Kimbo, da sempre tra le aziende simbolo del caffè italiano, si è recentemente aggiudicata un importante riconoscimento: il Quality Award 2017, assegnato alle nuove capsule compatibili con le macchine ad uso domestico Nespresso*. Durante la serata di premiazione DM ha intervistato il direttore marketing Fabrizio Nucifora che racconta obiettivi, strategie di sviluppo e obiettivi di questa realtà 100% italiana.

Recentemente avete ottenuto un riconoscimento che premia la qualità dei vostri prodotti. Me ne vuole parlare?
E’ vero. Con la linea di capsule compatibili Kimbo, nelle varianti Intenso, Napoli e Armonia, abbiamo vinto il Quality Award 2017. E’ un premio che per noi rappresenta un’ulteriore conferma del fatto che il lavoro svolto sul fronte della proposizione di prodotto incontra il gradimento del pubblico. Si tratta di un riconoscimento che arriva dopo un test piuttosto severo effettuato in blind da parte dei consumatori e il frutto di un lungo lavoro progettuale da parte nostra, un lavoro scrupoloso per assicurare le performance del prodotto.

Cos’hanno di particolare le vostre capsule?
Kimbo costituisce il paradigma del caffè espresso napoletano. Noi abbiamo studiato una gamma che funzionasse sulla scala di intensità più alta, che è poi quella che viene maggiormente apprezzata dai consumatori. Il prodotto si distingue per avere mediamente tra i 5,8 e i 6 grammi di caffè all’interno di ogni capsula quando la maggior parte dei prodotti della concorrenza ne hanno dal 15 al 20% in meno. Questo conferisce una sensazione di corpo e di intensità del caffè percettibilmente superiore.

Le capsule però rappresentano ancora una nicchia di mercato…
Corretto. In termini di volumi il caffè macinato pesa ancora oggi circa il 95 per cento dei consumi, le capsule il restante 5 per cento.

Parlare di Kimbo oggi nel mercato, quindi, che cosa significa?
Significa parlare del secondo brand in Italia per dimensione di consumo, seconda realtà nel caffè macinato, che quest’anno è cresciuta di un punto percentuale di quota di mercato.

Si tratta di una crescita estemporanea o di un trend?
No. Kimbo registra un andamento crescenti della propria quota. Il brand e il caffè che sta sotto a questo brand conquistano nuovi consumatori e nuove famiglie in modo costante.

Parliamo di numeri. Come si è chiuso il 2016 per la vostra azienda?
Kimbo ha chiuso lo scorso anno con un fatturato di 175 milioni di euro in crescita del 3 per cento rispetto all’anno precedente. Un incremento che contiamo di replicare anche nel 2017.

Basandosi su quale strategia?
Puntiamo a conquistare quanti più consumatori possibile attraverso iniziative che stimolino la prova del prodotto. Quando il nostro caffè viene provato, come nel caso dei test in blind effettuati per il Quality Award, conquista i consumatori sul piano del gusto, una superiorità che nasce dal processo produttivo.

In pratica?
Effettuiamo moltissime attività di degustazione del prodotto all’interno dei punti di vendita, con oltre 8.000 giornate in store all’anno. Le concentriamo nelle aree che riteniamo più strategiche per il nostro sviluppo. Ma in realtà il marchio è presente con una distribuzione pari a 100, quindi è possibile trovare Kimbo ovunque. Alla prova prodotto associamo numerose altre attività esperienziali che permettono di “giocare” col caffè: dal prodotto tradizionale espresso alle capsule, passando per le diverse modalità di estrazione, come la cuccuma, la vecchia caffettiera napoletana che, se opportunamente preparata, può offrire, oltre al tradizionale caffè alla napoletana, anche il black coffee all’americana, analogo a quello di Starbucks.

E dell’export cosa ci dice?
L’estero è una delle chiavi di sviluppo per Kimbo. Oggi vale il 19 per cento del fatturato, ma fino a quattro anni fa rappresentava solo l’8 per cento: significa una crescita media di oltre il 25 per cento all’anno. Siamo il terzo caffè in Francia, con un eccellente appeal nel fuori casa. Abbiamo un filiale a Londra, anche in considerazione del fatto che il Regno Unito è per noi un mercato strategico. E poi Canada, Germania, Stati Uniti, Grecia e mercati caratterizzati da una fase di grande sviluppo, come la Cina e la Russia.

Obiettivi?
Arrivare almeno intorno al 30 per cento del fatturato nei prossimi quattro anni. I presupposti ci sono tutti. Li sosterremo con campagne di comunicazione dedicate, un’attività mai fatta fino ad oggi all’estero, a eccezione del mercato francese. La strategia di espansione è fortunatamente trainata da un forte trend di crescita del caffè espresso all’estero, molto di moda nei mercati dove il made in Italy è apprezzato. E ulteriormente favorito dal fatto che l’espresso costituisce ancora una nicchia, il 2% del totale dei consumi mondiali, con margini di sviluppo molto ampi quindi.

L’arrivo di un colosso come Starbucks in Italia vi preoccupa?
Per un’azienda come la nostra non rappresenta una minaccia ma, anzi, una opportunità. Il nostro è un mercato sostanzialmente incentrato sul fuori casa e in particolare sulla tazzina di espresso e sul cappuccino. Questo significa che non è stato ancora fatto dall’industria quell’esercizio di segmentazione dei consumi che altrove vediamo, e che ha portato ad allargare l’offerta e anche i punti di prezzo. Starbucks è molto bravo a fare questo e potrebbe aiutarci a diffondere nuove occasioni di consumo e quindi ulteriori volumi.

Per esempio?
Se affiancassimo al consumo tradizionale, che non pensiamo possa comunque essere depresso dal diffondersi di consumi alternativi, forme ulteriori in momenti aggiuntivi della giornata, pensiamo che questo porterebbe più consumatori ad avvicinarsi al caffè. Tutte le indagini di mercato indicano che l’espresso attrae giovani di età superiore ai 20 anni. Esiste una fascia di consumo non intercettata che è quella a cui Starbucks mira. Noi potremmo cercare di puntare a questo target che al momento non è classificato.

Segmentazione di prodotto come leva di marketing su cui puntare, quindi?
Certamente, ma non solo. Kimbo è molto attiva anche sul fronte dell’innovazione di prodotto. L’azienda ha recentemente lanciato una serie di proposizioni in mercati adiacenti, come per esempio il liquore al caffè, fatto in collaborazione con l’azienda Strega, che viene realizzato con un processo produttivo molto particolare. E ancor più recente è il lancio di una pasta al caffè molto innovativa, realizzata insieme alla Fabbrica della Pasta di Gragnano. La farina con la quale viene normalmente prodotta la pasta è mischiata a una farina di caffè, un esercizio che è risultato molto complicato perché la polvere di caffè e la farina hanno due granulometrie diverse. Ne è nata una gamma di pasta dal gusto molto gradevole che si articola su quattro referenze e contraddistinta da qualità nutrizionali straordinarie.

In che senso?
Nel senso che queste particolari caratteristiche nutrizionali sono state certificate dall’Università di Napoli. Qualità che identificano il prodotto come un pasto ideale per gli sportivi, per esempio, perché ha una carica energetica derivata dall’unione della pasta e del caffè risultata nettamente più elevata rispetto alla norma. Inoltre riduce l’assorbimento di colesterolo. Infine, essendo più sapida richiede meno sale nel condimento.

Ma si tratta solo di sperimentazioni, suppongo.
In realtà è qualcosa di più di una semplice sperimentazione. Stiamo lavorando molto in direzione di una diversificazione del marchio al di fuori del mercato del caffè, sempre avendo una base prodotto che è il caffè, si intende. Il primo esercizio di brand stretching che abbiamo fatto è stato con Algida, attraverso una coppa gelato al caffè che si chiamo Coppa Kimbo e che oggi è presente in 100mila bar. Un prodotto caratterizzato da una componente di caffè arabica al 36 per cento, un unicum sul mercato e una risposta di Algida alla famosa Coppa del Nonno.