Con un fatturato 2016 in aumento sia per un livello sostenuto del prezzo del proprio zucchero, sia per l’ampliamento del mix nel portafoglio prodotti e un giro d’affari (2016) in crescita a 188,6 milioni contro i 171,6 del 2015, Coprob-Italia Zuccheri è oggi il primo attore del mondo saccarifero made in Italy. Offre un prodotto che rappresenta il coronamento di un lungo percorso di riqualificazione, riposizionamento generale saccarifero e crescita verso la fascia alta, un piano guidato dal Direttore Generale, Stefano Dozio, e dai soci, nonché proprietari della cooperativa. Fiore all’occhiello della strategia, come vedremo, è il co-marketing con importanti industrie e grandi marchi della Gdo. Ma il consumo domestico non è da sottovalutare, avverte il top manager.

Quali sono i motivi di un andamento tanto favorevole, a dispetto di un mercato saccarifero problematico e di una bieticoltura in crisi?

Sono stati anni difficili per la bieticoltura in generale, ma la nostra cooperativa ha retto bene proprio per la sua natura: formata da 6.000 soci bieticoltori essa non prevede scelte di puro profitto. I soci sono anche proprietari dei due zuccherifici, di Pontelongo (PD) e di Minerbio (BO), presso la nostra sede. Proprio perché la missione del gruppo è la bieticoltura, le strutture industriali vengono sempre rinnovate con investimenti cumulati che hanno superato i 150 milioni di euro. Inoltre abbiamo una chiara visione commerciale: trasferire i valori cooperativi sulla marca, arrivando con questo messaggio sia al consumatore, sia all’industria e presentandoci come autori di una filiera saccarifera al 100% nazionale.

Come si è svolto il processo di innovazione?

Premetto che l’innovazione è cosa buona, ma non quando è puramente tattica e fine a sé stessa. Tutto il mercato, consumatori compresi, deve trovare precise ragioni di acquisto non tanto e non solo nei fattori emotivi, ma soprattutto in quelli razionali. Noi abbiamo svecchiato il prodotto e condotto una rigorosa politica di marca, in quanto azienda premium che si posiziona a scaffale nella fascia alta. Il primo passo è stato spiegare al cliente finale che comunque lo zucchero continuerà a essere acquistato, come parte importante delle abitudini e, in giusta misura, di una dieta equilibrata. Inoltre il tanto enfatizzato calo di acquisto non è forte come l’eccesso di informazione ci vorrebbe far credere. Se l’erosione comunque esiste e la domanda si fa più piccola, il consumatore è anche più selettivo ed esigente. Dunque l’offerta deve orientarsi verso prodotti che contengano un valore e abbiano una precisa identità. Il cibo oggi deve essere ‘rispettoso’ dell’ambiente, della salute e della società. La nostra innovazione si è mossa dunque sugli aromi e sulla provenienza per quanto riguarda gli zuccheri di canna, che abbiamo segmentato per i diversi utilizzi, e sui processi di lavorazione offrendo il primo zucchero grezzo di barbabietola a km zero solo nazionale.

Parliamo del biologico…

Nel biologico il progetto è ambizioso: offrire un alimento garantito e al 100% italiano, bianco e grezzo, come è già stato fatto con ‘Nostrano’, il nostro nuovo grezzo presentato a Fico Eataly World e ora in fase di lancio nelle varie insegne. Il bio di Coprob-Italia Zuccheri, non arriverà da nazioni molto lontane ma, ancora una volta, sarà a km zero, e sarà quindi una novità per tutti i retailer, dagli specialisti bio alla Gdo. È una filiera che stiamo costruendo a partire dai campi, per arrivare al consumatore, che si vedrà proporre uno zucchero in linea con le aspettative moderne.

Coprob è schierata anche sul versante dell’equità. Questo concetto suona strano se applicato alla nostra agricoltura. Può spiegarci meglio?

Essere equi rientra sempre nel Dna di una cooperativa come la nostra, nella quale il socio è anche proprietario. Purtroppo si vedono molti cattivi esempi nell’agricoltura italiana, anche se tanti nostri connazionali sono ancora persuasi che i concetti di equità e solidarietà siano soltanto da applicarsi alle merci in entrata dai Pvs. Noi abbiamo formulato un progetto in collaborazione con altre aziende, come per esempio Barilla, in cui il prezzo riconosciuto all’agricoltore è più elevato. I clienti industriali hanno accettato molto bene l’idea in quanto il nostro comparto alimentare tende a salire sempre più verso l’alto e a trasmettere valori positivi di tipo sociale e qualitativo. La scelta degli ingredienti non è più un fatto banale, ma una parte rilevantissima del profilo di qualsiasi prodotto che non voglia essere soltanto un prodotto qualsiasi. Inoltre 1 ettaro di barbabietola, tanto per menzionare una cifra indicativa, assorbe la stessa quantità di anidride carbonica di uno di bosco. A questo punto l’equo cooperare è valore per tutti, non ultima la grande industria, che deve agire al meglio se vuole continuare a mantenere il proprio ruolo. Non dimentichiamoci che abbassare i prezzi di un prodotto sotto certi livelli è pericoloso, e porta a una situazione di oligopolio. Ne conseguono danni generalizzati e a cascata, derivanti da fenomeni di cui il caporalato è solo la punta dell’iceberg. Se oggi il prezzo dello zucchero sulle borse merci internazionali si è ridotto ai minimi storici, bisognerebbe chiedersi anche quanta parte di tale opportunità competitiva venga trasferita al consumatore.

Oltre a Barilla quali sono gli altri vostri partner?

Partner è la parola giusta, visto che si tratta di azioni di co-marketing. Per Barilla, nostro primo progetto di filiera, siamo il principale fornitore di zucchero. Ci è stato riconosciuto il prezzo equo e ci piacerebbe fare lo stesso con Coca Cola, il più forte compratore saccarifero in Italia e in Europa. Casi virtuosi riguardano però anche realtà locali: saremo presto il fornitore ufficiale del Consorzio di tutela del Cioccolato di Modica che è in procinto di ottenere la Igp e che dunque necessita di zucchero 100% italiano. Altro alleato importante è Bauli. Potrei citarne molti, ma preferisco limitarmi a pochi nomi conosciuti.

Fate co-marketing anche con la Gdo?

Dal mese prossimo lo zucchero extrafine, ora in produzione, a marchio ‘Il Viaggiator Goloso’ arriverà al mondo Unes proprio dai nostri stabilimenti. E ci sono poi altri progetti interessanti, ma per ora riservati, nel mondo Mdd. Questa direzione strategica è per noi fondamentale in quanto dobbiamo cementare, insieme alla Gdo, l’idea che lo zucchero può essere a pieno titolo un prodotto premium. E il nostro percorso, dopo anni di lavoro, darà ottimi risultati nei prossimi 24 mesi.

Avete progetti con la ristorazione?

Ci piacerebbe molto. La ristorazione potrebbe offrire, come avviene già da tempo in altre nazioni, zuccheri diversi per occasioni di consumo differenti. Penso soprattutto alle caffetterie e ai ristoranti stellati. Diciamo però che il nostro mondo Horeca non è ancora maturo per un discorso di diversificazione di tutto quello che si mette su una tavola, in aggiunta alle bevande e alle ricette sfiziose. Il tema è però allo studio, dato che l’operazione può creare equity sulla marca.

Se il cliente azienda è tanto importante ha ancora senso fare comunicazione di massa?

Certo che ha senso. Se è vero che, fatto 100 il nostro fatturato il 75% viene dalle imprese, essere a scaffale è decisivo anche per motivi di immagine. Insomma il prodotto che arriva al consumatore è il nostro primo testimonial. Su questa premessa si costruiscono poi le campagne adv, come quella di ‘Nostrano’, presente sulla carta stampata e sul web, canali che consentono di essere capillari e di non disperdere risorse. Ma sicuramente, lo ribadisco, il punto vendita è il medium più potente, quello che permette di convincere il consumatore che lo zucchero è in grado di superarsi e di andare ben oltre la commodity alimentare.