebbene Eurospin lo promuove, non specificando chi lo produce, a 9,89 euro, dichiarando uno sconto di 5,10 euro, mentre Iper taglia del 50% il prezzo di quello delle Tenute Nardi offrendolo a 13,90 euro. Certo si tratta di promozioni, che tuttavia stabiliscono nella mente del consumatore un diverso posizionamento di prezzo del Brunello di Montalcino, un po’ come è accaduto in questi mesi con l’olio extra-vergine d’oliva intorno al quale s’è scatenata la polemica per quei 3 euro al litro proposti da marche note e meno note con i quali, sostengono gli olivicoltori, non si pagano nemmeno le spese di raccolta delle olive. E per inciso: nella stessa inserzione Eurospin offre un extravergine nientepopodimenoche a 2,65 euro al litro.

La crisi effettivamente non guarda in faccia nessuno e chi deve promuovere le vendite lo fa evitando di allungare lo sguardo su un futuro a visibilità scarsa. Che ne sarà insomma dell’immagine del Brunello? “Possiamo fare poco per contrastare queste iniziative”, dice Stefano Campatelli, direttore del Consorzio incaricato dal ministero delle Politiche Agricole di tutelare e valorizzare il Brunello. “Possiamo invece fare opera di persuasione nei confronti dei produttori affinché non producano oltre misura con il rischio di dover deprimere i prezzi offrendo private label molto ambìte dalle catene della Gdo”.

Che certe promozioni possano fare rumore per la loro aggressività è infatti dovuto anche alla quantità di Brunello disponibile, molto più che in passato. “Negli anni ’90 la produzione era di circa 4milioni di bottiglie l’anno, mentre la domanda era quasi doppia - spiega Campatelli - così si decise di aumentare le superfici coltivate a Sangiovese, l’uva dalla quale si ricava il Brunello, portandole da 1.300 ettari circa a 2mila. Tanto che ora la produzione media si è alzata a 7milioni di bottiglie. Il mercato si è però fatto più difficile, la crisi si sente anche da noi e questo ha probabilmente spinto alcuni degli oltre 200 produttori di Brunello a imbottigliare con private label abbassando i prezzi. Per non parlare di chi comunque vende sottocosto usando il nostro vino come richiamo efficace”.

Il destino è segnato? “No - continua Campatelli - abbiamo già modificato il disciplinare di produzione portando la resa ammissibile delle uve per ettaro da 80 a 70 quintali, proprio per contenere la produzione e frenare la discesa dei prezzi. In questo senso qualche segnale atteso l’abbiamo già ricevuto”.

Il prezzo del Brunello è però condizionato anche dalle annate. Il più giovane sul mercato, quello del 2006 (la Docg toscana può essere messa in vendita dopo cinque anni di maturazione) è stato classificato a “cinque stelle” mentre quello del 2005 si era fermato alle “quattro stelle” per cui pur essendo di un’annata precedente, il che di solito aumenta il valore di un vino, quest’ultimo ha un prezzo inferiore.

Certo sarà difficile che prezzi “popolari” possano essere praticati su marchi come Biondi-Santi, antesignano del suo successo. Biondi-Santi ancora suscita emozione quando organizza la ricolmatura delle vecchie bottiglie sotto l’occhio vigile di un notaio. Dopo parecchi anni, infatti, un minimo di vino tende a svanire da tappi pur di altissima qualità che il tempo mette a dura prova e chi vuole mantenere alto il valore di certe bottiglie ricorre appunto alla ricolmatura con Brunello della stessa annata che l’azienda conserva a lungo in botte proprio per garantire questa esclusiva operazione.    

Il Brunello di Montalcino “fatto” come si deve e ben conservato è un vino visivamente limpido, brillante, di colore granato vivace. Ha profumo intenso, persistente. Si riconoscono sentori di sottobosco, legno aromatico, piccoli frutti e una leggera vaniglia dalla maturazione in botti di rovere. Al gusto ha corpo elegante e armonico, asciutto con lunga persistenza aromatica.

Per le sue caratteristiche sopporta lunghi invecchiamenti che lo fanno migliorare col trascorrere degli anni. Per quanto tempo il miglioramento continui dipende dall'annata. Si va da un minimo di 10 anni fino a 30, ma può essere conservato anche più a lungo nel modo giusto: in un luogo fresco, ma soprattutto a temperatura costante, al buio e senza vibrazioni, con le bottiglie tenute adagiate. La robustezza del corpo permettono abbinamenti con piatti importanti come carni rosse e selvaggina da penna o da pelo. Ma si accosta molto bene pure a formaggi stagionati e pecorino toscano.

A.M.