AssoDistil, l’Associazione nazionale degli industriali distillatori di alcoli e acquaviti, che già nel 2006 aveva chiesto e ottenuto dall’Unione Europea un apposito provvedimento antidumping, della durata di cinque anni, ora potrà contare su un’azione analoga per un altro quinquennio.

“Da circa dieci anni, le aziende cinesi riescono a vendere ingenti quantità di acido tartarico sintetico a prezzi praticamente stracciati – spiega Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil - danneggiando le industrie europee, costrette a sopportare costi di produzione molto più alti. Per questa ragione diversi stabilimenti in Europa sono stati costretti a chiudere e c’è il rischio che il trend non si fermi se non faremo ancora di più”. E non basta: il pericolo, sottolinea il presidente dei distillatori, è “che la produzione naturale termini del tutto e che, in un futuro non lontano, l’acido tartarico impiegato nel settore alimentare sia un derivato, in tutto e per tutto, del petrolio.”

L’Italia è leader mondiale nella produzione di acido tartarico, un prodotto collegato strettamente alla filiera distillatoria e vitivinicola, il cui ruolo economico, anche se poco noto, è di grande rilievo. Quello italiano ed europeo è ricavato da materie prime agricole, a differenza di quello cinese, che deriva da sottoprodotti del petrolio, e trova numerosi impieghi in vari settori: nella farmaceutica, nell’industria delle costruzioni ma, soprattutto, nel settore alimentare ed enologico.

Nonostante le azioni antidumping, l’invasione di acido tartarico sottocosto proveniente dalla Cina in questi anni non si è fermata. Per questa ragione, AssoDistil ha chiesto alle autorità UE di innalzare i dazi già esistenti. Allo stato, però, l’Unione Europea ha preferito mantenere l’attuale regime, prolungando il sistema per altri cinque anni.