Con un colpo da 13,7 miliardi di dollari Amazon acquista Whole Foods Market e dà una lezione di multicanalità vera. E questo mentre i due maggiori discounter europei e mondiali, Lidl e Aldi, puntano al mercato Usa con piani record: il primo è sbarcato il 15 giugno e promette di arrivare, nel 2020, a 330 supermercati e il secondo, già attivo negli States con 1.600 punti di vendita, intende salire a 2.500 al 2022.

Intanto Walmart - 486 miliardi di dollari di ricavi -, che trova nel gruppo di Jeff Bezos il suo maggiore rivale, compra, per 310 milioni, Bonobos, specialista della moda maschile online, dopo una ricca serie di acquisizioni, fra le quali svetta l’operazione Jet.com, leader nel non alimentare, pagato, lo scorso anno, 3,3 miliardi.

In sostanza le multinazionali, come sempre, si dimostrano all’avanguardia e capaci di concretizzare nei fatti l’imperativo della compresenza su tutti i canali, ribadendo che oggi, per sopravvivere sullo scacchiere globale, bisogna essere capaci di andare ben oltre il core business. Lo prova il fatto che la svedese, Ikea, nonostante i suoi 34,2 miliardi di euro di fatturato, ha debuttato il 16 giugno, a livello mondiale, Italia compresa, sulla piattaforma del colosso di Seattle.

Le grandi manovre si spiegano, evidentemente, anche con la capacità finanziaria dei protagonisti. Amazon, che nel 2004 era un marchio da appena 7 miliardi, oggi ne vale 445 – quasi quanto Walmart - ed estende i propri orizzonti alla tv digitale, all’editoria, dove controlla il ‘Washington Post’, al cloud computing, all’hardware, per arrivare a una nutrita serie di marchi propri, attivi soprattutto, ma non solo, nell’elettronica.

Un trionfo che lo stesso Bezos vuole ora declinare anche a fini umanitari: il 15 giugno ha chiesto su Twitter di dargli consigli, ottenendo 4.000 risposte.

"Questo tweet – ha scritto il multimiliardario - è una richiesta di idee. Sto pensando a un’iniziativa filantropica che abbia una strategia opposta a come normalmente impiego il mio tempo, lavorando sul lungo termine. Voglio che le mie attività aiutino i bisognosi qui e adesso, nel breve termine, trovando il punto d'incontro tra le necessità urgenti e l'effetto duraturo. Se avete idee rispondete e, se pensate che questo non sia l'approccio corretto, mi piacerebbe ascoltarvi".

Torniamo all’acquisizione, per capire chi è Whole Foods. Lo specialista del biologico e naturale ha un fatturato di 11 miliardi di dollari e una rete di 460 negozi, presenti negli Usa, in Canada e, marginalmente, in Gran Bretagna. Fondato nel 1980 dal texano John Mackey, attivista vegano, il gruppo ha un’immagine piuttosto elitaria e hippy, secondo alcuni addirittura antipatica, e prezzi più elevati della concorrenza, una concorrenza che è stata anche oggetto di vere prese in giro.

Mackey stesso ha idee, a dir poco, non convenzionali: odia i sindacati, è disposto a chiudere un occhio sugli Ogm, che sono venduti nei negozi, anche se segnalati in etichetta, e ha definito il problema del riscaldamento globale come isteria collettiva.

Uno strano insieme, che ha dato il proprio contributo alla chiusura di una decina di punti vendita e a previsioni calanti sui profitti. Perché, allora, WF piace tanto al simpatico Jeff Bezos? Le sue ragioni si possono leggere sul ‘Guardian’: “Sono milioni le persone che amano Whole Foods Market perché offre il meglio del cibo naturale e biologico e rende divertente mangiare sano. È stato capace di soddisfare e nutrire, per 4 decenni, i propri clienti e noi vogliamo che continui a farlo”.

Mackey ha ribattuto: "Questo accordo è un’opportunità per valorizzare il brand presso i nostri azionisti e per garantire la missione dell’azienda: assicurare la migliore qualità, la migliore esperienza di acquisto e il migliore livello di innovazione”. Del resto i soci di Whole Foods chiedevano da tempo che il brand si addentrasse nel territorio, finora inesplorato, del commercio elettronico.

Non è difficile prevedere cosa accadrà. È scontato che la catena vegan abbassi i prezzi, come è altrettanto ovvio che Amazon vada ben oltre Amazon Fresh e porti i prodotti Whole Foods sulla Rete, dal momento che il grocery online è un mercato a forte crescita in tutto il mondo. Altrettanto facile immaginare che i 460 negozi WF diventino altrettanti punti di ritiro per il nuovo proprietario, che potrà così aumentare sia il numero di estimatori dell’acquisita, sia la propria ricchissima base utenti, specie in direzione del ceto medio-alto, con notevole capacità di spesa.

Se queste, al momento, sono solo credibilissime ipotesi, quello che è sicuro è che Bezos, dopo avere obbligato tutto il retail a cambiare registro, è stato all’altezza, con un gesto epocale, di condizionarne il futuro.