Unionfood: l’export esplode

Unionfood: l’export esplode
Paolo Barilla: «Viviamo tempi complessi, ma non dobbiamo perdere di vista fiducia e visione per il futuro»

Unionfood: l’export esplode

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Luca Salomone

Si è svolta a Pollenzo (Cuneo), presso l’Università di Scienze gastronomiche, la settima assemblea annuale di Unione italiana food. Il presidente, Paolo Barilla, ha aperto l’evento facendo un punto macroeconomico e invitando a non smarrirsi.

Paolo Barilla: «Non perdete la fiducia»

«Viviamo tempi complessi, ma non dobbiamo perdere di vista fiducia e visione per il futuro - ha detto Barilla -. Negli ultimi tre anni il calo del potere d’acquisto e la pressione inflattiva hanno colpito anche i consumi alimentari, spingendo le persone a scelte di risparmio e riducendo il valore aggiunto. Come industria alimentare, abbiamo un compito che va oltre la produzione: sosteniamo territori e comunità, nutriamo le persone, ma anche le loro emozioni e le relazioni che un pasto condiviso accende. Non a caso, qualche anno fa, in un altro momento particolarmente difficile (il post Covid, ndr), gli italiani sono ripartiti dalla qualità dei prodotti industriali per ricostruire la normalità perduta».

I risultati 2024 dimostrano, appunto, la fiducia che il nostro popolo, ma anche gli stranieri, hanno verso il made in Italy alimentare: il fatturato del perimetro Unionfood, ha avuto una crescita significativa, toccando i 58 miliardi di euro (+2,6%) di cui 23 miliardi (il 40%) derivanti dall’export (+11,4 sul 2023).

Più di 500 aziende, parte dell’associazione, danno lavoro a 100mila persone e investono ogni anno 3 miliardi di euro per innovare, migliorare e rendere più sostenibili filiere, processi e prodotti.

Le categorie alla prova

La fotografia scattata dall’unione racconta lo stato di salute di 24 categorie merceologiche e 900 marchi, simbolo di italianità. Solo per citarne alcuni, pasta, dolci, caffè, salse e sughi pronti, surgelati, sottoli e sottaceti, verdure e minestre pronte.

Sono prodotti che rappresentano quel mix fra identità e innovazione che caratterizza, da sempre, il nostro alimentare e i cui trend costituiscono uno spaccato fedele della spesa.

Più in dettaglio il paniere di prodotti rappresentati da Unionfood è costituito da beni “tradizionali” (pasta, lievitati da ricorrenza, cioccolato, caffè, tè e infusi ecc.), che restano una “fetta” significativa - circa il 50%, del fatturato totale -, mentre il cosiddetto “tradizionale evoluto” (caffè in cialde, surgelati, verdure pronte di IV gamma, sughi e piatti pronti, nuovi prodotti dolciari e altro) rappresenta, ormai, il 30% a valore.

E incide anche il 20% degli articoli innovativi, cibi e bevande con un alto livello di servizio, i quali soddisfano le richieste di consumatori sempre più esigenti per quanto riguarda la conservazione e la preparazione dei piatti e gli aspetti nutrizionali e salutistici (cibi light, integratori, prodotti per particolari categorie, come celiaci o diabetici…).

L’anno scorso i comparti di Unionfood hanno mostrato segnali di crescita moderata, con l’export come vero motore di sviluppo.

La pasta, con oltre 4 milioni di tonnellate prodotte (+5% nei volumi) e una quota export del 58% conferma la leadership mondiale italiana.

Il comparto dolciario vale quasi 19 miliardi di euro (+2,5% rispetto all’anno precedente) e compensa, sui mercati esteri, la contrazione della domanda interna.

Crescono poi surgelati (5,7 miliardi di euro, +1,8 sul 2023) e caffè, per un valore 4,7 miliardi di euro (+,8,5% sul precedente).

Stabili i vegetali (valgono 4,8 miliardi di euro), con un picco per la IV gamma, comprese zuppe e minestre e altri piatti pronti freschi.

Anche la crescita del settore delle preparazioni (5,3 miliardi di euro, +5,1% sul 2023) mostra la predilezione degli italiani per prodotti premium (brodi, minestre, salse e sughi), che coniugano praticità e gusto.

A proposito di innovazione si osserva che gli integratori alimentari registrano ottime performance (4,9 miliardi di euro), ma con una crescita più marcata: +5,9%, con rialzi notevoli per probiotici, sali minerali e integratori per l’insonnia e il benessere mentale.

Cosa succede oltre confine

L’export 2024 dei settori rappresentati dall’associazione ha registrato, come detto, risultati straordinari, sfiorando i 23 miliardi di euro (+11% in valore) e rappresentando il 40% del totale alimentare diretto oltre frontiera.

Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna e Polonia, si confermano i principali mercati di destinazione. Asia, Nord Europa e Medio Oriente forniscono, invece, nuove opportunità per referenze salutistiche e plant-based.

Resta aperto il nodo Usa, con i dazi che potrebbero frenare l’export verso il primo mercato extra-Ue. «Per il 2025 ci aspettiamo un rimbalzo, ma non torneremo ai valori del 2023, quando la crescita è stata superiore al 6% – afferma Carmine Garzia, professore di management e responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Industry Monitor dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo -. Le prospettive per il 2025 sono positive, ma andranno sicuramente riviste al ribasso, in caso di attivazione dei dazi doganali. Quanto sta accadendo deve farci riflettere seriamente sull’opportunità, per le imprese italiane del settore, di dare una forte spinta alle strategie d’internazionalizzazione, con investimenti diretti esteri che richiedono sia risorse finanziarie, sia competenze manageriali»

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