Se la propria azienda si trova in una situazione di crisi grave e irreversibile, diviene doveroso chiederne il fallimento: diversamente, si può rischiare una condanna per bancarotta semplice. É questa la conclusione cui è giunta la Corte di cassazione, depositando di recente una sentenza in proposito.

Più nel dettaglio, tale provvedimento ha reso irrevocabili le sanzioni a carico di due imprenditori colpevoli, appunto, di non aver chiesto il fallimento della propria società per tempo e di aver anzi continuato a finanziarla. Come segnala la quinta sezione penale della Cassazione in merito alla vicenda, fin dall'inizio dell'attività aziendale dei due imputati, si erano manifestati i limiti di redditività del loro business “con l'accumulo di perdite che avevano eroso l'intero capitale sociale già nel primo anno”.

Tale situazione si è progressivamente aggravata “a causa della caparbia, pervicace, ma altrettanto imprudente prosecuzione dell'attività”. Peraltro - hanno aggiunto i giudici della Corte di cassazione - a causa della mancanza di un'attenta valutazione delle reali prospettive dell'impresa, sono risultate irrilevanti anche le immissioni di fondi personali dei soci che, avvenute sotto forma di finanziamenti e non di aumento di capitale, non hanno fatto che aggravare ulteriormente la posizione debitoria della società.

La conclusione? Se la propria azienda si trova in una condizione di crisi irrimediabile, onde evitare l'aggravarsi della situazione debitoria (e l'eventuale condanna per bancarotta dei titolari), è opportuno prendere atto dell'impossibilità di proseguire l'attività.